Foto dalla pagina di Sulala Animal Rescue, associazione che si occupa di sfamare e curare gli animali a Gaza.
"Abbiamo curato questo cavallo oggi. Aveva una ferita al ginocchio ed è arrivato con dei profughi che stavano lasciando le loro case prima di essere bombardati. Gli abbiamo dato anche cibo e acqua (l'acqua nel litro giallo in macchina)."
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Oggi è il World Vegan Day e che dire che non sia già stato detto milioni di volte?
Allora solo un pensiero: assistendo questi giorni alle terribili immagini di sofferenza e morte dei bombardamenti israeliani su Gaza ci sentiamo impotenti e, ognuno a suo modo, invochiamo la pace. Pace, un termine retorico, svuotato del suo significato dirompente perché siamo talmente abituati a leggere notizie di violenza che ci sembra utopico, ingenuo, inutile ambire appunto alla coesistenza rispettosa dei popoli e dei viventi tutti. Inoltre ci sentiamo invisibili e inascoltati di fronte ai giochi di potere delle nazioni, dei grandi Stati, agli interessi economici e alle strumentalizzazioni delle religioni usate come ideologie giustificative. Ci sembra che non abbiamo scelta, se non sperare che non tocchi a noi.
Eppure ci sono scelte che possiamo fare oggi stesso, in questo momento, adesso, in nome di quella pace e rispetto tra i viventi che nominiamo a vuoto. Per esempio diventare vegani, cioè smettere di essere complici della violenza e dolore su miliardi di esseri senzienti; smettere di essere complici di una guerra che miete più vittime in assoluto poiché continuamente rinnovabili, riproducibili tramite meccanismi infernali, e infiniti, che con neutralizzazione semantica chiamiamo: filiera produttiva, allevamenti, mattatoi, caccia.
Questa è una scelta davvero alla portata di tutti e se non fermerà i genocidi di alcuni popoli o i femminicidi o la schiavitù, beh, almeno fermerà la gigantesca mole di sofferenza che è lo sfruttamento e sterminio degli animali producendo una rivoluzione di portata politica, economica, etica, culturale in senso ampio.
La gerarchia di valore dei viventi che posiziona gli animali all'ultimo gradino non ha senso, è un'invenzione nostra per poterne giustificare lo sterminio, l'uso e il profitto che ne otteniamo ed è anche funzionale all'animalizzazione dei popoli e individui di cui di volta in volta vogliamo giustificare l'oppressione e l'uccisione, come alcuni stanno facendo adesso nei confronti dei Palestinesi ("Sono bestie", "Sono animali", "Sono luridi topi di fogna") e come si è sempre fatto, dal momento che per credenze culturali gli altri animali sono sempre stati considerati in quanto alterità negativa in opposizione alla costruzione in positivo del concetto di umanità, da cui espellere di volta in volta i soggetti ritenuti scomodi per vari motivi e proprio animalizzandoli.
Quindi cosa bisogna capire? Perché parlare di veganismo oggi? Che l'antispecismo e il veganismo che ne consegue sono concetti fondamentali da assimilare e accogliere prima di ogni altro discorso possibile sulla pace e le guerre.
E no, la liberazione umana non è propedeutica a quella animale, ma è quella animale, di tutti gli animali, che va sostenuta e compresa e non soltanto perché banalmente siamo tutti animali, ma soprattutto perché va smantellata ogni idea di superiorità di un gruppo di viventi su altri per qualsiasi ragione inventata culturalmente. E questa decostruzione di un concetto di umanità da cui da secoli non abbiamo fatto altro che far discendere guerre e violenza è possibile solo grazie alla comprensione e accoglimento dell'antispecismo e veganismo che ne consegue.