Da qualche anno il nostro paese ha dichiarato guerra agli animali selvatici e in particolare ai cinghiali.
È iniziata dapprima con accordi tra le singole regioni e i municipi, come a Roma, quando nel 2019 fu siglato il primo piano di abbattimento tra Comune di Roma e Regione Lazio – poi rinnovato sotto le successive amministrazioni -, in Toscana con la legge Cremaschi, poi a seguire in Liguria, Reggio Calabria, Campania e altre ancora. Una guerra spietata accompagnata da un odio feroce per questi animali pacifici e da episodi di crudeltà inaudita, come il recente caso di un cinghiale investito e poi lasciato agonizzare a bordo strada per circa 16 ore o l’altro in cui ad alcune volontarie di un Rifugio è stato impedito di soccorrere un cucciolo di cinghiale caduto in un fossato, che poi è stato freddato davanti alle volontarie stesse.
Un elemento essenziale di ogni guerra è infatti la propaganda, cioè la diffusione mediatica di notizie funzionali a far credere che esista un problema o una vera e propria emergenza così creando un clima di terrore, odio o comunque di preoccupazione per poi giustificare le varie misure in corso.
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