Caspita, non aggiorno il blog dal 24 dicembre, anche se a dire il vero su questo blog ormai non riverso più molti pensieri, mi limito a riportarci i post sull'antispecismo che scrivo di getto su FB o qualche riflessione su film e libri letti e anche prima non è che fosse uno spazio proprio personale, anche se secondo me si possono capire molte cose del carattere di una persona anche da quello che scrive su un film o su un libro (ho messo qualche anche di troppo).
Vabbè, detto questo, il 31 dicembre abbiamo salutato per sempre il nostro cagnolino Marty. Aveva 19 anni, quindi non è stata una morte a sorpresa, stava anche (di nuovo questo anche) piuttosto male già da un po', ma chiunque abbia vissuto con un cane (o qualsiasi altro animale, persona umana e non umana che sia) per un così lungo periodo sa che tipo di vuoto e dolore lascia quando non c'è più.
Tante volte ho scritto del lutto, dell'assenza, della morte, non c'è molto altro da dire, se non ribadire che è un evento che ci sconvolge sempre per la sua definitività. Definitività. Mi piace questa parola e mi fa paura allo stesso tempo. Dalla morte non si torna indietro. Almeno questo sappiamo scientificamente.
Mi consola sapere che, almeno, Marty se ne sia andato senza soffrire. Questa morte serena ha avuto però un prezzo molto alto: quello di aver dovuto fare una scelta difficilissima, cioè decidere di chiamare il veterinario a casa per fargli l'eutanasia, dal momento che negli ultimi giorni aveva iniziato a soffrire e non solo non c'era alcuna possibilità che potesse migliorare, ma aveva crisi convulsive sempre più violente e sarebbe morto molto male durante una di queste.
Il momento più terribile del 31 pomeriggio è stato quando sono dovuta andare a lavarmi e vestirmi per decenza perché doveva venire questo medico a casa. Non so se ci avete mai fatto caso, ma nei momenti più tragici della nostra esistenza compiere quelle operazioni banali ma anche necessarie come lavarsi, pettinarsi, mettersi le scarpe, mangiare, bere diventa surreale, assurdo, insensato.
Cioè, vestirsi per aspettare il medico che viene ad addormentare per sempre qualcuno di amatissimo che in quel momento ancora vive e che poi smetterà di essere perché lo hai deciso tu, beh, credetemi, è stata una delle esperienze più tristi della mia vita.
Razionalmente so, sappiamo - è una scelta che io e mio marito abbiamo preso di comune accordo - di aver fatto la cosa migliore per lui, ma emotivamente dover fare i conti con questa decisione è tutto un altro paio di maniche.
E quindi abbiamo saluto il 2021 con questo evento triste e sono anche molto stressata per via della condizione sociale in cui ci troviamo tutti da un paio di anni.
Ci sono due cose positive che però sono riuscita a fare nel 2021: una, vivere un po' più nel momento presente, ovverosia controllare meglio l'ansia, i pensieri negativi che si intorcinano su se stessi e che trasmettono al cervello l'idea che qualcosa di terribile stia accadendo, quindi attivando uno stato di malessere; due, veder pubblicato il mio libro sull'antispecismo.
Una cosa strana che ho provato riguardo al libro è che pensavo mi sarebbe piaciuto un sacco fare le presentazioni e invece no, per niente. Non amo parlare (anche se poi, una volta che ho preso il via e se sono in un giorno buono, non vorrei fermarmi più), mi imbarazza sentirmi fare i complimenti. Intendiamoci, non che non mi facciano piacere, ma mi imbarazzano allo stesso tempo.
La scorsa estate ho iniziato anche (anche, anche, ma perché uso tutti questi anche? Anche rispetto a cosa?) un romanzo, mi manca poco per finirlo, forse (dipende ovviamente da quanto mi ci applicherò e io sono la regina della procrastinazione) quindi speriamo che nel 2022 riuscirò a dare alla luce anche un altro libro.
Per il resto, faccio le cose di sempre: aiuto gli animali come posso, leggo, guardo tantissime serie tv e film. Dormo molto e mi alzo più tardi di quello che dovrei, ma nel 2022 conto di migliorare un po' sotto questo punto di vista. Mi piace sempre tanto sognare. Alcuni sogni sono dei luoghi a cui ritorno sempre volentieri e che mi lasciano una sensazione di benessere generale.
A proposito di dormire, sognare, ho fatto caso al fatto che in quasi ogni foto che ho sto con gli occhi chiusi o socchiusi. Penso che sia un po' il simbolo del modo in cui ho sempre affrontato l'esistenza: spesso lottando a occhi chiusi, tirando colpi alla cieca per paura di guardare bene in faccia il nemico, altre imponendomi proprio di non guardare la realtà, ma soprattutto, sempre, facendo appello a una vista interiore, non in senso mistico ovviamente, ma nel senso di nutrirmi di vita interiore, fantasia, immaginazione, sogni, pensieri.
L'altra sera mi sono scattata questo selfie nell'androne di casa. Sono io, nel senso che mi rappresenta, un po' sognante, un po' crepuscolare, un po' rivolta all'interno anziché all'esterno:
Comunque ho deciso che voglio iniziare a usare questo blog in modo diverso. Lo userò anche come diario personale per raccontare qualcosa di me, della mia vita, di quello che penso, più che altro. Più intimista e meno sociale. Lo so, lo so, è assurdo, in un'epoca in cui i social e la comunicazione sui social cambiano alla velocità della luce, io decido di tornare indietro, di riprendere a scrivere su un blog alla vecchia maniera, per raccontarsi, più che per sensibilizzare (farò anche quello, comunque). Che poi, non è che abbia una vita così ricca di eventi. L'evento più avventuroso di oggi sarà uscire per andare a fare la spesa, cosa che comunque mi genera sempre un po' di ansia, non so perché. Chissà nella mia mente cosa mi aspetto che ci sia là fuori. A volte esco con la determinazione di chi va ad affrontare chissà quale nemico feroce, poi una volta fuori invece sto bene e non vorrei più rientrare.
Dopo la spesa riprenderò a leggere il nuovo di Houellebecq, Annientare. 700 e passa pagine, ma io amo i libri di tante pagine.
Il primo capitolo è scritto divinamente. Houellebecq lo si può condividere o meno nelle sue idee, ma di certo non si può dire che non sappia scrivere ed è anche uno dei pochissimi scrittori che vorrei davvero incontrare per farci due chiacchiere.
Dopo La carta e il territorio, che considero uno dei suoi migliori romanzi, forse il migliore, avevo anche pensato di scrivergli, il francese un po' lo conosco, ma è una di quelle cose che poi ho lasciato stare.