lunedì 19 dicembre 2022

La scuola cattolica

 

Ieri sera ho visto La scuola cattolica, film di Stefano Mordini, tratto dal romanzo di Edoardo Albinati (che ancora non ho letto e che immagino sia molto più complesso).

Il film è narrato dal punto di vista del protagonista che interpreta Albinati e racconta il clima dei suoi anni di liceo all'interno di una scuola cattolica privata, solo maschile, che egli stesso ha frequentato. La stessa scuola di Angelo Izzo e Gianni Guido, noti per essere, insieme ad Andrea Ghira, gli autori di quello che è noto come "Il massacro del Circeo" (da notare, ma lo spiego meglio sotto, come da tale scelta terminologica ci siano delle referenti assenti, cioè "massacro", mentre si dovrebbe dire "stupro e femminicidio").

Il film ha la pretesa di narrare l'ambiente sociale e privato da cui ha potuto germogliare il fatto delittuoso. 

Ci sono tanti elementi, per esempio l'educazione cattolica, tra il bigottismo e l'ipocrisia, senz'altro il machismo di un ambiente tutto maschile (cito a memoria: nascere uomini è una condanna - dice il protagonista - devi dimostrare ogni giorno di esserlo e non basta farlo una volta, bisogna sempre ricominciare da capo e ancora e ancora; e se fallisci una volta, sei rovinato per sempre), e poi genitori assenti o fragili che educano tramite "persuasione, minacce e punizione", violenza quindi fisica e psicologica, sia in famiglia che a scuola, bullismo, e poi i primi turbamenti sessuali, tra timore e desiderio. 

Manca però, a mio avviso, un elemento fondamentale, che è l'analisi della cultura patriarcale, la misoginia, il maschilismo.

Donatella e Rosaria, nonostante siano protagoniste e vittime, loro malgrado, di violenza e femminicidio, sono delle referenti assenti. 

Il punto di vista è maschile, il focus è il maschio e le sue pulsioni, frustrazioni, desideri. 

Ora, questa è una scelta innanzitutto drammaturgica perché la storia è narrata dal punto di vista del giovane protagonista e perché l'intento è descrivere l'humus di quell'ambiente, del suo ambiente, quindi della scuola maschile, e poi di quel periodo, di quelle famiglie, anche con incursioni introspettive, intimiste. 

Non è la scelta a essere sbagliata, quindi, ma lo è la messa in scena, la riuscita, il risultato perché da tale ricostruzione sarebbe dovuto emergere un elemento importante, cardine e cioè appunto il rapporto di questi ragazzi con il femminile. Questo sarebbe dovuto emergere con forza anche se narrato tramite ellissi. Questo perché nella strage del Circeo non c'è solo il classismo, l'esplosione delle pulsioni quasi in un rito dionisiaco che distrugge per creare (peraltro suggerito, anche se in chiave cattolica e non pagana, da una scena in cui il professore di storia dell'arte equipara la vittima ai suoi carnefici perché "chi fa del male agli altri lo fa a sé stesso e per divenire uomo devi immergerti o quanto meno lasciarti contaminare dal male"), la metafisica e l'ontologia del male, la sfida machista tra maschi, ma c'è soprattutto la misoginia, il patriarcato, il sessismo. C'è la considerazione delle donne, il modo in cui la Storia ha sempre oppresso, denigrato, sminuito le donne. C'è l'opposizione ontologica tra maschio e femmina per cui (esattamente come accade tra uomo e animali) quanto più si denigrano le donne tanto più si esaltano gli uomini. 

Solo l'attore che interpreta Izzo a un certo punto, dopo il massacro, sulla via del ritorno, dentro quella famosa 127 bianca che poi sarebbe diventata il simbolo di quell'incubo, pronuncia la frase: "Pezzi di carne erano e pezzi di carne sono rimaste", riferendosi ai corpi di Donatella e Rosaria (fatti reali, questi, ricostruiti tramite la testimonianza di Donatella, che si salvò solo perché si finse morta). 

Poi: nei titoli di coda si fa riferimento un fatto importantissimo, cruciale: all'epoca lo stupro non era ancora reato contro la persona, ma contro la morale pubblica e solo nel 1996 è divenuto tale, grazie alle lotte femministe.

Ecco, un film che ha l'ambizione di ripercorrere, descrivere, raccontare quegli anni, anche nel tentativo di comprendere quell'orrenda e spietata violenza sulle due ragazze, non può evitare di raccontare la morale e cultura patriarcali, la lotta femminista dell'epoca (per esempio i movimenti femministi poi si schierarono come parte civile al processo e, ribadisco, è merito di questi ultimi se lo stupro poi è diventato reato contro la persona nel 1996), la considerazione maschile delle donne, la violenza sulle donne. Un dibattito pubblico tra i protagonisti manca totalmente.

Perché è ovvio che se lo stupro era solo reato contro la morale ci doveva essere stata una percezione degli intenti e dei fatti del tutto attenuata.

Il massacro del Circeo, quindi, è figlio della cultura patriarcale. Non della scuola cattolica, delle famiglia fragili o di altro. È figlio del modo in cui Donatella e Rosaria, come tutte le ragazze, venivano considerate: pezzi di carne utili a sfogare le proprie pulsioni, malate. 

Ripeto, il problema non è, a livello drammaturgico, dell'ellissi, ammesso e non concesso che questa sia stata una scelta (ma ho come il dubbio che si tratta più di una mia lettura perché ovviamente io guardo le cose dal punto di vista femminista), ma che non funziona. 

Mi chiedo se il fatto che le donne, le ragazze, quindi le protagoniste loro malgrado, cioè Donatella e Rosaria, volutamente tratteggiate come referenti assenti proprio a rimarcare la scarsa considerazione di loro come individui non sia stato anch'esso una scelta; ma anche in questo caso allora il risultato è dubbio, tale solo perché chi guarda, in questo caso io, appunto ha già adottato una chiave femminista con cui leggere il film. 

Per il resto, che dire, è recitato dignitosamente, ma non in modo impeccabile, soliti problemi di audio dei film italiani per cui a volte non si capiscono le battute, personaggi un po' sottili e soprattutto un automatismo drammaturgico quasi fastidioso. I dialoghi sembrano forzati e funzionali a far procedere in modo appunto automatico la storia.

mercoledì 1 giugno 2022

Stranger Things, quarta stagione, capitolo 7

 



Attenzione, SPOILER!

Visto che ho scritto piccole recensioni, quasi didascaliche (didascaliche rispetto alle mie recensioni di un tempo) sulla quarta stagione di Stranger Things man mano che la guardavo, a questo punto dovrei darvi il mio giudizio sul capitolo finale (del primo volume), ma oggi ho un gran mal di testa e non riesco a scrivere, quindi vi dico solo che merita, che c'è una una rivelazione sorprendente, che il quadro d'insieme si comincia a intravedere, che la sceneggiatura complessivamente mi pare ottima perché riesce a mettere insieme tanti pezzi e che finalmente c'è meno comicità e più serietà (e per me più credibilità). In più ci sono delle cose molto divertenti, tipo quando i due gruppetti di amici si interfacciano tra sottosopra e mondo reale. 

Tante citazioni e rimandi alla cultura pop del periodo, musica, cinema, programmi televisivi, ma anche autoreferenziali alle prime stagioni della serie stessa. 

E ora peccato che tocca aspettare un mese per vedere il volume finale e la conclusione. 

Domanda: che voi sappiate la sceneggiatura sin dall'inizio prevedeva altre stagioni? Perché se no, come credo, hanno fatto davvero un bel lavoro nel riprendere i fili della prima stagione e costruirci sopra nuove storie che solo apparentemente sembrano scollegate, ma in realtà chiariscono anche fatti della prima stagione stessa. 

Tipo che spiegano bene come ha fatto Eleven ad aprire la porta che poi ha portato alla creazione del mondo di Vecna. Nella prima stagione veniva spiegato, ma forse non così bene (o non ricordo io).


martedì 31 maggio 2022

Stranger Things, quarta stagione, capitoli 5 e 6

 


Attenzione: SPOILER

Prosegue benissimo a livello di tensione e atmosfera e non c'è mai un calo d'attenzione per via del montaggio alternato di più situazioni divise per gruppetto di personaggi con piccolo cliffhanger alla fine di ogni scena. Una strategia che funziona sempre. 

In più devo ricredermi su un particolare dei primi due episodi che mi aveva lasciata un po' perplessa e mi riferisco al comportamento di Eleven in una scena in cui si mostra fin troppo passiva, ai limiti della stupidità, per poi esplodere improvvisamente (ne ho parlato nel primo post dedicato a questa quarta stagione). 

In realtà viene spiegato con un fatto traumatico avvenuto nel suo passato che si chiarisce appunto negli episodi successivi. Cioè si chiarisce il motivo del suo blocco, psicologicamente plausibile. 

Ci sono comunque a volte delle scenette un po' troppo comiche, esagerate (ribadisco, personalmente non amo la commistione horror e comico), specialmente nelle scene ambientate in Russia. 

Accetto tranquillamente il mondo fantastico e horror del sottosopra, dei mostri, dei demoni, meno quello della mancanza di credibilità nelle scene che dovrebbero essere più realistiche (che poi è il mio principale problema con molte serie americane). 

Complessivamente, molto godibile, anche se il principale punto di forza a mio avviso rimane quello del fatto che comunque a 'sti personaggi ci siamo affezionati e ci fa piacere vederli in ogni caso. La serie vive di rendita del successo della prima stagione. 

Stasera dovrei vedere il settimo episodio, della durata di un'ora e quaranta.

Quindi, continua...


Stranger Things, quarta stagione, capitolo 3 e 4


 Attenzione: SPOILER

Si comincia a entrare nel vivo della storia, l'intreccio si complica e la tensione cresce, i protagonisti ritrovano il loro affiatamento e nel finale della quarta c'è una bellissima celebrazione dell'amicizia. La sospensione dell'incredulità aumenta e quindi subentra la commozione.

Max è sotto il maleficio di Vecna, ma ascoltando le note della sua canzone preferita, un bellissimo brano di Kate Bush, riesce a risvegliarsi e a trovare la forza per sfuggire al demone e ritornare nel mondo "di sopra". 

Ci riesce rievocando proprio i ricordi dei momenti più belli con i suoi amici. E qui ci scappa la lacrimuccia. ❤

Notevole la creazione del mondo del sottosopra in cui vive Vecna. Tra Nightmare e Dalì. Tra horror e surrealismo. 

Peraltro l'attore che interpreta Freddy Krueger nella nota saga di Nightmare qui veste i panni di Victor Creel, rinchiuso in un istituto psichiatrico dopo essere stato condannato per aver sterminato la sua famiglia negli anni '50. 

L'andamento di questa quarta stagione quindi, almeno per me, è analogo a quello della terza. Inizialmente si fa fatica a immedesimarsi perché comunque, non dimentichiamolo, c'è anche una buona dose di comicità (arghh, personalmente non amo la commistione horror e comico, a parte casi eccezionali, limite mio, eh), ma poi il coinvolgimento cresce, i personaggi si evolvono e al solito, dietro la storia di mostri e mondi fantastici, si raccontano e celebrano i sentimenti reali.

Stranger Things, quarta stagione, capitolo 1 e 2

 


Attenzione: SPOILER

Cose che mi sono piaciute: l'atmosfera, la maggiore incisività degli elementi horror, l'intreccio che si prospetta elaborato.

Cose che non mi sono piaciute: il personaggio Eleven e i suoi compagni di scuola che appaiono caratterizzati in modo decisamente poco credibile, sembrano delle macchiette più che degli adolescenti reali.

Ok il bullismo, ok l'emarginazione e la depressione di El per la perdita di Hopper, ma quelle cui assistiamo sono scenette veramente poco credibili. Non ci si riesce nemmeno ad immedesimare.

El inoltre è abituata a reagire e combattere, con o senza poteri, la sua remissività assoluta non è assolutamente in linea con il personaggio per come l'avevamo conosciuto.

Infine: ma come l'hanno vestita? Perché il gonnellone, grembiulone o vestitone che negli anni ottanta manco le signore anziane? Se voleva essere un richiamo al vestito rimediato che ha indossato nella prima stagione, secondo me non ce n'era bisogno. e Ok che è una ragazza outsider ("I don't belong", dice a Mike), nerd ecc. e capisco l'esigenza del contrasto rispetto alle compagne integrate frivole ecc., ma al limite si poteva adottare uno stile dark, che peraltro aveva già vestito nelle stagioni precedenti.

Poi la reazione improvvisa alla fine del secondo episodio ricorda un po' l'esplosione della Carrie di De Palma, ma al tutto si è arrivato in modo decisamente automatico perché appunto è mancata la sospensione dell'incredulità, probabilmente pure perché Millie Bobby Brown non è che sia un genio della recitazione e se riusciva a essere credibile quando era una ragazzina, ora che deve interpretare i panni di un'adolescente più grande risulta un po' forzata a livello di espressività. 

Comunque è sempre un piacere ritrovare il noto gruppetto con le sue citazioni, rimandi, mondo del sottosopra ecc.

Continua. 


giovedì 26 maggio 2022

Cose che avrei preferito non sapere

 


Immagine di Andrea Festa

Un mio articolo per R-evolver su una nuova challenge di TikTok. 

Cose che avrei preferito non sapere.

"La Boiler Summer Cup, ad esempio. La nuova sfida lanciata dai giovani su TikTok: dovrebbe partire ufficialmente il 21 giugno, ma è già iniziata in via ufficiosa e consiste nel tentare di rimorchiare in discoteca e portarsi a letto le ragazze con corpi non conformi ai canoni dell’estetica dominante, chiamate in maniera spregiativa “boiler” (che in inglese significa scaldabagno, caldaia, quindi usato a indicare forme tondeggianti, ingombranti, prive di quei requisiti standardizzati tipici di una società grassofobica).

Non credo ci sia bisogno di spiegare perché questa sfida sia un insieme di bodyshaming, bullismo e sessismo; vorrei invece soffermarmi sul discorso della grassofobia che produce proprio come effetti la discriminazione, il bullismo e il bodyshaming delle persone con corpi, come precisato sopra, non conformi ai canoni estetici imperanti."

Per continuare la lettura dell'articolo, cliccare qui: https://bit.ly/3PJ8olB

sabato 21 maggio 2022

Di animali selvatici , animali "da compagnia" e di un famoso regista romano

 Metto qui il link agli ultimi due miei articoli, uno per R-evolver sulla situazione degli animali selvatici a Roma, compresa quella degli individui tenuti in cattività e usati come schiavi; l'altro per Progetto Vivere Vegan sul superamento del concetto di "animali da compagnia", "mercato di pets" ecc.

Immagine di Andrea Festa

Un cinghiale si disseta a una fontanella di una famosa Villa romana adibita a parco pubblico, un gabbiano scende da un tetto per andare a raccogliere un pezzetto di pane, alcuni gatti, la coda a punto interrogativo in segno di gioia, corrono fusacchiando verso il gattaro che tutte le sere gli porta da mangiare, una fila di elefanti bardati di rosso e blu e montati da umani sfilano lungo i Fori Imperiali e arrivano a Piazza Venezia, tra una folla festosa ed esultante con l’immancabile telefonino pronto in mano a scattare una foto.

Non è lo scenario di una fiaba moderna, ma quello di una società all’incontrario, sbagliata e specista, dove le prime tre situazioni vengono viste con preoccupazione, diventano fonte di paure irrazionali amplificate dai media e da narrazioni catastrofiche, mentre l’ultima, quella degli elefanti, che è l’unica che dovrebbe apparirci mostruosa per ciò che implica (sfruttamento di animali) è salutata con gioia, divertimento, senso di meraviglia.

Per continuare la lettura, cliccare qui.


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Topi da laboratorio, mucche da latte, cavalli da corsa, cani da guardia, vitelli da carne, conigli da carne, animali da pelliccia, animali da circo, animali da compagnia. DA: preposizione semplice che unisce tra loro due elementi di una frase o di più frasi; la preposizione da può svolgere diversi funzioni. Negli esempi sopra esprime la funzione di complemento di fine o scopo. Significa che agli animali sopra indicati viene assegnato un fine o uno scopo. 

A tutti noi, talvolta, e nell’ambito di un preciso contesto, lavorativo, ad esempio, o sociale, può venire assegnato un preciso ruolo o venire riconosciuto uno scopo e una finalità, ma questi non sono riducibili al nostro valore ontologico complessivo.

Gli altri animali invece esistono e vengono riconosciuti e considerati solo in virtù della funzione che la nostra società gli assegna e hanno valore solo nella misura in cui assolvono più o meno bene questa funzione.

Così una mucca sfiancata da un parto dopo l’altro al fine di produrre latte verrà macellata nel momento in cui la produzione del prodotto per cui è stata mantenuta in vita fino a quel momento smetterà di rendere un buon profitto; il pollo sarà tenuto in vita fino a raggiungere il peso ottimale richiesto dal mercato, così il vitello e il coniglio e altri animali cosiddetti da carne; il cavallo finché avrà gambe buone per gareggiare o servire il suo cavaliere con la passione dell’equitazione, il topo da laboratorio per tutto il tempo che il suo corpo sarà ritenuto utile agli esperimenti in corso.

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domenica 15 maggio 2022

Ciao, Giovanni

 

Lo so, lo so, avevo scritto proprio a inizio anno che avrei voluto fare un uso anche più personale di questo blog, poi sono successe tante cose e non ho avuto più le energie e nemmeno, per un periodo, modo di scrivere seduta al pc. Ma di questo vi dirò un'altra volta.

Intanto, tra le brutte notizie di questo periodo, venerdì se n'è aggiunta un'altra, che sento di dover condividere con chi ancora mi legge qui e magari non sta su FB. 

Un collega di blog, un amico, soprattutto una grande persona, attivista antispecista, poeta, giornalista, ci ha lasciato venerdì scorso.

Il suo blog si chiama La confidenza Lenta e l'aveva avviato anche leggendo il mio, diciamo che si era convinto ad avere uno suo spazio in cui parlare delle cause e ideali che permeavano la sua vita, raccontare degli animali, animalità, fare reportage di eventi antispecisti a cui partecipava, recensire libri ecc.

Tante volte mi commentava, sempre con pensieri arguti, gentili, mai scontati, mai banali e io commentavo a mia volta i suoi splendidi post, in cui, peraltro, usava la seconda persona singolare (scelta inusuale in narrativa e scrittura creativa in generale).

Tanto ci sarebbe da dire di lui e tanto è stato detto da chi in questi giorni lo ha ricordato su FB, ma penso che la cosa migliore sia scoprirlo leggendo il suo blog. 

Vorrei infine ricordarlo riportando un pensiero che ho scritto per lui su FB e riportando uno dei suoi post, quello che aveva scritto in un'occasione luttuosa, la perdita di Kikiuz, una sua cagnolina amatissima.

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Continuo a pensare a Giovanni, che aveva così tanto da dire, da fare, da dare al mondo; che aveva degli ideali, dei valori di rispetto e altruismo, tante motivazioni. Che in questo modo era vivissimo, anche se le sue condizioni di salute non erano buone.

Quello che mi piaceva di lui è che era più animale che umano e so che questa frase la capiremo in pochi (spero almeno chi è antispecista).

Lui scriveva tanto di animalità e dall'animalità prendeva molto, ma sarebbe meglio dire, riscopriva molto. L'esserci, l'essere nel presente, nelle cose, nella natura. Mi confessò che a volte dormiva a terra con i suoi cani, per stare più vicino a tutti loro che forse sul letto non entravano o qualcuno non riusciva a salire. 

Gli piaceva osservare gli animali selvatici e fotografarli, sempre con enorme rispetto e delicatezza. 

Ma gli piacevano anche i social, i blog, commentava gli altri, curava il suo. Era socievole in tutti i sensi.

Giovanni era un bell'animale, nel senso che io do agli animali. 

Aveva poco di umano, nel senso negativo che io attribuisco al modo più diffuso di essere umani, proprio in contrapposizione a quell'animalità da cui invece dovremmo imparare. In modo più concreto e meno teorico.


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Dal suo blog, considerazioni sulla morte. 

Qui link al post originale con foto ecc.

"Bisognerebbe vivere ogni giorno nella consapevolezza della morte. La finitezza della vita, che tuttavia forse non finisce ma si trasforma e si travasa in altre vite

Bisognerebbe vivere ogni giorno nella inconsapevolezza della morte.La prospettiva della fine,che potrebbe paralizzare ogni azione, gesto, desiderio, volontà.

Un equilibrio complesso, che potrebbe forse avere delle ricadute positive.

Questa consapevolezza è il 'memento mori'. Forse ci viene più accettabile se pensiamo al "ricordati che devi morire!" che 'Savonarola' grida a Troisi in un film bellissimo. (mo' me lo segno, proprio...  non vi preoccupate).


Segniamocelo, infatti, per cercare di vivere col trasporto con cui vivono gli altri animali: cogliere le occasioni di gioia e bellezza quando si presentano e non procrastinarle. Altro che irresponsabilità, questa è forse la responsabilità più grande che abbiamo con noi stessi e nei confronti di tutti gli altri viventi - ed è forse una delle più difficili, anzi, per molti è quasi impossibile da seguire - e sono quelli che di più procurano sofferenze.


Kikiuz viveva con gioia pura tutte le cose che riusciva ad afferrare e a capire, si impegnava fino in fondo a essere cane. Tu, hai cercato solo di stare al passo con lei. La ricompensa? Avere ricordi, invece che rimpianti.  (Ma certo, ci sono anche i pianti, negarli o nasconderli, sarebbe deleterio e pericoloso!).

L'altro giorno, hai sentito - per ben due volte e per pura casualità - l'aria "Lascia la spina, cogli la rosa" di Georg Friedrich Händel.  Non hai potuto non pensare, in questi tuoi giorni di lutto, proprio a lei - la fatina degli unicorni, la Kikiuz.

Ti sono venute in mente tutte le piccole cose di cui lei era felice come una bambina, quando si sentiva al sicuro, protetta; tutte le piccole avventure - come toccare l'acqua fresca del torrente delle Sette Fontane, o i prati fioriti, o giocare coi pupazzini di peluche che non ha mai rotto né rovinato. Quando si vive con qualcuno come Kikiuz - o con un cane, generalmente parlando - bisognerebbe sempre cogliere con loro le occasioni che ci mostrano, di gioco, di avventura, di godimento del corpo, grazie alle sue sensazioni. Cogliere la rosa, lasciare la spina  - che pure c'è, non te lo stai nascondendo - così avremo fiori nei nostri ricordi, da donare alla memoria di chi non c'è più."


venerdì 25 marzo 2022

Invito a cena con delitto

Un mio articolo pubblicato su Progetto Vivere Vegan.

Pasqua si avvicina e al pari di altre feste che prevedono pranzi in famiglia, o di qualsiasi altro momento di socialità a tavola, può diventare un motivo di stress per le persone vegane.

Intanto, una premessa: qualsiasi forma di disagio o dolore che proviamo noi che ci occupiamo dei diritti degli animali è nulla rispetto alle condizioni di estrema sofferenza che vivono gli animali stessi, tuttavia esiste anche la sindrome da stress post traumatico secondario che è la patologia di cui soffrono le persone che si occupano o che sono in qualche modo vicine alle vittime principali di una violenza; di questo non soltanto va tenuto conto, ma sarebbe anche utile parlare per evitare di andare in burn out, cioè ammalarci di esaurimento nervoso, depressione, ansia e patologie simili a carico della nostro sistema psichico.

Noi vegani, soprattutto se facciamo anche attivismo, siamo sottoposti infatti a una condizione di stress continuo poiché vediamo e riconosciamo tutte quelle forme di sfruttamento e violenza sugli animali che solitamente restano invisibili ai più in quanto normalizzate e naturalizzate.

È come se vedessimo una realtà nascosta dietro quella ordinaria.

Per continuare a leggere l'articolo, cliccare qui: https://bit.ly/36M9Guf

lunedì 21 marzo 2022

Noi, animali umani che uccidiamo per analogia: riflessioni sulla pena di morte

 


Immagine: "This is Not America" di Andrea Festa

Un mio articolo per R-evolver sul ripristino della fucilazione in Carolina del Sud per i condannati alla pena di morte con analogie sull'uccisione sistematica degli animali non umani. 

"È ufficiale la notizia del ripristino della fucilazione per la pena di morte nello Stato della Carolina del Sud.
La pratica era già stata reintrodotta lo scorso maggio a causa delle difficoltà a reperire il mix di farmaci necessari per l’iniezione letale, dato che molte case farmaceutiche ne hanno vietato l’esportazione negli Stati Uniti per motivi umanitari.
Tra i promotori e principali sostenitori della fucilazione, il senatore democratico Dick Harpootlian, ex pubblico ministero e ora avvocato penalista, il quale dichiara che l’uccisione per fucilazione è “il metodo meno doloroso e più umano che esista”.
Questi i fatti, agghiaccianti a dir poco; agghiacciante come può esserlo qualsiasi discussione intorno alle modalità di uccisione di un individuo senziente anziché sulla legittimità o meno della pratica in sé.
Le espressioni “uccisione indolore” o “uccisione umana” ci ricordano inoltre assai da vicino quelle di “macellazione umanitaria” o “allevamento etico” in riferimento agli altri animali; anche in questo caso la domanda che dovremmo porci non è quale metodo sia da considerarsi migliore, ma se sia lecito o meno imprigionare, sfruttare e uccidere individui senzienti nati, a quanto pare, con la colpa di appartenere a specie diverse dalla nostra."

Per continuare la lettura dell'articolo, cliccare qui:  https://bit.ly/3qlE5Gu

giovedì 10 marzo 2022

IL ROVƏSCIO DELLA MEDAGLIA: PERCHÉ LO SCHWA È INSUFFICIENTE A COMBATTERE LE DISCRIMINAZIONI E OPPRESSIONI

 

Immagine di Andrea Festa

Un mio articolo su R-evolver sulla questione dibattuta dello Schwa.

Una lingua è inclusiva quando è in grado di rinnovare il vocabolario cambiando i significati di termini ritenuti offensivi sulla base di pregiudizi e credenze culturali

Si parla molto di lingua inclusiva e della necessità di trovare un nuovo genere grammaticale che superi il femminile e maschile per includere anche le persone non binarie, cioè quelle persone che non si riconoscono nel genere maschile e nemmeno in quello femminile (e questo a prescindere dal sesso di nascita. Sesso e identità di genere sono due concetti diversi).

Parte del movimento attento ai diritti lgbtq+ ha proposto così l’adozione del cosiddetto schwa, una lettera che si scrive come una e rovesciata – ə – e si pronuncia come una vocale intermedia il cui suono si pone esattamente a metà tra le vocali esistenti.

Per continuare la lettura dell'articolo, cliccare qui: https://bit.ly/3CtF24w

venerdì 4 marzo 2022

Le donne in guerra. Loro malgrado

 


Immagine di Andrea Festa.

Un altro mio articolo per R-evolver. 

"Torno a parlare di guerra e lo faccio ancora una volta da una prospettiva insolita. Non quella di chi combatte sui fronti opposti, dei soldati dell’esercito, dell’aviazione, della marina militare o dei capi di Stato, ma delle tante donne coinvolte loro malgrado.

In questi giorni abbiamo visto e letto di storie strazianti, donne in fuga con i loro bambini, madri che temono per i loro figli chiamati a combattere, storie simili a quelle di altre donne costrette a lasciare il loro paese altrimenti verrebbero uccise da governi dittatoriali o perché diventerebbero “bottino di guerra” degli occupanti; storie di donne imbarcate sui gommoni e morte durante il viaggio, o sopravvissute a stupri; storie di donne vittime di tratta, fatte arrivare nel nostro paese dopo aver pagato tutto quello che possedevano e poi gettate in strada dietro il ricatto e le minacce di morte alla loro famiglia, a loro stesse.

In tutto queste storie è facile trovare un comune denominatore: dagli stupri etnici, alla loro riduzione in semplice “bottino di guerra” degli eserciti nemici, al commercio sessuale, i corpi delle donne sono sempre stati alla mercè del potere maschile.

Ancora oggi.

Negli ultimi giorni è emerso il seguente risultato in rete: le donne ucraine sono la ricerca di tendenza su PornHub."

Per continuare a leggere l'articolo cliccare qui: https://bit.ly/3tqJz3D


venerdì 25 febbraio 2022

Gli animali in guerra. Loro malgrado

 


(Foto di Andrea Festa. Monumento intitolato Animals in War che si trova a Londra)

Un mio articolo su R-evolver.

"Come tutti, ho passato gli ultimi due giorni a documentarmi sull’invasione russa in Ucraina.

Le immagini e testimonianze che più colpiscono sono quelle degli sfollati, dei feriti, delle persone comuni – comuni come me, come voi che state leggendo – che hanno visto irrompere nel loro quotidiano una tragedia immensa. Molti Ucraini che abitano nelle zone colpite dai missili o nelle vicinanze si sono messi in viaggio per raggiungere la Polonia. Le immagini televisive e le foto sui giornali mostrano file di auto lunghissime e anche gruppi di persone che si incamminano a piedi. Hanno abbandonato tutto per mettersi in salvo.

Sono eventi scioccanti che ci toccano da vicino perché riusciamo a immedesimarci con le loro storie, con il loro vissuto. Perché sono esseri umani come noi.

Ci sono però altre immagini, altre storie che non vengono narrate e che, se anche lo fossero, susciterebbero l’empatia di pochi: sono quelle degli animali. Di altri esseri viventi senzienti, ma diversi da noi e che abbiamo imparato a considerare inferiori a noi, quindi con un valore ontologico irrisorio oppure quantificabile soltanto in termini di profitto.

Già mi immagino l’obiezione: in un momento come questo in cui ci sono persone umane che hanno perso casa, lavoro e ogni punto di riferimento, ti metti a parlare degli animali?"

Per leggere l'articolo per intero, cliccare qui: https://bit.ly/3t973Kn


giovedì 24 febbraio 2022

R-evolver

 


(Immagine di Andrea Festa – 3D model Tito_Rufo)

Tempismo sbagliatissimo, si potrebbe pensare, o forse perfetto per il lancio di un nuovo blog che si chiama R-evolver e che si occuperà di attualità, cultura, costume, politica, ma anche di argomenti più leggeri quali film, serie tv e rubriche varie. Della redazione faccio parte anche io e scriverò sicuramente di antispecismo, ma non solo. 

Per ora abbiamo messo on line la presentazione, nei prossimi giorni pubblicheremo qualcosa sulla, ahimè, guerra appena iniziata, con uno sguardo particolare sugli animali non umani.

"Qualcuno si chiederà cosa avrà da dire, in questo giorno di guerra, un nuovo media in un panorama per lungo tempo “infodemico”.

Prosegue qui: https://bit.ly/3BUOpKk


giovedì 17 febbraio 2022

Cose scomode

 A volte bisogna dire delle cose scomode, pur sapendo che le proprie parole verranno strumentalizzate*. 

Il 15 febbraio è stata emessa la sentenza che condanna a venti anni di carcere l'uomo che ha violentato e ucciso Agitu Gudeta, la donna etiope che si guadagnava da vivere allevando capre e vendendo formaggi.

La sua storia passa per essere un simbolo del riscatto. Lei era arrivata in Italia nel 2010 fuggendo dal proprio paese e dandosi da fare per rendersi autonoma lavorativamente e integrandosi.  Della sua storia, leggo: "Agitu era scappata dalle violenze e gli scontri in Etiopia ed era arrivata in Trentino nel 2010. Poi si è laureata in Sociologia a Trento e si è specializzata in arte casearia in Francia. Aveva iniziato con sole 15 capre di razza pezzata mochena e camosciata ma ora ne aveva 180 e grazie a “La Capra Felice”, azienda agricola biologica dove coltivava anche ortaggi, produceva uova e una linea cosmetica, si guadagnava da vivere vendendo i prodotti del suo lavoro."

Ora, mi rendo conto che lo sfruttamento degli animali è una pratica normalizzata e naturalizzata e di questo non posso fare una colpa ad  Agitu, che comunque sia non meritava certo di morire ammazzata. 

Quello che però va contestata, almeno se siamo antispecisti, è la narrazione stucchevole, fuorviante, mistificante che viene fatta della sua attività. 

Addirittura sono state fatte vignette in cui si mostrano le capre piangenti vicino a un pezzo di formaggio o le capre felici attorno alla figura disegnata di Agitu. La vignetta è dell'artista che si fa chiamare Roby il pettirosso e sulla sua pagina potrete vederla. È stata pubblicata anche sulla pagina GreenMe

Le capre non sono felici di essere sfruttate, soprattutto tenendo conto del fatto che per produrre il latte devono essere ingravidate di continuo e che poi in ogni allevamento di capre finalizzato a produrre latte e formaggi, i cuccioli maschi, gli agnellini, saranno inevitabilmente mandati al macello in quanto inutili per l'attività. 

Io non ce l'ho con Agitu, come già scrissi a suo tempo, anzi, il suo femminicidio mi colpì moltissimo e vorrei che non fosse mai accaduto. Ovviamente è con i media che me la prendo, i media che la dipingono come una benefattrice delle capre, quando lei le capre le allevava e usava per profitto, non certo per spirito animalista.

Le storie di donne che si riscattano da una vita di abusi, violenza e povertà, ma lo fanno sfruttando, usando (l'abuso è nell'uso!) e condannando al macello altri individui senzienti, non sono storie di riscatto, ma storie di dinamiche di potere del più forte sul più debole. Il potere è trasversale e anche persone che sono state vittime o che non hanno diritti possono a loro volta diventare oppressori. 

Agitu era una donna immigrata e in quanto donna immigrata ha lottato all'interno di un sistema feroce ed è diventata vittima di un uomo violento e maschilista, probabilmente frustrato e arrabbiato che una donna ce l'avesse fatta e incapace di accettare il suo successo. Ma in questo stesso sistema di logica di dominio sui più deboli, Agitu è stata a sua volta carnefice di esseri più deboli e incapaci di difendersi, cioè quelle capre che asseriva di amare, ma che usava per profitto. 

So che lo specismo, ideologia invisibile naturalizzata, normalizzata, legittimata, rende difficile capire che la vita degli altri animali ha un valore non minore di quello di noi animali umani, ma noi antispecisti abbiamo il dovere di dirlo, di opporci alla narrazione mediatica che faceva di lei "la regina delle capre felici" e soprattutto di raccontare le menzogne sugli allevamenti etici. 

Non esistono allevamenti etici, non c'è proprio modo di rispettare qualcuno allevato per profitto.


*Qualcuno ha chiesto: dunque meritava di morire? Penso che porre una domanda simile significhi essere incapace di leggere un testo, di elaborare un pensiero, in poche parole, o si fa una domanda del genere al solo scopo di provocare, oppure si è analfabeti funzionali. 

Comunque rispondo: no, non meritava certo di morire. Nessuna merita di morire ammazzato. Ma la cosa scomoda da dire è che non era una benefattrice delle capre, ma un'imprenditrice che sfruttava gli animali. 

Qualcun altro ha obiettato che non era il momento di stare a rimarcare lo specismo. E invece lo è perché i media hanno colto l'occasione per raccontare la solita menzogna dell'allevamento felice e stupidaggini simili e queste menzogne vanno combattute perché le capre meritano rispetto quanto una donna uccisa.

Quindi, chi ha mancato di rispetto ad Agitu non è stato qualche antispecista che ha ricordato cosa significhi realmente allevare capre, ma i media che hanno strumentalizzato la sua morte per fare l'elogio dell'allevamento felice (che non esiste!).

venerdì 4 febbraio 2022

Le ragioni del veganismo: cambiare i significati culturali associati alla carne

 


Articolo pubblicato su Progetto Vivere Vegan.

Nella quarta e ultima parte di questo lungo articolo sulle ragioni del veganismo proviamo ad analizzare il mito della carne e l’ideologia carnista alla luce dei significati ad essi associati culturalmente.

Si tende a credere che la nostra specie abbia sempre mangiato animali perché ne avrebbe necessità al pari delle specie carnivore. Questo è falso. Noi non siamo animali carnivori, ma onnivori, questo significa che possiamo avere una dieta varia e che non ci è affatto necessario mangiare altri animali per stare in salute. Da dove deriva allora questa convinzione che sia necessario mangiare animali e i loro derivati?

Sappiamo che sin dall’antichità ci sono state persone, più o meno famose, vegetariane e strettamente vegetariane (vegane, anche se il termine all’epoca non era ancora stato coniato) e senza che vi fossero in commercio tutti i prodotti sostitutivi che è facile trovare oggi. La gente comune mangiava soprattutto legumi, vegetali, cereali. La carne era considerata un “bene” di lusso.

Jeremy Rifkin, nel suo saggio Ecocidio, racconta come la “cultura della bistecca” si sia imposta in occidente attraverso i secoli, “dagli albori della civiltà umana, passando attraverso il mito dei cowboy, gli infernali mattatoi di Chicago e le stalle superautomatizzate, fino ai giorni nostri” per poi diffondersi su tutto il globo.

Per continuare la lettura, cliccare qui.

giovedì 27 gennaio 2022

Attraverso l'orrore

 

Quando andai a Berlino, nel 2017, visitai il Memoriale dell'Olocausto, un'opera in memoria degli Ebrei assassinati che  è composta di tanti blocchi di cemento di diverse dimensioni posizionati lungo un reticolo di corridoi in cui è possibile addentrarsi fisicamente. La sensazione, man mano che si procede, è quella di essere sovrastati da strutture sempre più opprimenti in cui è facile scomparire, come dentro un labirinto.

Ho percorso il Memoriale per un po' e ho provato lo stesso smarrimento di quando ho percorso un allevamento di maiali.

"Queste strutture assomigliano molto ai lager nazisti, sono concepite architettonicamente più o meno allo stesso modo. Corridoi in mezzo e stanzoni ai lati - con barriere, delle specie di vasche di cemento – pieni di maiali." ( Estratti dal libro "Ma le pecore sognano lame elettriche?", mi autocito).

Labirinti-non-luoghi in cui tutto si perde. 

Retoricamente si potrebbe dire "in cui l'umano ha smarrito se stesso", ma invece io penso che questi siano i luoghi in cui l'umanità ha trionfato perché il concetto di umanità è sempre stato elaborato e costruito in opposizione a qualcun altro, ridotto anch'egli a concetto, da annientare. Tanto sull'idea di un umano ariano perfetto, quanto su quella di un umano diverso dagli altri animali di cui può abusare per ribadire a se stesso la propria superiorità.

Se non ci sbarazziamo di questa idea di umanità qui, in opposizione all'animalità o a tutti coloro che via via saranno, per vari motivi, assimilati agli altri animali, questi non-luoghi infernali continueranno a essere il nostro segno distintivo.


lunedì 24 gennaio 2022

Senza titolo

 In poche settimane la nostra casa si è trasformata.

Se ne sono andati i due animali che avevano il carattere più allegro, che si facevano sentire in ogni momento, con una presenza costante e vivace. 

Marty e Silvestrino. 

Marty abbaiava, ci chiamava, ci seguiva in ogni stanza, riempiva le stanze con i suoi passettini e il suo respiro. Silvestrino era il primo a venirmi a dare il buongiorno la mattina, era un gatto loquace, comunicativo, stava sempre sulle spalle di Andrea e mi chiamava tutto fiero come per dirmi "Hai visto dove sto?". Quando ero sul divano mi saliva sul petto e mi ciucciava il lobo delle orecchie, un'abitudine che non ha mai perso nemmeno nell'età adulta. Poi adorava essere spazzolato, non appena vedeva la spazzolina impazziva.

È tristissimo non vederli più dentro casa, non sentirli, non poterli più accarezzare.

Il lutto per gli animali non è diverso da quello per le persone umane e in questi ultimi anni ne ho dovuto affrontare davvero tanti.

Ho perso i miei genitori, due zii carissimi, mia cognata e diversi animali. 

A un certo punto sembra che la vita si conti attraverso le perdite. Via via è tutto uno sfoltirsi di affetti, di presenze, di sostegno e di amore. 

Se dovessi raffigurare la mia esistenza con un'immagine userei quella della bilancia. Da una parte ci sono i sassolini del dolore, dall'altra quella dei piacere, che può essere dato da tante cose, grandi o piccole. Si è spesso in perdita, cioè sbilanciati, e mantenere un equilibrio o addirittura provare a far pendere di più la parte del piacere spesso comporta una fatica immane che in certi momenti ti fa dire "ma chi me lo fa fare?" e fa venire voglia di sprofondare. 

Ho una depressione atipica, nel senso che quando trovo un senso riesco a fare le cose che mi interessano, ma il problema è che fatico sempre di più a trovare questo senso perché tanto tutto è destinato a finire.

Non sopporto che le cose debbano finire, questo sentimento di rimpianto, chiamiamolo pure nostalgia, mi ha sempre accompagnata, sin da quando ero ragazzina.

Ricordo persino la prima volta che lo provai. Era agosto ed ero tornata dalle vacanze al mare. Sentii alla radio una canzone che avevo ascoltato spesso in spiaggia e in quel momento ebbi la consapevolezza che quell'estate era ormai finita, che non sarebbe tornata più. Sì, ce ne sarebbero state altre, ma non quella. Provai un dolore lancinante. E da allora l'avrei provato tante altre volte, per le piccole cose, come per le grandi. 

A un certo punto poi la vita è tutto un accomiatarsi. 

Mi capita spesso di andare in dei posti e di pensare che potrebbe essere l'ultima volta che li vedo. Eppure non temo la mia morte, ma quella delle persone care perché quando perdi qualcuno che ami è come la realtà stessa che ti circonda venisse trasformata. Nulla è come prima. Quindi sì, in un certo senso, saluto costantemente i posti, i luoghi che diventano altro perché c'era un prima e c'è un dopo. Gli eventi e le perdite sono dei marcatori della realtà. E di noi stessi perché cambiamo, anche se non ce ne rendiamo conto.

Quindi al lutto per le persone amate si aggiunge quello per noi stessi perché con loro perdiamo anche una parte di noi.

Dov'è la Rita che la mattina si alzava e salutava Silvestrino?

E quella che la sera telefonava ai propri genitori?

Quella che faceva le passeggiate con Marty? Dove sono finita? 

Ora cammino con passo diverso, dovrò trovare dei nuovi rituali. 

Lo sforzo immane è quello di cercare di non perdersi del tutto.

sabato 22 gennaio 2022

Vedere il lato positivo

 

Certe volte la vita ti prende a ceffoni fino a che non resti senza fiato. Poi si ferma, il tempo di un respiro e ricomincia.

È più o meno l'andazzo di questo inizio anno, che del resto non prometteva bene sin dalle consegne di quello vecchio, cioè la morte di Marty, il nostro amato cagnolino. Poi io e mio marito ci siamo presi il Covid, durante la malattia uno dei nostri gatti ha iniziato a stare male e stamattina è morto. Silvestrino Marcellino, 14 anni (di lui ho parlato sicuramente qui: http://www.ildolcedomani.com/2020/03/un-micio-al-giorno-leva-il-medico-di.html).

Poi certo non ha aiutato leggere Houellebecq, per esempio: "Quello che non poteva sopportare, si era reso conto con inquietudine, era l'impermanenza di per sé; era l'idea che una cosa, qualunque cosa, finisse; quello che non poteva sopportare, non era altro che una delle condizioni essenziali della vita". 

Poteva andare peggio. Per esempio potevamo morire di Covid. 


lunedì 10 gennaio 2022

Revenge

 

Non perdetevi questo film. È del 2017, ma adesso si trova su Tim Vision. 

Sembra un filmetto, ma invece: è girato benissimo; è volutamente esagerato; è volutamente poco realistico perché quello che conta sono i simboli e il percorso della protagonista che da ragazza ingenua si trasforma in una macchina da guerra per salvarsi. 

Attenzione ai particolari perché sono tanti, sparsi un po' per tutto il film e tutti insieme concorrono a esprimere vari significati.

Simboli fallici che penetrano le carni (ma che poi vengono coraggiosamente espulsi e le carni si rigenerano), rovesciamento e corrispondenza di gesti dalla vittima al carnefice (es. la violenza dello stupro viene ribaltata e fatta provare al carnefice quando si conficca la lama nel piede ed è costretto ad allargare la ferita per estrarla, provando un forte dolore e sanguinando copiosamente); c'è una corrispondenza di tanti elementi che evidenziano la pavidità dei predatori e il coraggio della ragazza che da preda si trasforma in predatrice. 

Primi piani e piani sequenza da urlo, specialmente l'ultimo inseguimento dentro la casa. 

Ripeto, non è realistico, quindi non soffermatevi sul fatto che una ridotta come la protagonista non sarebbe mai riuscita a sopravvivere o su quello che riesce a fare. Soffermatevi invece sui particolari, sulla fotografia meravigliosa che rende il paesaggio, già onirico di per sé, un luogo veramente quasi mistico (e non a caso, ma già ho svelato troppo), sullo sguardo vigile della protagonista che a poco a poco diventa tutt'uno con gli elementi della natura. Soffermatevi sul suo percorso, appunto.

E buona visione!

P. S.: La regista è, ovviamente, una donna e si chiama Coralie Fargeat. Perché solo una donna poteva avere la sensibilità di capire il dolore di certe ferite e trovare poi il modo di risanarle creativamente. 


Manuale su come rispondere alla gente stronza

 Mi sa che faccio una rubrica. Una delle tante.

Oggi vado al negozio che vende cibo per animali, spiego cosa mi serve, nel mentre do un'occhiata alle offerte. In tutto avrò impiegato massimo cinque minuti. Ma in questo brevissimo lasso di tempo è arrivata un'altra cliente che è rimasta in attesa a scalpitare fuori dalla porta (il negozio è piccolo e si può entrare solo una alla volta).

La negoziante mi mette fretta: "Ti devi sbrigare, c'è una persona fuori che sta aspettando". Quindi prendo al volo quelle quattro scatolette, ordino i sacchi di sabbia che mi deve recapitare a casa. Pago pure in anticipo. E mi dimentico la cosa più importante, i croccantini speciali per un gatto anziano e malandato. Ok, di questo me ne accorgerò solo una volta arrivata a casa. Quando apro la porta per uscire, la tizia fuori a momenti mi travolge e con tono super scocciato mi fa "Era ora, me stavo a mori' de freddo!".

Le ho risposto: "Mi scusi. Mi dispiace." Perché sono una persona mediamente gentile e pure perché non è che sempre ci si può fare il sangue amaro. 

Ma poi in realtà il sangue amaro viene comunque ad abbozzare e a essere gentili con la gente stronza.

Quello che in realtà avrei voluto e dovuto (perché le stronze vanno anche rimesse al posto loro) rispondere è: "ah, che peccato che stavi a mori' de freddo, a saperlo ci restavo altri cinque minuti dentro al negozio, così magari ci restavi!"

Quello che invece avrei dovuto rispondere alla negoziante quando mi ha messo fretta: "faccio prestissimo, guarda, vado direttamente da un'altra parte."

"Ci sono cose più importanti a cui pensare!"

 Se porti da mangiare ai senza tetto sei una brava persona, se porti da mangiare ai gatti sei "'un'animalara" (e poco importa che magari si facciano tutte e due le cose).

La teriofobia non è soltanto la paura irrazionale o coadiuvata da narrazioni pregiudizievoli sugli altri animali, ma per estensione si applica anche a chi si prende cura degli animali stessi come se desse fastidio vedere che qualcuno si adoperi per esseri ritenuti ontologicamente inferiori. 

In definitiva è sempre l'antropocentrismo che spinge per affermarsi e per farlo necessità di una continua presa di distanza dall'animalità. 

Come se si potesse essere abbastanza umani solo rinnegando, distanziandoci e trattando in modo diverso gli altri animali. 

Quindi per la chiesa non sei abbastanza umano e cristiano se preferisci cani e gatti ai bambini, mentre per la società non hai valore e riconoscimento, politico e sociale, se ti dedichi alla causa animalista (sei uno che non ha niente da fare tutto il giorno e che anziché andare a lavorare si preoccupa degli animali quando ci sono persone che soffrono e problemi ben più gravi ecc.). 

La gerarchia di valore delle diverse forme di vita genera ovviamente la gerarchia di trattamento e considerazione. 

Lo specismo in fondo è razzismo applicato alle altre specie. E la teriofobia ne è il cuore.

domenica 9 gennaio 2022

Un addio e un nuovo inizio

 

Caspita, non aggiorno il blog dal 24 dicembre, anche se a dire il vero su questo blog ormai non riverso più molti pensieri, mi limito a riportarci i post sull'antispecismo che scrivo di getto su FB o qualche riflessione su film e libri letti e anche prima non è che fosse uno spazio proprio personale, anche se secondo me si possono capire molte cose del carattere di una persona anche da quello che scrive su un film o su un libro (ho messo qualche anche di troppo).

Vabbè, detto questo, il 31 dicembre abbiamo salutato per sempre il nostro cagnolino Marty. Aveva 19 anni, quindi non è stata una morte a sorpresa, stava anche (di nuovo questo anche) piuttosto male già da un po', ma chiunque abbia vissuto con un cane (o qualsiasi altro animale, persona umana e non umana che sia) per un così lungo periodo sa che tipo di vuoto e dolore lascia quando non c'è più. 

Tante volte ho scritto del lutto, dell'assenza, della morte, non c'è molto altro da dire, se non ribadire che è un evento che ci sconvolge sempre per la sua definitività. Definitività. Mi piace questa parola e mi fa paura allo stesso tempo. Dalla morte non si torna indietro. Almeno questo sappiamo scientificamente. 

Mi consola sapere che, almeno, Marty se ne sia andato senza soffrire. Questa morte serena ha avuto però un prezzo molto alto: quello di aver dovuto fare una scelta difficilissima, cioè decidere di chiamare il veterinario a casa per fargli l'eutanasia, dal momento che negli ultimi giorni aveva iniziato a soffrire e non solo non c'era alcuna possibilità che potesse migliorare, ma aveva crisi convulsive sempre più violente e sarebbe morto molto male durante una di queste. 

Il momento più terribile del 31 pomeriggio è stato quando sono dovuta andare a lavarmi e vestirmi per decenza perché doveva venire questo medico a casa. Non so se ci avete mai fatto caso, ma nei momenti più tragici della nostra esistenza compiere quelle operazioni banali ma anche necessarie come lavarsi, pettinarsi, mettersi le scarpe, mangiare, bere diventa surreale, assurdo, insensato. 

Cioè, vestirsi per aspettare il medico che viene ad addormentare per sempre qualcuno di amatissimo che in quel momento ancora vive e che poi smetterà di essere perché lo hai deciso tu, beh, credetemi, è stata una delle esperienze più tristi della mia vita. 

Razionalmente so, sappiamo - è una scelta che io e mio marito abbiamo preso di comune accordo - di aver fatto la cosa migliore per lui, ma emotivamente dover fare i conti con questa decisione è tutto un altro paio di maniche.

E quindi abbiamo saluto il 2021 con questo evento triste e sono anche molto stressata per via della condizione sociale in cui ci troviamo tutti da un paio di anni. 

Ci sono due cose positive che però sono riuscita a fare nel 2021: una, vivere un po' più nel momento presente, ovverosia controllare meglio l'ansia, i pensieri negativi che si intorcinano su se stessi e che trasmettono al cervello l'idea che qualcosa di terribile stia accadendo, quindi attivando uno stato di malessere; due, veder pubblicato il mio libro sull'antispecismo. 

Una cosa strana che ho provato riguardo al libro è che pensavo mi sarebbe piaciuto un sacco fare le presentazioni e invece no, per niente. Non amo parlare (anche se poi, una volta che ho preso il via e se sono in un giorno buono, non vorrei fermarmi più), mi imbarazza sentirmi fare i complimenti. Intendiamoci, non che non mi facciano piacere, ma mi imbarazzano allo stesso tempo.

La scorsa estate ho iniziato anche (anche, anche, ma perché uso tutti questi anche? Anche rispetto a cosa?) un romanzo, mi manca poco per finirlo, forse (dipende ovviamente da quanto mi ci applicherò e io sono la regina della procrastinazione) quindi speriamo che nel 2022 riuscirò a dare alla luce anche un altro libro. 

Per il resto, faccio le cose di sempre: aiuto gli animali come posso, leggo, guardo tantissime serie tv e film. Dormo molto e mi alzo più tardi di quello che dovrei, ma nel 2022 conto di migliorare un po' sotto questo punto di vista. Mi piace sempre tanto sognare. Alcuni sogni sono dei luoghi a cui ritorno sempre volentieri e che mi lasciano una sensazione di benessere generale.

A proposito di dormire, sognare, ho fatto caso al fatto che in quasi ogni foto che ho sto con gli occhi chiusi o socchiusi. Penso che sia un po' il simbolo del modo in cui ho sempre affrontato l'esistenza: spesso lottando a occhi chiusi, tirando colpi alla cieca per paura di guardare bene in faccia il nemico, altre imponendomi proprio di non guardare la realtà, ma soprattutto, sempre, facendo appello a una vista interiore, non in senso mistico ovviamente, ma nel senso di nutrirmi di vita interiore, fantasia, immaginazione, sogni, pensieri. 

L'altra sera mi sono scattata questo selfie nell'androne di casa. Sono io, nel senso che mi rappresenta, un po' sognante, un po' crepuscolare, un po' rivolta all'interno anziché all'esterno: 


Comunque ho deciso che voglio iniziare a usare questo blog in modo diverso. Lo userò anche come diario personale per raccontare qualcosa di me, della mia vita, di quello che penso, più che altro. Più intimista e meno sociale. Lo so, lo so, è assurdo, in un'epoca in cui i social e la comunicazione sui social cambiano alla velocità della luce, io decido di tornare indietro, di riprendere a scrivere su un blog alla vecchia maniera, per raccontarsi, più che per sensibilizzare (farò anche quello, comunque). Che poi, non è che abbia una vita così ricca di eventi. L'evento più avventuroso di oggi sarà uscire per andare a fare la spesa, cosa che comunque mi genera sempre un po' di ansia, non so perché. Chissà nella mia mente cosa mi aspetto che ci sia là fuori. A volte esco con la determinazione di chi va ad affrontare chissà quale nemico feroce, poi una volta fuori invece sto bene e non vorrei più rientrare.
Dopo la spesa riprenderò a leggere il nuovo di Houellebecq, Annientare. 700 e passa pagine, ma io amo i libri di tante pagine.
Il primo capitolo è scritto divinamente. Houellebecq lo si può condividere o meno nelle sue idee, ma di certo non si può dire che non sappia scrivere ed è anche uno dei pochissimi scrittori che vorrei davvero incontrare per farci due chiacchiere.
Dopo La carta e il territorio, che considero uno dei suoi migliori romanzi, forse il migliore, avevo anche pensato di scrivergli, il francese un po' lo conosco, ma è una di quelle cose che poi ho lasciato stare.