sabato 2 ottobre 2021

Il tritacarne

 

Paragonare la nostra situazione attuale a quella degli animali diretti al macello, come sto leggendo ultimamente, con tanto di uso di metafore "ora siamo noi vittime di una mattanza" è non solo improprio, ma irrispettoso per tutti quegli individui che nei mattatoi - reali, concreti, luoghi intrisi di sangue, dolore, urla, feci, urina, terrore puro - ci vanno a finire davvero.

Sì, ci viene impedito di lavorare se non abbiamo il GP - e come sapete sono sempre stata contraria all'introduzione di questa norma -, ma nessuno viene a prenderci per caricarci su un tir diretto al mattatoio. Non concretamente.

Io sono una grande amante dell'uso di analogie, metafore, simboli, ma ci sono situazioni in cui l'unica descrizione possibile è quella data dallo sguardo sul reale. 

E la realtà di quello che subiscono i corpi degli altri animali - progettati per essere prodotti ancora prima di venire al mondo - non regge paragoni con nessun'altra. 

La realtà di quello che accade agli altri animali è qualcosa di talmente distante da ciò che accade a noi che non possiamo nemmeno immaginarla e per pensarla o vederla dobbiamo spingerci sul bordo di un abisso di cui non riusciamo a scorgere la profondità. Su questo abisso ci affacciamo ogni tanto - e qualcuno, nel corso della nostra storia, ci è anche precipitato - ma gli altri animali ci sono spinti continuamente, sistematicamente, violentemente; di più, ci nascono: sono (non)esistenze prese in un vortice di violenza che termina con la loro trasformazione in qualcosa di ontologicamente diverso da ciò che sarebbero, dovrebbero, essere: cioè, sono individui che poi diventano cose, prodotti. 

Potete immaginare qualcosa di più temibile e orribile della cancellazione non soltanto della vostra identità, ma entità, cioè, del processo che vi porta a essere da esseri viventi a cose? 

Quando si dice "trattato come un animale" si immagina questo, ma nessun essere umano raggiunge mai il culmine di questo abisso in continuo e sistematico movimento, come un gigante tritacarne (e questa non è una metafora) in cui individui di altre specie nascono, vivono e muoiono continuamente, con implacabile e inimmaginabile ferocia.

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