In questi giorni, dopo la tragedia della ragazza che è stata uccisa da un branco di cani, ho letto tantissimi commenti e post intrisi di teriofobia e di pregiudizi sugli altri animali.
La più comune: sono animali, agiscono solo per istinto.
Si parla di istinto in opposizione all'intelligenza senza nemmeno saper definirlo, pensandolo come una sorta di reazione cieca e imprevedibile.
Nel mio libro "Ma le pecore sognano lame elettriche?" ho affrontato questo argomento in relazione alla differenza ontologica - un vero e proprio muro separatore - che abbiamo innalzato nei secoli tra noi e gli altri animali.
"Come ho già accennato, tendiamo a liquidare tutto ciò che fanno gli altri animali con il termine istinto, attribuendo a questo termine una valenza negativa e in opposizione a quello di intelligenza (disprezziamo l’istinto, esaltando la razionalità, proprio perché ci teniamo a distinguerci dagli altri animali, che riteniamo inferiori). In realtà l’istinto è intelligenza emotiva: anche noi, in quanto animali, abbiamo una parte del cervello emotiva e istintiva, quella destra, che usiamo molto più spesso di quello che immaginiamo, non soltanto quando agiamo e rispondiamo agli eventi in modo impulsivo, emotivo, poco controllato, ma soprattutto in caso di pericolo; è proprio questa risposta biologica ancestrale che ci viene in soccorso e ci intima di fuggire in caso di pericolo o ci mette in guardia di fronte a comportamenti che ci appaiono strani. L’istinto, al contrario di quello che vorrebbe il luogo comune, è una risorsa enorme che tutti gli animali hanno in comune, noi compresi. Solo che quando lo riferiamo a noi stessi, lo connotiamo positivamente (istinto materno, per esempio), mentre quando lo riferiamo agli animali lo poniamo in opposizione a un fantomatico concetto di intelligenza diversa che solo noi, in quanto umani, possederemmo, così stabilendo una sorta di giudizio di valore secondo cui l’istinto sarebbe una qualità inferiore.
Comunque non è vero che gli altri animali agiscono solo per istinto, cioè dando risposte immediate e impulsive e noi invece solo ragionando e soppesando razionalmente ogni decisione; anche gli individui di altre specie manifestano intenzioni, mettono in atto comportamenti meditati, si ingegnano per ottenere ciò che vogliono, per realizzare i loro desideri, sono in grado di proiettarsi nel passato e nel futuro, cioè ricordano, memorizzano volti, nomi, luoghi, esperienze, odori, persone e immaginano il futuro. Soddisfano interessi diversi, di cui i primi sono certamente la soddisfazione della fame, della sete, del sonno, esattamente come noi in situazioni in cui sopravvivere diventa appunto necessità primaria (secondo la piramide dei bisogni di Maslow, noi possiamo dedicarci alla realizzazione di alcuni desideri e obiettivi solo quando abbiano pienamente soddisfatto quelli primari1). Gli altri animali sognano. Giocano. Si divertono e provano anche indignazione e tutta una gamma di sentimenti quali umiliazione e senso del ridicolo. Ovviamente dolore, piacere, gioia, paura, panico, angoscia, estasi.
Gli altri animali vedono il mondo, lo interrogano, lo osservano, lo pensano. Non in maniera ridotta rispetto a noi, non sono esseri “poveri di mondo” come sosteneva Heidegger, ma hanno una ricchezza interiore cui non abbiamo nemmeno accesso.
Ciò che pensano è ovviamente diverso da ciò che possiamo pensare noi (e ciò che noi pensiamo ci è stato in parte trasmesso culturalmente ed è stato contaminato, offuscato da ciò che abbiamo letto e ci hanno raccontato, dal mito, dall’eredità biologica, dal mondo in cui ci siamo evoluti) perché esperiscono la realtà usando in modo più accentuato alcuni sensi rispetto ad altri, ma è forse meno importante? È la loro visione del mondo, una visione unica, non riducibile alla nostra."
(pagg. 39, 40, 41).