Oggi voglio perdere qualche minuto a provare ad analizzare quel fenomeno cui assistiamo spesso noi persone vegane.
Il fenomeno è quello di ricevere, sotto ai nostri post sullo sfruttamento animale, commenti del tipo: "Ah, stasera mi mangio una bella bistecca al sangue!", oppure altri in cui vengono postati, senza aggiunta di parole, fotografie di maiali arrostiti, grigliate varie ecc. Come se, peraltro, in vita nostra, non avessimo mai visto foto di maiali arrostiti... Basta fare un giretto all'interno di un supermercato per vedere corpi di animali confezionati o appesi al gancio di una macelleria. Quindi dove sarebbe la novità? Cioè, che tipo di informazione pensa di darmi la persona che commenta così? Che gli animali continuano a venire sfruttati e uccisi? Beh, lo sappiamo.
Purtroppo non lo fanno soltanto i troll, ma anche amici e conoscenti e persone che reputiamo intelligenti.
(Beh, a volte si tratta anche semplicemente di idioti, ma non è su queste che vorrei soffermarmi).
Non so cosa sperino di ottenere, probabilmente infastidirci e allora spendiamo due minuti anche sul fenomeno di chi gode nell'infastidire gli altri, come se questo potesse portare chissà quale arricchimento nelle loro vite o sottrarli alla frustrazione che stanno provando in quel momento.
Di recente in un commento a un post di un mio blog, una persona ha scritto "Stasera mi farò una bella pizza al gorgonzola e salame dolce", mancava poco che aggiungesse "alla faccia tua".
Non so cosa sperasse di ottenere con questo commento, forse la possibilità che le mie convinzioni franassero o suscitarmi invidia o cosa? Sicuramente infastidirmi. Ma infastidirmi per cosa, dal momento che sono perfettamente consapevole di esser parte di una minoranza esigua e so benissimo che nel mondo è ancora considerato normale uccidere e sfruttare animali anche se non c'è più necessità alcuna di farlo?
E veramente il piacere di qualcuno può risiedere nell'infastidire gli altri?
Che vita povera che dev'essere! Io provo piacere quando mi realizzo, quando porto a termine un mio progetto, quando sono felice insieme alle persone che amo, quando faccio qualcosa che mi piace, di certo nei miei desideri di autorealizzazione non c'è quello di infastidire gli altri.
Peraltro il fastidio dato da questi commento è minimo perché più che di fastidio si tratta di un sentimento di disagio e pena per queste persone. Disagio e pena scaturiti dal fatto di assistere a qualcosa di totalmente insensato e stupido.
Io ho mangiato il salame in passato, so cosa sia, mi piaceva anche parecchio, ma quando ho riflettuto a lungo sul tipo di violenza che è necessaria a produrlo, ho deciso che l'attaccamento a un sapore e a un'abitudine non sono più importanti del diritto alla libertà e alla vita di un maiale. E poca importa il modo in cui questo maiale venga allevato e ucciso, è importante invece che continui a vivere e a soddisfare tutti gli interessi tipici della specie cui appartiene, anche se a noi sembrano interessi di poco conto.
Quello che le persone che lasciano questi commenti forse non comprendono è che noi non rimpiangiamo il fatto di non poter più mangiare bistecche o salame, non ci appare come una rinuncia, esattamente come non ci è mai sembrata una rinuncia non mangiare cani e gatti, bere latte di gatta o mangiare uova di pavone.
I maiali, i polli, i pesci, il latte di mucca, le uova delle galline non li vediamo più come cibo, come prodotto da consumare. Vediamo i polli e le galline e i pesci per quello che sono: esseri intelligenti e capaci di fare esperienze del mondo, esperienze diverse dalle nostre, ma lo stesso piene di significato e valore.
Gli altri animali si mangiano per cultura, per tradizione, perché così ci insegnano da quando nasciamo e ovviamente i prodotti animali vengono messi in commercio per ottenere profitto.
Tra produttore e consumatore c'è il solito patto della domanda e dell'offerta. Gli animali vengono visti come prodotti.
Oltre a questo desiderio di infastidire, c'è dell'altro: sicuramente quello che questi commentatori stanno mettendo in atto è un comportamento di difesa della loro identità carnista e specista.
Di fronte all'informazione di poter fare un certo tipo di scelta, cioè affrancarsi dal consumo di prodotti che provocano molta sofferenza agli animali - e questa scelta viene presentata attraverso le nostre testimonianze - queste persone si sentono attaccate e giudicate (anche se l'intento del post è magari solo quello di informare sulle procedure di una pratica) e quindi avvertono il bisogno di difendere quella che a loro continua ad apparire come normalità. È una reazione comprensibile, anche se molto superficiale e immediata.
Quello che ci vogliono dire è: noi siamo normali, voi siete pazzi.
Certo, una scelta così di nicchia che mette in discussione tutto quello che crediamo sia normale - e lo crediamo pure perché supportato da una maggioranza - noi appariamo come dei pazzi estremisti perché va bene amare gli animali, ma addirittura smettere di mangiarli pare un po' troppo.
Ma se è possibile, perché appare troppo? Appare troppo perché se veramente dovessero ammettere che quello che si fa da secoli è sbagliato, allora dovrebbero rivedere tutte le loro scelte e in primis autogiudicarsi. La domanda che si dovrebbero fare è: davvero con i miei comportamenti e le mie scelte quotidiane sono corresponsabile di tanta sofferenza provocata agli animali e parte di un sistema che annienta migliaia di esistenze e maciulla migliaia di corpi in un batter di ciglio?
Siccome la risposta farebbe troppo male perché a tutti piace pensarsi come brave persone che non arrecano dolore ingiustificato, allora si fa ricorso a tutte le solite obiezioni speciste che conosciamo (e che la letteratura antispecista ha smontato radicalmente).
In sostanza, il commento "Bistecca tutta la vita!" o la foto della grigliata non è altro che la resa di fronte all'incapacità di approfondire la realtà e le dinamiche che regolano i rapporti tra i viventi, nonché il rifiuto di assumersi la responsabilità delle proprie azioni e delle proprie scelte.
La foto dell'animale grigliato ribadisce l'ovvio. "Gli animali si mangiano perché si sono sempre mangiati, e non mi importa di approfondire se si possa o meno fare in modo diverso o di conoscere la loro sofferenza, continuo a farlo perché posso farlo, perché è facile, perché la legge me lo consente e tu che invece mi stai suggerendo altro meriti di sparire e di essere ridicolizzato e bullizzato".
Il bullismo, di qualsiasi tipo e in qualsiasi contesto, è sempre un meccanismo di difesa, una risposta, ma non dà soddisfazione piena perché non costruisce nulla, non cura ferite e traumi precedenti, ma si basa solo sull'immediata gratificazione di saper di aver ferito gli altri che, per un attimo, vengono quindi trascinati sullo stesso piano di disagio di chi colpisce. Una sorta di ricerca di malessere condiviso. Come a dire, io sto male, provo disagio, ora ti ferisco, ti bullizzo, così stai male anche tu; e questa momentanea consapevolezza pare alleviare momentaneamente il proprio, di dolore, ma in realtà lo sposta soltanto.
Le persone che più insistono con questo tipo di commenti a volte sono proprio quelle che maggiormente sentono il disagio delle conseguenze delle loro scelte, si sentono in colpa, comprendono di essere responsabili, ma poiché, per vari motivi, non riescono a cambiare, se la prendono con chi invece è cambiato.
Il senso di colpa si trasforma in rabbia e odio.
Senso di colpa verso gli animali, senso di colpa, impotenza e inadeguatezza verso chi è riuscito a cambiare e ha dimostrato di fare delle scelte adulti e consapevoli.
Per questo noi vegani diamo così fastidio e infastidiamo: con la nostra presenza ricordiamo agli altri che quello che facciamo agli altri animali è sbagliato e gli provoca sofferenza, ma soprattutto che si può cambiare e agire diversamente. Siamo testimoni scomodi perché facciamo appello a convinzioni profonde e le sradichiamo con la nostre semplici scelte quotidiane.
Mangiamo piselli anziché una bistecca. Si può fare e lo facciamo responsabilmente perché abbiamo detto no alla violenza sugli animali.