Una faccia dello specismo è ovviamente quella di relegare gli altri animali nell'insieme negativo dell'animalità contrapposto a quello positivo dell'umano/umanità.
L'altra faccia, molto più subdola, è quella invece di esaltare gli animali attribuendogli caratteristiche mitiche o sacre, misticheggianti, simboliche, seppur in un'accezione positiva.
Lo specismo si rivela laddove gli altri animali non sono mai considerati per sé stessi, come individui con un valore inerente relativo ai loro interessi, ma sempre come "altro" - simbolico o magico - che abbia una qualche utilità per noi, effetto di una narrazione antropocentrica. Gli animali come mito della nostra storia, nella nostra storia, quindi, e non come individui, soggetti dotati di una loro individualità a prescindere dal nostro sguardo.
Esaltare l'animalità è uguale a denigrarla. In ogni caso non si tiene conto della realtà specifica ed etologica degli animali, ma solo di ciò che noi, quasi leggendariamente o basandoci su stereotipi, proiettiamo sulle loro esistenze.
Gli altri animali non sono i nostri spiriti guida, non hanno proprietà divinatorie, non sono in contatto con l'aldilà o altro.
Gli altri animali vivono in questo pianeta, semplicemente, e quel che gli dobbiamo è rispetto. Non amore, non adorazione perché non sono Dei, ma soggetti in corpi vulnerabili, mortali, esattamente come noi.