lunedì 6 gennaio 2020

Vite da smontare

"Il mio letto - un lettino da campo in ottone preso al mercatino delle pulci, militaresco e confortante - mi era sempre sembrato il posto più sicuro al mondo per nascondere qualcosa. Ma adesso, guardandomi attorno (la scrivania sgangherata, il poster giapponese di Godzilla, la tazza dei pinguini presa allo zoo che usavo come portapenne), percepivo la natura precaria ed effimera di quelle cose; e non sopportavo l'idea che uscissero dall'appartamento, i mobili e l'argenteria e i vestiti di mia madre: abiti da vendite speciali con ancora i cartellini, tutte quelle ballerine colorate e le camicie su misura con le iniziali sui polsini. Sedie e lampade cinesi, i vecchi vinili di jazz che aveva comprato al Village, i barattoli di marmellata e di olive e di senape tedesca piccante che c'erano nel frigorifero. Nel bagno, una stupefacente collezione di oli profumati e lozioni idratanti, bagnoschiuma colorati, flaconi mezzi vuoti di shampoo troppo costosi ammucchiati vicino alla vasca (Kiehl's Klorane, Kérastase, mia madre ne teneva sempre di cinque o sei tipi). Come aveva fatto il nostro appartamento a sembrare così solido e reale, quando invece era soltanto una scenografia in attesa di essere smontata e portata via? [...] Alle otto di quel lunedì mattina i traslocatori si presentarono a Sutton Place e si misero a smantellare l'appartamento e a inscatolare roba. Un tizio che vendeva libri usati venne a vedere i volumi di arte della mamma e un altro tizio venne per i mobili e, prima che me ne rendessi conto, la mia casa si stava dissolvendo davanti ai miei occhi a una velocità che mi dava la nausea."

(Il cardellino, Donna Tartt)

La grande letteratura ha il potere di comunicare sentimenti e sensazioni universali e di farti sentire quello che altri hanno vissuto seppure in contesti, situazioni e realtà del tutto diversi.

Così in questi giorni in cui ho iniziato a smantellare l'appartamento dove viveva mio padre, e dove prima ancora aveva vissuto con mia madre, mi ritrovo a leggere e rileggere questi passaggi, sentendoli così miei, così veri, così assolutamente in sintonia con il mio stato d'animo. Ovviamente le esperienze di vita del protagonista del romanzo di Donna Tartt sono molto diverse dalle mie, ma quello che si prova nel vedere a poco a poco portar via i mobili e le cose cui associamo i ricordi di una vita - vita che un tempo era stata reale e concreta - sono molto simili.
Ho visto smontare la libreria in due pezzi e l'ho vista passare a fatica attraverso la porta di casa, quella libreria che per me ha sempre simboleggiato la figura paterna, solida e ingombrante, piena di libri misteriosi e alcuni più comprensibili, cui mi avvicinavo con timore reverenziale. Ricordo tutte le volte in cui mi sono seduta per terra a leggere, la sensazione del sedere gelato sul pavimento, del bruciore degli occhi e dello scorrere del tempo attraverso il cambiamento della luce che filtrava dalle persiane; ricordo le volte in cui tiravo fuori il volume delle favole de I quindici e rileggevo per l'ennesima volta le mie storie preferite, quella di Zio Lupo, di Riccioli d'oro e i tre orsi e del ponte con la strega. Ricordo l'odore della carta, del legno, dei volumi rilegati in pelle (ahimè) dell'Enciclopedia Universale e dei libri d'arte.
Sono pezzi di vita, flashback del passato che sono usciti da quella porta, non semplicemente mobili.
Ma leggere Donna Tartt mi dà conforto, mi solleva sapere che le mie sensazioni non sono particolari, ma universali. Sono quelle di una condizione comune. Questo è il potere della letteratura, della vera letteratura. Farci sentire meno soli e più compresi.
Mi sorprende e mi scalda il cuore la sincronicità di queste pagine in questo periodo della mia vita.

9 commenti:

Giovanni ha detto...

pensieri da ascoltare, i tuoi. trovo molto difficile dire da parte mia qualcosa di sensato, ma mi suscitano a loro volta, pensieri per me, perché quando vediamo lasciarci qualcuno, prima o poi riflettiamo sempre su che cosa rimane di noi e su quanto velocemente si volatilizzi. Grazie, Rita

Rita ha detto...

Grazie a te, Giovanni.
Sì, indubbiamente questo tipo di esperienza porta anche a riflettere sulla nostra stessa mortalità e sulla natura effimere delle nostre esistenze. Per questo la gente fa i figli, immagino.

Anonimo ha detto...


Sul lungo binario di continui arrivi e partenze, la verità è che siamo soli.

Rita ha detto...

Di fronte alla morte, assolutamente.

Anonimo ha detto...

Di fronte un pò a tutto.
Dimmi quale rapporto che non sia quello con te stessa hai la certezza che durerà.
Io nel 2019 ho visto mancare un amico in un incidente stradale, e una zia a causa di un male incurabile.
Ho chiuso una relazione durata anni con una persona che fino al giorno prima di lasciarci si diceva convinta di amarmi.
Qualche amico per necessità si è trasferito all'estero e non ci si vede quasi più.

Dopodichè si fanno incontri nuovi, ma tutti sempre all'insegna dell'incertezza su quanto dureranno. Come in Vita di Pi, il nostro percorso è minato da continue separazioni, alle quali possiamo rimediare solo cercando nuovi effimeri entusiasmi.

Detto ciò ... viva la vita, buon anno e un brindisi a chi legge ^___^

Rita ha detto...

Sì, è vero. Diciamo che il senso di effimero e precarietà è il segno distintivo dell'esistenza.
A me comunque non spaventa tanto questo tipo di solitudine qui, quella data dal finire delle relazioni, dalla perdita di amicizie, contatti ecc., quanto quella interiore data dall'impossibilità di comunicare i proprio pensieri, il disagio psicologico di fronte a questioni esistenziali o psichico, in tanti casi. Il malessere ecc.

Ecco, di fronte all'impossibilità di comunicare i miei stati d'animi in modo congruo e di fronte all'impossibilità di sapere di essere davvero compresa o meno ho sperimentato il maggior senso di vuoto, di solitudine, di angoscia.

E in questi casi mi ha spesso aiutato la letteratura.

Rita ha detto...

P.S.: buon anno anche a te! Un brindisi alla vita, comunque sia, ché tanto è sempre in continua evoluzione, pure quando tutto sembra fermo e stantio, basta poco per scompigliare le carte e rimettere tutto in gioco.

Anonimo ha detto...

Quanto hai ragione. La vera solitudine è soprattutto non riuscire ad esprimere ciò che sentiamo e non sentirci compresi nei nostri disagi.
Grazie per le risposte :)

Rita ha detto...

Grazie a te!