Lo specismo ha una semplice idea alla base: quella dell'inferiorità degli altri animali.
Si tratta di un pregiudizio culturale profondo che poi ne giustifica ogni tipo di sfruttamento, abuso, violenza, ma anche indifferenza e comunque esclusione dalla sfera morale dei diritti. È ozioso stare a chiederci quando e come questo è avvenuto e se mai avesse potuto essere effetto di qualcos'altro perché nei secoli oramai è diventata una causa funzionale e bastevole a sé stessa per continuare a giustificare il trattamento ignobile che riserviamo agli animali.
Quando parlo di trattamento ignobile non mi riferisco soltanto allo sfruttamento degli animali per trarne profitto (allevamenti, macelli ecc.), ma all'insieme di pratiche che adottiamo nei loro confronti: derattizzazioni, disinfestazioni, abbattimenti selettivi o meno, caccia e pesca cosiddette sportive, indifferenza nei confronti delle loro malattie, patimenti, fame, sete, infortuni, incidenti, compravendita di cuccioli, uccellerie, mercificazione di ogni tipo, ma anche pietismo, o, al contrario, attribuzione di qualità magiche, simboliche e comunque in generale il sentimento di essere in qualche modo superiori.
Tutto questo è lo specismo ed è questo che dobbiamo cambiare culturalmente perché è inutile mostrare le sofferenze di cui sono vittime dentro gli allevamenti e i mattatoi se in qualche modo continua a persistere la convinzione radicata che essi siano comunque inferiori e quindi sacrificabili per i nostri interessi poiché le loro esistenze hanno meno valore.
In questi giorni, come ho scritto in qualche post sotto, sto rileggendo 1984 di Orwell. Un romanzo del secolo scorso, non del seicento e nemmeno ottocento. Eppure, quanto specismo trapela da quelle pagine, nonostante sia un romanzo meraviglioso.
Tutto ciò mi ha dato la misura di quanto, ancora nel secolo scorso e purtroppo tutt'oggi, non abbiamo modificato di una virgola la concezione dell'animale-macchina introdotta da Cartesio nel 1600.
Orwell scrive, a proposito della Neolingua: anatrare, cioè starnazzare in modo meccanico come un'anatra.
Ancora nel secolo scorso, ma quel che è peggio ancora oggi, non si riconosce agli altri animali nemmeno la capacità di comunicare: essi emettono versi, in modo ridotto, meccanico, istintivo, per richiamare i piccoli, al massimo, o per esprimere paura. Quando raccontiamo le loro gesta facciamo riferimento all'istinto, non gli riconosciamo intelligenza o azione intenzionale. Solo istinto.
Tutto questo è lo specismo: l'ignoranza sugli altri animali, l'esaltazione della nostra specie in opposizione alla loro denigrazione, e la diversa considerazione morale che ne derivano, anzi, l'esclusione proprio della loro esistenza dalla morale poiché sono oggetti, o al massimo esseri inferiori da tutelare giusto un po', giusto per mostrarci magnanimi (ancora una volta esaltando noi stessi).
Dobbiamo combattere questo. Lo specismo.
Come? Raccontando la verità sulle altre specie, su questi individui, chi sono, cosa fanno, come vivono.
L'antispecismo deve partire da qui, dal riconoscimento della loro capacità di avere esperienza del mondo - questo significa essere senzienti - per arrivare a una considerazione morale paritaria alla nostra.
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