venerdì 22 novembre 2019

Una testimonianza


Oggi riporto la testimonianza di un ragazzo che ho conosciuto su Facebook e che, a poco a poco, vedendo quello che pubblicavo sugli animali, ha deciso di approfondire l'argomento e infine di diventare vegano, coinvolgendo anche suo fratello. 
È bello sapere che non si scrive invano, che quando si posta o condivide un video, un pensiero, una riflessione, qualcosa là fuori, arrivi. 

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Sono vegano da tre mesi. Ho iniziato a non nutrirmi più di animali e dei loro derivati nei primi giorni di agosto. A dire il vero, abbiamo iniziato. Perché si è aggiunto anche mio fratello.
La nostra famiglia e le persone che ci conoscono sono rimaste un po' interdette quando l'hanno saputo. Alcuni ritengono che sia una moda passeggera, una specie di blackout dal quale usciremo grazie all'appetito; altri invece sostengono che abbiamo deciso di passare al veganismo per adattarci ad un regime alimentare sano e in grado di farci stare bene fisicamente. Ovviamente non è così.

Prima di diventare vegani abbiamo preso coscienza di quello che succede agli animali non umani, esseri senzienti dotati di intelligenza, emozioni, sentimenti e caratteristiche fisiche atte alla loro sopravvivenza. Abbiamo avuto la possibilità di vedere coi nostri occhi gli orrori perpetrati nei mattatoi. Abbiamo visto il filmato di un vitellino che cammina in una specie di corridoio stretto - in modo che non possa voltarsi per tornare indietro - e viene spinto verso il suo carnefice con le scariche elettriche di un pungolo. Il cucciolo cerca disperatamente di voltarsi perché sa a cosa sta andando incontro. Pochi secondi prima è toccato ad un suo simile. Sapete già come va a finire.

Abbiamo visto il filmato di una mucca che insegue il suo piccolo, chiuso in una gabbia e potato via su un furgone. La mamma non si arrende e lo segue. Istinto materno. È la prima cosa che ci siamo detti una volta terminata la visione. Abbiamo saputo dei pulcini maschi tritati vivi in quanto inutili al consumo degli umani.
Un altro filmato mostra un maiale che attacca il macellaio che sta per sgozzare quello che potrebbe essere il suo fratellino. I versi disperati del poverino non mi hanno fatto chiudere occhio per tutta la notte. Il modo in cui ha fermato l'aguzzino ed è subito corso dall'amico mi ha aiutato a capire che cos'è il veganismo o, come ormai lo chiamano in molti, l'antispecismo.

È una presa di coscienza. È la consapevolezza di godere di una condizione di privilegi in quanto individui dotati di raziocinio e di cultura. Ed è proprio in base alla cultura che l'essere umano si è - per così dire - affrancato dalla natura, impadronendosi però delle altre specie senza che gli appartengano. Così sono nati i costrutti socioculturali, religiosi e non, che vedono alcuni animali meritevoli di affetto, cure, premure e, come possiamo notare oggigiorno, soggetti a leggi atte a tutelarli, e altri animali chiusi in gabbia per essere esibiti allo zoo opporre in uno spettacolo circense, uccisi per essere trasformati in prodotti, mangiati per soddisfare il palato o usati come vestiti per alimentare la moda capitalista e consumistica.

Sì, il fatto di essere contro la violenza contro cani e gatti non significa che amiamo gli animali, specialmente se poi rompiamo le palle per andare all'acquario o comprare la borsa realizzata con la pelle di coccodrillo. Perché il maiale, la mucca, la gallina, la pecora e la capra, il polpo e il salmone sono senzienti quanto loro. Recenti studi scientifici hanno confermato che il maiale possiede un livello di intelligenza superiore a quello di un cane. Eppure al cane lasciamo la possibilità di sviluppare i propri sensi, mentre ad un maiale chiuso in un allevamento intensivo neghiamo persino gli stimoli più elementari costringendolo a vivere una breve esistenza in luoghi angusti, tra i suoi escrementi e perennemente al buio. Forse l'unico raggio di luce lo riceve quando è diretto al macello.

L'uomo ha creato l'oppressione delle altre specie per soddisfare la propria megalomania. E per quanto si prodighi affinché un governo approvi una legge contro la violenza sugli animali, nel momento in cui appoggia il fatto che ad un vitellino venga tolta la mamma affinché non riceva il latte - che per natura è destinato soltanto a lui, non a noi, che così facendo sembriamo gli eterni poppanti - o che altri animali vengano considerati indegni della vita e della libertà, è da ritenersi specista. Nessuno di noi è esente da un passato specista. Ma ognuno di noi può diventare antispecista per riscattarlo, quel passato, e vivere in un futuro migliore, in cui gli animali saranno liberi di crescere i loro figli e di vivere la loro vita senza essere considerati prodotti di consumo per gli esseri umani.

(Vincenzo Postiglione)

2 commenti:

Giovanni ha detto...

una testimonianza potente. l'ho,letta con grane emozione e gratitudine. aggiungo appena il fatto che - nonostante le apparenze - nemmeno cani e gatti godono di così tanti autentici privilegi, anzi per me il cane è la metafora della oppressione zootecnica umana. Ma questo è un altro discorso, che non modifica di una virgola il valore e la forza di questa commovente -sì - testimonanza

Rita ha detto...

Grazie Giovanni, sì, è una bella testimonianza, autentica, sincera, diretta.