Caro papà, oggi è un mese che sei morto. Continuano a venirmi in mente tanti episodi, ricordi, la forma della tua assenza si ricompone a poco a poco di frammenti. Parole, frame di giornate.
Ricordo quella volta che mi insegnasti ad andare in bici senza rotelle. Eravamo al mare, al Lido di Giannella, sull'Argentario, lungo la stradina che tagliava in due la pineta dentro al resort. Ricordo l'odore della resina e gli aghi di pino sotto alle suole, la luce che taglia gli alberi in quella particolare ora del tardo pomeriggio. Sarà per questo che ancora amo tanto le pinete, quelle sul mare, e poi il crepuscolo, il momento della giornata che preferisco. Lo associo a quelle giornate d'estate, quando tutto era una scoperta e una meraviglia e i dolori e le delusioni si dimenticavano in fretta.
Ricordo la consistenza e il colore del sellino di cuoio, e poi della bici, rossa, il mio colore preferito, quale altro, sennò? Tutto rosso mi regalavate, bici, vestiti, cartella per la scuola, o al massimo blu, che comunque col rosso ci stava sempre bene.
Ricordo l'apprensione di mamma - Lucio, attento che la figlia non cada, che non si faccia male, mi raccomando. Quell'apprensione e ansia che, devo dirvelo, un po' mi è rimasta. Paura di fare le cose, ma poi le faccio, e quindi anche coraggio perché il coraggio non ci sarebbe se non ci fosse anche un po' la paura. A volte sono troppo frenata, lo so, dovrei buttarmi di più, come quella volta che mi tuffai nell'acqua dove non si toccava, ma quella è un'altra storia e lì tu non c'eri e nemmeno mamma.
Quella volta con la bici, però, c'eravate tutti e due, a fare il tifo per me. - Vai, sali su, forza, mi dicesti, inizia a pedalare, che ti tengo io. Mi sistemai sul sellino, sicura della tua presa dietro di me, e lentamente iniziai a muovere i piedi sui pedali. Sentivo il brecciolino scricchiolare sotto le ruote, provai i freni, rimisi un attimo giù i piedi, come a saggiare la possibilità di potermi fermare e scendere, e poi ripresi a pedalare, sempre con te che mi reggevi. Piano piano presi un po' di velocità e sicurezza, sempre di più, fino a che a un tratto mi lanciasti e mi dicesti - Vai, ora vai, non ti fermare, continua a pedalare. E io andai e andai, e a malapena ebbi il tempo di rendermi conto che le tue mani si erano sganciate dal sellino e stavo pedalando da sola. Sulla bici senza le rotelle. Come quelle dei bambini più grandi. Da sola. Pedalavo, pedalavo e a un tratto volavo perché ero così felice e tu, voi, così fieri di me che la felicità si raddoppiava.
E ora continuo a sentire quella voce, la tua voce, che mi dice - Vai, vai, non ti fermare, continua a pedalare. E anche se mi volto e tu non ci sei, e manca il sostegno della tua mano, l'incoraggiamento e lo sguardo fiero nei vostri occhi, io continuo a pedalare. Senza rotelle. Come i grandi.
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