Tratto da una pièce teatrale rappresentata a Broadway, American Son è un bellissimo film diretto da Kenny Leon - e una straordinaria prova attoriale: gli attori sono gli stessi che recitano a teatro - che mette in scena i pregiudizi razziali attraverso un dialogo serrato tra una coppia mista (lei afroamericana, lui irlandese) e il personale di una stazione di polizia della Florida.
Interamente girato in una stanza, con telecamera quasi fissa, a parte qualche fuori campo di pochi secondi, la prima scena ci catapulta subito nel vivo della vicenda, senza alcuna introduzione: sono le prime ore del mattino, la luce di un'alba livida sotto la pioggia filtra dai vetri dando l'impressione di trovarsi dentro un acquario o in un dipinto di Hopper: prevalgono la rabbia, l'incomunicabilità della propria condizione, diversa a rispetto a quella di qualsiasi uomo bianco e la solitudine interiore data dalla difficoltà di essere ascoltata e creduta in merito alla certezza che qualcosa di grave sia successo al proprio figlio - solitudine interiore che scaturisce quindi da quella sociale. L'arrivo in questura del marito bianco porta la tensione dello scontro razziale a un altro livello, più interpersonale e psicologico, attraverso uno scambio acceso di battute tra i due coniugi, che ormai però sono separati, non vivono più insieme.
Il tema principale è il razzismo, ma anche il sessismo, l'adolescenza, l'identità, il sogno americano. La donna è una psicologa che insegna all'università, eppure il tenente, che pure è nero, le dice che in un mondo fatto di regole stabilite dai bianchi bisogna stare zitti e al proprio posto, e sarcasticamente le dà della ribelle. Se sei donna, e per di più nera, non bisogna alzare la voce o perseguire il sogno americano, bisogna solo eseguire gli ordini.
Di classe sociale superiore, la donna è vista dal tenente come colei che ha osato proprio raggiungere quel sogno e viverlo. Sogno di vivere da donna libera e che ha trasmesso a sua volta a suo figlio, un adolescente che dopo l'abbandono del padre diventa ribelle e cerca una sua identità mettendo in discussione il sistema entro cui è cresciuto; gli hanno insegnato a far rispettare propri diritti, a non parlare nello slang da strada, a camminare e vestirsi come si vestono i bianchi per garantirgli l'accesso al sogno americano che va in frantumi dopo l'abbandono del padre.
Ci sono tanti temi che si incontrano, scontrano e intersecano in questo dramma sociale, politico, ma anche psicologico, denso di sfumature.
Forse l'aspetto maggiormente complesso è proprio questa ambivalenza tra l'orgoglio della propria identità e il persistente sentimento di una condizione di diversità che, per quanti sforzi si facciano, nell'America odierna ancora è causa di un diverso trattamento morale. Il razzismo esiste ed è più forte che mai, anche per coloro che pensano di avercela fatta a vivere il sogno americano.
Lo trovate su Netflix.
Nessun commento:
Posta un commento