Se i governi avessero veramente a cuore le sorti del pianeta dovrebbero tassare tantissimo i prodotti d'origine animale, aumentarne i costi in modo esagerato, così da disincentivarne il consumo e smettere di dare incentivi agli allevatori, favorendo invece le aziende che accettano di riconvertire la propria produzione; poi dovrebbero tassare tutto ciò che consuma risorse idriche, energetiche e terreni con un rapporto sbilanciato di produzione. Produrre vegetali consuma risorse idriche, ma il rapporto è inferiore rispetto alla produzione di carne che si ottiene con gli stessi quantitativi di acqua ecc.
Questo che sto facendo non è un discorso propriamente antispecista perché l'antispecismo mette in discussione lo specismo, ossia il diverso sistema di valori in cui inquadriamo gli altri animali - e questo a prescindere dall'impatto che l'allevamento ha sul nostro pianeta -, ma sicuramente la liberazione degli altri animali passa anche attraverso un ripensamento dell'attuale economia, purché non si avalli il concetto di carne felice del contadino o metodi di allevamento più ecologici.
Diciamo che a una lotta dei consumi di prodotti che derivano dall'uccisione e sfruttamento degli altri animali va necessariamente affiancata anche quella contro lo specismo inteso come pensiero antropocentrico che considera gli altri animali inferiori e quindi sacrificabili per i nostri interessi.
Io non penso che ci sia un antispecismo politico e uno non politico, l'antispecismo è uno; semmai ci sono diverse strategie da applicare per arrivare alla liberazione animale e una può essere appunto quella di combattere l'economia attuale. Ma la lotta all'economia slegata da un discorso etico che includa il rispetto degli altri animali, lascerà sempre aperta la questione della sacrificabilità degli altri animali che potrebbero essere usati in modo meno impattante o in altri modi.