giovedì 22 agosto 2019

Antispecismo ed economia

Se i governi avessero veramente a cuore le sorti del pianeta dovrebbero tassare tantissimo i prodotti d'origine animale, aumentarne i costi in modo esagerato, così da disincentivarne il consumo e smettere di dare incentivi agli allevatori,  favorendo invece le aziende che accettano di riconvertire la propria produzione; poi dovrebbero tassare tutto ciò che consuma risorse idriche, energetiche e terreni con un rapporto sbilanciato di produzione. Produrre vegetali consuma risorse idriche, ma il rapporto è inferiore rispetto alla produzione di carne che si ottiene con gli stessi quantitativi di acqua ecc.

Questo che sto facendo non è un discorso propriamente antispecista perché l'antispecismo mette in discussione lo specismo, ossia il diverso sistema di valori in cui inquadriamo gli altri animali - e questo a prescindere dall'impatto che l'allevamento ha sul nostro pianeta -, ma sicuramente la liberazione degli altri animali passa anche attraverso un ripensamento dell'attuale economia, purché non si avalli il concetto di carne felice del contadino o metodi di allevamento più ecologici.

Diciamo che a una lotta dei consumi di prodotti che derivano dall'uccisione e sfruttamento degli altri animali va necessariamente affiancata anche quella contro lo specismo inteso come pensiero antropocentrico che considera gli altri animali inferiori e quindi sacrificabili per i nostri interessi.

Io non penso che ci sia un antispecismo politico e uno non politico, l'antispecismo è uno; semmai ci sono diverse strategie da applicare per arrivare alla liberazione animale e una può essere appunto quella di combattere l'economia attuale. Ma la lotta all'economia slegata da un discorso etico che includa il rispetto degli altri animali, lascerà sempre aperta la questione della sacrificabilità degli altri animali che potrebbero essere usati in modo meno impattante o in altri modi.

giovedì 15 agosto 2019

Il sistema prostituente opprime le donne

Il modo più subdolo usato da chi opprime per continuare a mantenere il dominio è convincere le vittime che la loro oppressione non sia tale, ma sia una scelta; convincerle che gli strumenti con cui sono oppresse siano in realtà utili alla propria autodeterminazione.
Ed è così che l'auto-oggettificazione diventa empowerment e che la prostituzione passa per essere una scelta lavorativa tra le tante.

Ora, a chi nega che la prostituzione sia la più radicale e antica forma di oppressione di un sesso sull'altro, faccio questa domanda: come mai non esistono bordelli di soli uomini in cui per guadagnare un tozzo di pane mettono in vendita l'uso del proprio corpo? Come mai nella nostra società non viene affatto incentivata la mercificazione del corpo maschile a tutto vantaggio del privilegio delle donne di poter comprare e usare i loro corpi per il proprio piacere? Ve lo dico io perché: perché la prostituzione è appunto il prodotto di una società maschilista e patriarcale in cui si esercita il dominio maschile sulle donne e non il contrario.

Dunque, la prostituzione potrà essere considerata, al limite, un lavoro come un altro quando paritariamente sarà esercitata anche da uomini bisognosi economicamente e non il contrario, altrimenti rimane una pratica di sottomissione e sfruttamento delle donne da parte degli uomini. Purtroppo i condizionamenti della società patriarcale e maschilista sono tali e talmente radicati che molte donne vengono educate a pensare che sia una libera scelta farsi usare e lasciarsi sfruttare e che sia anche un modo per autodeterminarsi. Ma nello sfruttamento e nella negazione dell'individualità non ci può essere autodeterminazione. Nel sistema prostituente e nell'industria del sesso in generale le donne non vengono considerate individui, ma solo oggetti da usare, buchi interscambiabili su cui svuotarsi. O si è merce da comprare (nei bordelli tedeschi i loro corpi sono in vendita nei listini "all you can fuck" dove per pochi euro il cliente può scegliere quanti più corpi e prestazioni desidera, insieme a una birra e a una salsiccia, a dimostrazione sempre che sono considerate al pari di pezzi di carne da consumare perché lo specismo e il sessismo, ossia lo sfruttamento di donne e animali, vanno sempre a braccetto), dicevo, o si è merce da comprare o si è individui, ma non si può essere entrambe le cose perché la prima condizione nega lo status del secondo.

Chi dice che esistono anche alcune donne che la scelgono liberamente, benissimo, nessuno vieta a queste donne di farlo, tant'è che in Italia non è vietata la prostituzione in quanto tale, come pratica privata, ma solo l'adescamento e lo sfruttamento da parte dei cosiddetti papponi. Invece chi vuole liberalizzarla sul modello tedesco e neozelandese non farebbe che depenalizzare i papponi e rendere legali i bordelli.

Ultima cosa: il femminismo radicale è solidale con le donne in prostituzione e favorevole invece all'adozione di un modello di legge che offra veramente alternative e percorsi di formazione così che possano essere LIBERE di smettere di prostituirsi.

sabato 10 agosto 2019

Il partito che vorrei

Vorrei un partito antispecista e femminista e soprattutto di transizione, cioè che accompagni le persone a pensare, ad autogovernarsi, a liberarsi dai concetti di delega, stato e partiti da votare. Sembra un ossimoro, ma l'anarchia che auspico sarebbe possibile solo a patto di una società consapevole, sveglia, in grado di autodeterminarsi e fare buon uso della propria libertà. Una libertà nel rispetto di tutte, ma proprio tutte le soggettività viventi. 
Un partito che inviti e formi al pensiero critico volto al disconoscimento e distruzione del partito stesso una volta sopraggiunta la maturità per autodeterminare le proprie esistenze.
E nel frattempo invece prendo tristemente atto del fatto che per scongiurare una pericolosa alleanza di destra, becera e conservatrice, tocca auspicarsi una collaborazione tra PD e Cinquestelle. Un PD che ho sempre detestato perché per nulla progressista sui temi che mi interessano.

giovedì 8 agosto 2019

Il modo in cui trattiamo gli animali ci parla di noi


La maggior parte delle persone non conosce affatto gli animali di cui si ciba; ne ha un'idea stereotipata funzionale al mantenimento del loro sfruttamento.
Ora, è spesso vero che alcuni stereotipi corrispondono alla realtà, ma dovremmo chiederci come ci si sia arrivati a formare una data realtà. 
Per esempio, è vero che i maiali negli allevamenti sono pigri e grassi, che pensano solo a mangiare, che mostrano comportamenti limitati, o aggressivi o che fanno cose stupide, e sono sempre sporchi e puzzano poiché si rotolano nei loro escrementi. Ma questa è la realtà che noi abbiamo creato per loro. Siamo noi che li costringiamo in spazi esigui e li teniamo tutti ammassati e in mezzo ai loro escrementi. D'altra parte, se costringiamo questi individui a vivere così, cosa potremmo aspettarci dal loro comportamento? Ovvio che non abbiano possibilità di interagire e socializzare in modo sano e che si riversino sul cibo perché è praticamente l'unica gratificazione che viene loro concessa. 
Ora, fate lo sforzo di immaginare individui appartenenti alla vostra stessa specie nati e cresciuti dentro una stanza lurida, senza mai avere il minimo stimolo dalla realtà del mondo fuori. Come credete che vi comportereste? Sareste delle bestie fuori controllo oppure apatiche, prive di ogni volontà.

La cosa più terribile che facciamo a questi animali non è soltanto quella di farli nascere per trasformarli in prodotti e ucciderli, ma è soprattutto quella di privarli della loro etologia ed evoluzione. Gli animali negli allevamenti si comportano tutti allo stesso modo perché vivono tutti allo stesso modo, o meglio, sopravvivono, in quel lasso di tempo che passa dallo svezzamento all'ingrasso e fino a che non vengono spinti sui camion per essere portati al macello.

Quando dite che i maiali sono stupidi, sporchi e aggressivi state soltanto descrivendo il modo in cui noi li trattiamo.

E così è per le galline, le mucche e tutte le altre specie che schiavizziamo e uccidiamo.

Foto presa dal web.