La vivisezione, tra tutte le pratiche speciste e violente, è sempre stata quella che mi ha maggiormente indignato, angosciato, e non perché sia inutile o dannosa anche per gli umani, ma perché è inaccettabile a prescindere.
Giorni fa sono stata a una visita oculistica, niente di grave, un banale controllo. Mentre ero lì, nella stanza con il medico, appoggiata all'apparecchio con cui mi stava controllando gli occhi, tenuta a stare immobile, ferma, mi è preso un mezzo attacco di panico. Mi è preso perché in quel momento mi sono immedesimata con gli animali reclusi nelle gabbie a vita, costretti a subire ogni tipo di test più o meno invasivo (ma se ci pensi bene, tutti sono invasivi perché, letteralmente, invadono il loro corpo, violano la loro libertà e fisicità) e a stare immobili negli apparecchi di contenzione. Ecco, quando noi subiamo delle visite diagnostiche, anche fastidiose, comunque sia è nel nostro interesse, consapevoli che dureranno poco, ci viene spiegato il perché e per come, il motivo, veniamo rassicurati, sappiamo cosa e perché ci stanno facendo. Ma questi animali, questi sottoposti alla sperimentazione, provano e sentono solo dolore, panico, angoscia, terrore puro. Per tutta la durata della loro esistenza, breve o meno a seconda del tipo di esperimento per cui vengono usati, vivono in gabbie strette, senza mai vedere la luce del sole, senza mai uscire, senza mai conoscere la libertà. E soffrono pene atroci, fisiche e mentali. Prova a immedesimarti. Per un attimo. Negli apparecchi di contenzione. Prova a immedesimarti al risveglio da un'anestesia, tutto dolorante, con il corpo e gli organi mutilati, senza sapere cosa ti hanno fatto e perché; o sottoposto a test di tossicità, costretto a respirare sostanze urticanti, soffocanti. E mi fermo qui. Mi fermo qui...
E se dici che gli altri animali sono diversi da noi perché sono meno consapevoli di noi*, ecco, questa semmai è un'aggravante perché il fatto di non sapere cosa li stia attendendo, il motivo per cui sono lì, gli fa sperimentare, semmai, un orrore ancora più assoluto. Ancor peggiore di quello che potremmo sperimentare noi se fossimo al loro posto, prigionieri di qualche pazzo sadico, perché potremmo sempre sperare nella compassione, potremmo parlarci, provare a farlo ragionare, o sul fatto che qualcuno venga a liberarci.
Non sono consapevoli del perché si trovano in quell'incubo, ma lo sperimentano, lo vivono, lo subiscono.
Ecco, pensa agli Ebrei nei campi di concentramento. Sono sicura che speravano tutti sul fatto che i loro simili non ancora del tutto impazziti avrebbero fatto qualcosa per liberarli. E difatti così è stato.
Ma gli altri animali urlano e comunicano senza essere nemmeno capiti, figuriamoci ascoltati. Cosa potranno mai sperare?
La vivisezione per loro è un'eternità di orrore. Un incubo senza fine.
Per questo ieri sono stata felice di partecipare al corteo nazionale a Parma.
È stato un bel corteo a cui hanno aderito tantissime associazioni e singoli, gruppi più diversi.
Ora, non sono una di quelle che fa attivismo con tutti e che collabora indiscriminatamente con qualsiasi associazione o gruppo perché penso che i contenuti e le modalità e le strategie di lotta non siano tutte uguali e ritengo alcuni più appropriati di altre. Però penso anche che ci siano contesti e obiettivi in cui l'unione sia importante; anzi, di più, fondamentale. Quello di ieri era uno di quei contesti. E continuerà a esserlo nei mesi che verranno. Non importa chi organizza, chi organizzerà, come organizzerà, se alcuni slogan magari non sono e non saranno quelli che avresti detto tu, se ci sono e saranno persone e personaggi che stanno poco simpatici. Importa diventare marea, massa capace di farsi ascoltare, dai media e dalle istituzioni.
Massa capace di diventare forza politica. Di spostare i pesi, di mettere paura, di chiedere e ottenere. Dobbiamo essere tanti e determinati.
Che Parma possa diventare una nuova Green Hill, che da 500/1000 che siamo stati ieri, potremo arrivare a 10.000, 50.000, 100.000 a urlare davanti a quei cancelli oltre i quali sono richiusi i macachi e altri animali.
Lo so che ognuno ha i suoi impegni, anche tu che mi leggi, le sue difficoltà quotidiane, che viaggiare costa e che quasi tutti noi attivisti dobbiamo gestire quotidianamente anche tanti animali che vivono con noi, ma se ci si organizza, si può, si può fare, le cose si riescono a fare. O ci si prova, almeno.
La lotta è per i nostri fratelli animali, per opporci in massa a pratiche violente, oppressive, speciste. Pensati al loro posto. Quanto avresti voluto che qualcuno fuori avesse lottato per te, per liberarti?
*quando dico che sono meno consapevoli di noi, mi riferisco ovviamente al fatto di comprendere il senso di quello che gli sta accadendo in quel preciso contesto, non in generale. Gli altri animali sono sempre e comunque individui senzienti, in grado di avere esperienza del mondo. E dovrebbero essere soggetti della loro stessa vita, non oggetti da usare per i nostri interessi.
Foto dall'album di Bruno Stivevic.
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