Oggi assistiamo a un crescendo della rivendicazione dell'orgoglio carnista, ossia di persone che sentono la necessità di esternare e rimarcare la loro identità carnista tramite vari mezzi: facendosi foto con bistecche, scrivendo post che sfottono i vegani, comunicando sotto ai video di allevamenti e mattatoi l'intenzione di mangiarsi maialini e costolette di abbacchio e via dicendo.
Questa polarizzazione di due gruppi, uno conservatore che non vuole rinunciare al panino al prosciutto e l'altro rivoluzionario che lotta per l'affrancarsi della società da dinamiche di dominio e mercificazione dei corpi, è destinata ad aumentare.
L'aspetto interessante è che il carnismo non è più dato per scontato, ragion per cui si sente il bisogno di disinformare sul veganismo, di denigrare chi si fa portavoce della battaglia antispecista, di sviare il discorso dalle vittime animali e di rafforzare invece la propria posizione (anche con campagna mirate che dicono quanto faccia bene il latte e la carne).
Non la vedo come una cosa negativa, vuol dire che la normalità del mangiare animali comincia a traballare.
Una mia amica che guarda la televisione mi riferisce, a sostegno di quanto dico, che non c'è giorno in cui non si faccia disinformazione sul veganismo. Si dice che fa male, che sottrae energie, che è una forma di ortoressia e altre amenità simili.
Tutto falso. L'unica cosa vera che non si dice - e che si dovrebbe dire! - è che il veganismo è una scelta etica che nasce dal rifiuto di continuare a prender parte allo sfruttamento, schiavitù e uccisione di miliardi di individui senzienti.
L'unica cosa che mi sottrae energie, da vegana, è vedere l'indifferenza delle persone nei confronti dello sfruttamento animale e dover rispondere alle idiozie di chi, a fronte di un video sui macelli, ti risponde che "anche le piante soffrono".
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