Libro coraggioso e ben scritto.
La storia di un corpo, ovvero l'autobiografia di una donna che prova a sezionare, strato dopo strato, gli innumerevoli chili di grasso che la ricoprono per scoprire e raccontare la sua verità.
"Questo libro è una confessione. Ecco le parti più brutte, deboli e scoperte di me. Ecco la mia verità. Ecco una storia del mio corpo, perché spesso le storie dei corpi come il mio vengono ignorate, liquidate in due parole o derise. La gente vede corpi come il mio e fa le sue deduzioni. Crede di conoscere il perché del mio corpo. Non lo conosce. Questa non è la storia di un trionfo, ma è una storia che merita di essere raccontata e merita di essere sentita.
Questo è un libro sul mio corpo, sulla mia fame e, in ultimo, sullo scomparire e perdersi e voler essere visti e capiti, volerlo con tutte le proprie forze. È un libro sull'imparare, anche lentamente, a concedersi di essere visti e capiti.".
Roxane Gay ha 12 quando viene stuprata da un branco. Un branco di cui faceva parte anche il ragazzo di cui si credeva innamorata. A dodici anni ha scoperto tutta la violenza e l'umiliazione che si può infliggere a un corpo usato come fosse un oggetto. Ha scoperto cose che, alla sua età, nemmeno sapeva fosse possibile fare su di un corpo.
Da allora, dopo quel momento, incapace di raccontare il tutto ai suoi genitori e convinta che in qualche modo si fosse meritata tutto quello schifo, tutta quella violenza, inizia una battaglia contro il suo corpo. Trova conforto nel cibo. Il cibo non fa domande, non giudica, offre una gratificazione immediata ed è la chiave per continuare a vivere senza essere visti. Può sembrare un paradosso che un corpo grasso risulti invisibile, eppure è questo che accade ai grassi di tutto il mondo. Il grasso che li ricopre rende invisibile ciò che c'è sotto. Magari si pensa di sapere chi c'è, i motivi per cui mangia fino a scoppiare, ma è solo una falsa verità fatta di pregiudizi e luoghi comuni.
Raccontando la storia del suo corpo, Roxane, attivista femminista, scrive anche un saggio accorato sull'ipocrisia della nostra società.
Una cosa mi ha colpito in particolare, ossia la discrepanza tra ciò che pretendiamo di definire come giusto e corretto e il sentirsi comunque a disagio in un corpo che non corrisponde ai canoni della società.
Parlo a nome di noi donne tutte che intellettualmente e consapevolmente rifiutiamo di essere imbrigliate in assurdi canoni estetici e sappiamo che siamo altro dal nostro girovita o grandezza delle cosce, ma nonostante ciò non basta saperlo per farci accettare serenamente il nostro corpo e per avere un buon rapporto con esso, al di là della taglia che indossiamo.
La discrepanza tra il sapere a livello intellettuale e il sentire a livello emotivo.
E questa è una problematica, cioè, un sentire, intimo e personale, che molto ha a che vedere con il posto che noi donne da sempre ci cerchiamo nel mondo.
Ci insegnano a essere gentili, aggraziate, silenziose, moderate, a occupare, letteralmente, poco spazio.
Ingrassare o dimagrire, avere una fame insaziabile, o al contrario, sopprimere la fame, va oltre questo bisogno atavico del mangiare, è una risposta alla cultura dominante, al biopotere, al patriarcato e al mito dell'efficienza e del controllo da parte della società, dei genitori, degli amici, dei parenti, di chiunque pensi che esista un modo giusto di essere e uno sbagliato.
Leggendo la storia del corpo di Roxane vengono in mente tante riflessioni, riflessioni come questa sopra, però mi sembrerebbe di farle un torto ad azzardare altre letture perché il libro è in primo luogo la sua storia e credo che meriti di essere letta e ascoltata per quella che è, senza intellettualizzarla troppo e senza personalizzarla; ognuna di noi si riconoscerà in qualche frase, in qualche suo pensiero, anche quelli in cui racconta la violenza che ha subito (chi di noi non ha mai subito molestie sessuali, per quanto lievi? Ma chi può dire quanto una molestia sia lieve o profonda se non la diretta interessata?), ma Fame è innanzitutto la storia del corpo di Roxane, un corpo che finalmente trova il coraggio di venire allo scoperto e di mostrarsi per quel che è. Con vergogna. Lo fa con tanta vergogna. E quasi ci sentiamo in imbarazzo con lei. Con lei, non per lei. E questo, credo, non le dispiacerebbe sentirlo. Che siamo con lei. Che la vediamo, la sentiamo, la capiamo. Finalmente smettendo di giudicarla, di giudicare il suo corpo. Che è il suo corpo. Né giusto e né sbagliato, ma vero, esistente. E quando dico né giusto e né sbagliato non sto facendo l'ipocrita apologia del "grasso" o mimando uno di quegli stupidi slogan che affermano che "grasso è bello". No, sto solo dicendo che bisogna sospendere ogni giudizio e fermarsi a sentire cosa ha da dire.
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