domenica 11 febbraio 2018

Limiti del benessere animale


La maggior parte delle persone si dichiara contraria alla violenza sugli animali. È pronta a inveire contro qualsiasi tipo di maltrattamento su cani e gatti. Però giustifica quanto avviene dentro allevamenti e mattatoi poiché non è abituata a considerare maiali, mucche, polli, galline, vitelli, pesci alla stressa stregua degli animali cosiddetti domestici. 
Riconosce che soffrano e che abbiano un certo grado di senzienza al punto tale da condannare gli abusi, i maltrattamenti aggiuntivi e le condizioni in cui vengono allevati, ma non al punto da mettere in discussione il concetto di farli nascere appositamente e allevarli per trasformarli in prodotti.
Quindi, quando le si mostra un video o un'immagine o le si descrive una pratica, anziché dire "io non voglio esser complice di questo orrore", risponde che dovrebbero migliorare le condizioni degli allevamenti.
Che è un po' come se io vedessi un cane che sta per essere fatto a pezzi e senza fare nulla di concreto per fermare il suo assassino dicessi: "beh, ci vorrebbe proprio qualche legge per fare in modo che venisse fatto a pezzi in modi meno brutali".

La realtà degli allevamenti e dei mattatoi è quella mostrata nei tanti video di denuncia. Non è una realtà che può migliorare perché: uno, non sarebbe conveniente per il profitto; due, mercificare gli animali è la negazione più grande che si possa fare della loro individualità. 
O li si considera individui - e non è così nell'industria della carne, latte, uova, pesce perché sono solo risorse rinnovabili, considerati in virtù di una funziona specifica ("dare" carne, latte, uova ecc..) - o li si percepisce già come prodotti o macchine produttrici di qualcosa.
Nell'affermazione "dovrebbero esser trattati meglio" c'è una dissonanza cognitiva forte perché se si ammette che dovrebbero esser trattati meglio, allora significa che, seppur in una certa misura, si riconosce loro la capacità di sentire, soffrire, ecc., e però al tempo stesso si nega questa informazione per continuare a giustificarne la pratica di ucciderli e usarli nei modo più svariati.

Quindi, quando si dice di voler migliorare le condizioni degli animali negli allevamenti, intanto, continuando a comprarli una volta trasformati in prodotti, si sta dando appoggio esattamente a quella stessa realtà che ha provocato indignazione, secondo poi si sta confermando e rafforzando l'idea che mucche, polli, maiali, vitelli, pesci non siano singoli individui, non siano nemmeno esseri viventi, ma semplicemente risorse rinnovabili, merci, cose, oggetti.

E questo non è vero. Non sono oggetti, non sono macchine, non sono automi, sono individui intelligenti capaci di stringere relazioni, di vivere un'esistenza autonoma, cioè indipendentemente da noi (che non siamo il centro dell'universo, misura e motore di tutte le cose) e non esistono per soddisfare i nostri capricci, il nostro palato, men che meno per darci profitto economico.

Bisogna sforzarsi di studiare CHI sono gli altri animali, se proprio non si vuole o non si ha la possibilità di osservarli dal vivo. E si scoprirà che quelle che la maggior parte delle persone pensa esser esistenze limitate, in realtà sono mondi che esistono al di là dei confini della percezione della loro mente.

I limiti del "benessere animale" sono i limiti della nostra mente.

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