giovedì 23 novembre 2017

Limiti


Una delle obiezioni che viene fatta più di frequente a chi si occupa degli animali non umani è che dovremmo occuparci della sofferenza all'interno della nostra specie.
Dirò una cosa che può sembrare una provocazione, ma non lo è (noi di NOmattatoio abbiamo sempre riflettuto anche su questo e ne abbiamo parlato spesso durante i presidi).
Come giustificare il fatto che per avere la fettina già bella e confezionata, al netto di sangue, urla e violenza, si "obblighi" un'intera categoria di persone - i macellai e in una certa misura anche gli allevatori - a svolgere un lavoro che è violento, alienante, desensibilizzante, sporco, che provoca traumi psichici devastanti, tra cui la totale dissociazione cognitiva?
Le statistiche e le tante interviste ottenute da ex macellai ci dicono che nei macelli lavorano le persone più disperate e povere, che hanno incubi di notte, che dopo un tot di tempo si danno al bere per dimenticare le urla degli animali che uccidono, che si abbrutiscono, che cominciano ad adottare comportamenti violenti anche all'interno della famiglia, ormai resi incapaci di distinguere tra "violenza legittima" - cioè quella legalizzata dentro i macelli - e violenza tout court; e del resto, l'abbiamo sempre detto, come si può regolamentare la violenza? Perché sgozzare un maiale dovrebbe essere lecito, mentre prenderlo a calci no?
Il punto importante è che i macellai per poter fare quello che fanno si devono auto-convincere che gli animali siano cose o che siano cattivi, stupidi, esseri insulsi che meritano di morire. Ma come fare quando davanti a te hai un maiale che urla come un bambino perché ha capito cosa gli sta per accadere e si dibatte, scalcia, lotta con tutte le sue forze per non entrare nella gabbia di contenzione? Come fare quando un cavallo ti guarda con rassegnazione? Come fare quando un agnellino di poche settimane o un vitellino che nemmeno si regge sulle zampe piange insistentemente per chiamare la sua mamma?
Ci vuole coraggio per convincersi che siano solo pezzi di carne da smontare!
E quel coraggio richiede una progressiva desensibilizzazione psichica, richieda un enorme lavoro di rimozione, negazione e dissociazione. Praticamente un lavoro mentale continuo fino a che si arriva a non sentire più niente. Niente.
I mattatoi sono contenitori di violenza. Sacche di violenza sparse nella nostra società in cui lavorano persone che fanno cose che noi non faremmo mai. E legittimiamo tutto ciò per avere la fettina di carne bella e pronta.
Questo è lottare per i diritti umani?
Vi sembra giusto?
Se non uccidereste un agnello con le vostre mani, pensate sia giusto che debbano farlo altri al posto vostro?
Ovvio, questo è un argomento indiretto. Un mega argomento indiretto. Io penso che gli animali non debbano essere uccisi perché sono soggetti della loro stessa vita e non oggetti per soddisfare un capriccio di gola e per riempire le tasche di chi li sfrutta, ma quando vi diranno che bisogna pensare prima agli esseri umani, parlategli un po' dei macellai, parlategli un po' anche di questo e vediamo fin dove arriva la tanto decantata umanità di molti.
Un'altra cosa: in un dibattito filosofico recente, quello tra il filosofo Caffo e il filosofo Zohk, il secondo ha tentato di giustificare lo sfruttamento degli animali asserendo che gli animali soffrono in misura minore degli esseri umani.
Ora, con tutto il rispetto per entrambi, io penso che se la filosofia è ancora ferma alle categorie di minore, maggiore, superiore, inferiore quando si parla di specie, evidentemente è rimasta molto indietro; praticamente come se Darwin non ci fosse stato. 
Le differenze tra noi e gli altri animali non sono di grado, ma di qualità. Siamo specie diverse. 
E giustificare massacri basandosi sulla diversità evoluzionistica, quindi di intelligenze, comportamenti, linguaggi ecc., adottando parametri antropocentrici stabiliti dalla nostra specie perché, è ovvio, si ha tutto l'interesse nel dimostrarsi superiori per poter continuare a sfruttare le altre, è semplicemente, specismo. Che è ciò che si contesta. Le basi. Queste sono le basi della filosofia antispecista.
Ultima cosa: gli animali si sfruttano per profitto. Sono schiavi a costo zero. Quindi chi detiene il potere economico e la politica che si intreccia con esso avrà sempre tutto nell'interesse nel mentire per giustificarne lo sfruttamento.
Tanto che di recente in Inghilterra la Camera dei Comuni ha votato un provvedimento proposto dai Tories per cancellare il punto sulla coscienza e capacità di sentire dolore degli animali nello European Union Bill, il documento che stabilisce quali leggi resteranno in vigore dopo la Brexit; ora è interessante sapere che l'80% delle norme sul benessere animale proviene proprio dall'Europa, ma se il punto sulla senzienza degli animali dovesse passare definitivamente queste norme sarebbero destinate a cadere, con tutto vantaggio degli allevatori e ricercatori che così non avranno più limiti etici nello sfruttare e fare esperimenti sugli animali.
Cosa vi dice tutto ciò? Che l'economia è il vero problema. Cioè il Potere di chi ha tutto l'interesse nel continuare ad avere i suoi schiavi a costo zero.
E, secondo me, una filosofia che non sappia tener conto di questo, ossia che ancora si presta a discutere del sesso degli angeli (se gli animali soffrono come o meno di noi, ma suvvia...), ossia una filosofia incapace di farsi politica in senso ampio, è una filosofia ancora molto arretrata, molto vecchia, stantia.

E il veganismo questo è: rinuncia alla violenza, all'oppressione, al dominio, al Potere di pochi sulla pelle di molti, umani e non; la messa in atto di una presa di coscienza politica.

3 commenti:

Giovanni ha detto...

Davvero molti argomenti sul tavolo Rita, e tutti urgenti. Leggendoti, questa volta, si hal'impressione di una urgenza di riportare in primo piano quelli che dovrebbero essere i punti basilari dell'antispecismo, che rischiano invece di venire dimenticati.
Proprio mercoledì 22, a Torino, abbiamo avuto la occasione di parlare con degli studenti di veterinaria (a breve, pubblicherò il post; e ti chiedo venia per questa pubblicità di straforo): abbiamo proprio notato, per così dire sul campo, nella vita reale, la vera faccia della dissociazione cognitiva. Che in giovani studenti appare forse più evidente ancora e che evidentemente (?) deve richiedere un costo emotivo di un certo livello, per continuare a stare in piedi. Mettersi davanti allo specchio e accettare l'immagine reale di complicimdiretti dei carnfici, o apprendisti tali, credo farebbe accartocciare su se stessa la prorpia autoimmagine, a chiunque. Figuriamoci in questi casi. Però, credo, non tutti hanno lo stesso grado di responsbilità: chi è più prossimo al nucleo ustionanre del male agito, ha forse maggiori responsabilità di chi ne è più lontano, magari ignaro, o magari complice, o magari vittima lui stesso. orse, se non ricordo male, avevi scritto qualcosa che parlava anche di questo concetto, assai problematico

Rita ha detto...

Ciao Giovanni, grazie per il tuo commento.

Esatto, mi sono resa conto che forse quello che noi diamo per scontato non lo è ancora per molti. Credo che si debba insistere nel raccontare CHI sono gli animali, cosa che tu fai magistralmente nel tuo blog.

Giovanni ha detto...

Credo anche io che il raccontare, senza stancarsi né scoraggiarsi mai, sia l'unica strada: raccontare CHI sono loro, gli altranimali. L'unica domanda che mi pongo è: come raccontare? quale il modo più efficace? Credo che ce ne siano moltissimi, ma che allo stesso tempo, alcuni nono li abbiamo ancora scoperti, o capiti, o inventati, o raggiunti, o pensati, o immaginati, o visti. E che alcuni, invece, siano forse più deleteri che vantaggiosi.

Mi piacerebbe molto ritrovare quel tuo post sulle diverse responsabilità, perché nella sua forma di invettiva se non ricordo male) era anche un buon modo di raccontare.