Quando si parla di femminismo spesso mi sento dire la seguente frase: "le donne non dovrebbero perdere la loro femminilità".
Ecco, spiegatemi, in cosa consiste per voi la femminilità?
Perché spesso è nella definizione di alcuni concetti - che ci sono stati tramandati culturalmente - che si nasconde il maschilismo (così come, parlando di altri soggetti, lo specismo, o la xenofobia ecc.), anche senza che sia del tutto evidente.
Insomma, maschilismo non è soltanto essere despoti con le donne, volerle comandare ecc. - quelle sono soltanto le loro manifestazioni più becere ed evidenti e per questo anche più facilmente smascherabili; maschilismo è anche ritenere che la femminilità sia un insieme di attributi decisi dagli uomini per le donne, decisi da una cultura patriarcale che aveva ed ha tutte le intenzioni di relegare le donne in un angolo. E che sono stereotipi.
La femminilità per esempio, si dice, dovrebbe essere accoglienza, dolcezza e infatti spesso, senza che si abbia il coraggio di esporlo chiaramente, le donne più apprezzate da certi uomini sono quelle che si mostrano accondiscendenti, sottomesse, che stanno al loro posto e, insomma, non rompano troppo i coglioni (ome è venuto fuori da un recente sondaggio in cui gli uomini hanno dichiarato di preferire le donne dei paesi dell'est per questi motivi, dicendo che sono "rimaste femminili").
Di recente ho conosciuto un tipo che credendo di fare un complimento a una mia amica le ha detto: "e poi mi piaci perché non rompi troppo i coglioni".
Questa non è la femminilità, signori. Queste sono le donne come piacciono ad alcuni uomini.
E, sapete, se mi chiedete cose sia per me la femminilità, il bello è che non ve lo so dire. Vi potrei dire come sono io, ma farei un grosso errore: quello di parlare a nome mio per tutte le altre donne.
Ogni donna è come è, dolce, oppure rabbiosa, tonda oppure filiforme, intelligente o stupida, fantasiosa, irrazionale, contraddittoria, oppure estremamente logica, razionale, analitica, generosa oppure arida, gentile oppure respingente, cinica o empatica e quasi sempre tutto questo a seconda del contesto, del momento, dell'esperienza.
Perché la verità è che non esiste un femminile o un maschile. Cioè, esiste, ma come costruzione culturale. Così come esiste "il leone" o "il gatto", o "il cane", ossia come insieme di attributi decisi da qualcun altro a definire ciò che invece è unico, l'individualità.
Esistono le persone, oltre il biologico, che sono tutte diverse e tutte uniche.
Esiste però anche il maschilismo che è quella cultura che ci dice come le donne e come gli uomini dovrebbero essere ed è questa che dobbiamo combattere. Oggi il femminismo ha ancora e più che mai ragione d'essere perché se qualche diritto sul lavoro e in generale nella vita sociale lo abbiamo ottenuto, esiste però ancora tantissimo maschilismo. La nostra cultura ne è intrisa da cima a fondo.
Il difficile è saperlo riconoscere.
Però potete cominciare dal dubbio, ossia mettendo in discussione ciò che pensate di sapere del femminile.
No, la donna non è accoglienza e sottomissione, non è dolcezza e irrazionalità. Non è vero che è difficile capirci, siete voi che non sapete ascoltarci, esattamente come noi non sappiamo ascoltare gli altri animali e allora per comodità diciamo che sono stupidi e che "gli manca la parola".
La questione animale e la questione femminile hanno diversi punti in comune, anche nel linguaggio ("sei una vacca, una cagna, una gatta in calore", "stupida come un'oca" e via dicendo).
Le mucche vengono usate per il latte, le galline per le uova, i loro corpi manipolati; le donne per lungo tempo sono state considerate solo come creature per procreare.
In ogni caso sia le donne che gli animali appartenevano al regno animale, inferiore a quello umano che è a immagine e somiglianza di Dio (moltissimi gli esempi nell'arte classica di opere che raffiguravano corpi femminili terioformi, metà donne e metà animali); alla sfera dell'irrazionalità, della ferinità.
Tutto ciò è cultura.
Ecco, la femminilità, se proprio posso provare a darle una definizione, è questa: è ovunque ci si adoperi per spazzar via luoghi comuni, pregiudizi, ignoranza, stereotipi e ci si ponga in ascolto autentico dell'altro, chiunque esso sia.
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