Ieri ero su un treno e, volente o nolente - per via dei toni alti della voce di chi mi stava seduto accato - mi sono trovata ad assistere a una lunga conversazione tra due donne.
Donne non più giovanissime di origine contadina che parlavano di cucina.
Donne un po' abbrutite dalla vita, di modi rozzi, sbrigativi, abituate a considerare gli aspetti pratici della vita.
In pochi minuti hanno snocciolato tutta una serie di istruzioni su come cucinare piatti tradizionali, dilungandosi in particolari.
Zampette di galline - galline ruspanti, del proprio cortile (sic!) - e fegatini per rendere il sugo più saporito, e poi ancora tonno e alici per farcire le zucchine, maialino da latte cotto al forno, uova (sempre delle proprie galline) belle gialle per fare la lasagna, conigli disossati ripieni e via dicendo.
Poi si sono lamentate di questi giovani d'oggi che non vogliono mangiare più niente, che schifano la carne e tutto il resto e che allora per fargliela mangiare bisogna ingannarli e magari tritare le zampette di gallina a fettine sottili sottili così da metterle nel sugo senza che se ne accorgano.
È stato allora, sull'immagine di queste zampette tritate sottili sottili che ho pensato alla terribile ingiustizia di permettere che l'incommensurabile bellezza e varietà del mondo animale venga distrutta da persone che sanno ragionare solamente con la pancia.
Ho pensato ai tonni che solcano il mare, al pancino rosa e gli occhietti cerulei dei maialini, al pelo soffice dei conigli e al piumaggio colorato delle galline. E poi guardavo queste donne
che non facevano che cianciare in modi orribili su come cucinare. Parlavano di coltelli, di trinciapolli, di interiora, parlavano di violenza pur senza averne la percezione.
Lo so, forse è un pensiero snob, non dovrei giudicare la vita di persone che non conosco e che magari hanno combattuto e vinto guerre personali, ma il contrasto di quei discorsi con le immagini della bellezza degli animali così deturpata è un qualcosa che mi ha colpito come un pugno allo stomaco, al di là di qualsiasi razionalizzazione.
Ho poi provato a ragionare come faccio di solito: sì, queste persone sono vittime di un sistema e di una cultura tradizionale che forse un giorno cambierà, eppure con le loro mani hanno tirato il collo a non so quante galline, hanno sgozzato maiali, ucciso conigli e contribuito a svuotare i mari. Hanno mai sporche di sangue, non solo di terra.
L'apologia del mondo contandino, come se fosse un'arcadia perduta, sinceramente, non l'ho mai capita.
Non ho mai vista tanta violenza come nelle case dei contadini (e da piccina ne ho frequentata qualcuna per via di una zia che viveva in campagna e l'ho appresa anche dai racconti di mia madre che pure era di origine contadina). Maiali sgozzati come ne L'albero degli zoccoli di Olmi, galline cui veniva tirato il collo, conigli ammazzatti sbattendogli la testa sul tavolo di marmo, mucche legate dentro la stalla e via dicendo. Insomma, una violenza quotidiana cui vengono iniziati i bambini sin dalla più tenera età.
Cambiamo scenario: l'altra sera sono stata invitata a cena dai nuovi vicini di casa. Persone colte, questa volta, laureati, entrambi liberi professionisti, di gran gusto e di quella gentilezza che è oltre le convenzioni, ma è disposizione d'animo e socievolezza.
Ci hanno preparato una cena quasi interamente vegana, ad eccezione di una portata a base di gamberetti che non era per noi, ma per l'altra coppia presente e devo dire che ci hanno chiesto prima se ci avesse dato fastidio (ma cosa avrei dovuto dire?).
Di veganismo si è parlato poco e niente (avevo già affrontato con loro l'argomento in un'altra occasione e già sapevano cosa comporta la produzione di latte e uova, lui aveva anche letto Ecocicio di Rifkin); uno degli ospiti però ha fatto un paio di battutine e il proprietario di casa ha detto che al latte non rinuncerebbe mai.
Mi sarebbe piaciuto rispondere che purtroppo la sua scelta obbliga milioni di mucche a rinunciare ai propri figli e alla libertà, ma non volevo passare per la vegana rompicoglioni.
Solo a un certo punto, quando mi hanno chiesto se non sgarrassi mai mai, nemmeno per assaggiare un dolcetto, ho risposto con tono leggermente acido dicendo che per me latte e uova non sono proprio più cibo commestibile. Mi hanno guardata un po' come se avessi detto una cosa esagerata, ma pazienza.
Ecco, pure qui, a un certo punto mi è arrivata addosso l'immagine delle mucche sfruttate e dei vitellini, dei pulcini tritati e tutto il resto e ho pensato a quanto sia ingiusto che debbano sopportare tutto ciò per il soddisfacimento del gusto di persone che hanno tutti gli strumenti per capire che è sbagliato.
In entrambi casi mi sono resa conto che mi è sempre più difficile comprendere e tollerare la totale mancanza di assunzione di responsabilità delle persone comuni, che siano persone colte o meno.
Le tragedie, gli orrori del mondo e persino le terribili dittature avvengono non a causa della follia di pochi, ma con il consenso delle masse. Queste masse irresponsabili, guidate solo da ciechi e biechi istinti di potere, di dominio, solo leggermente addolcito dalla falsità delle convenzioni nel caso delle classi più benestanti e per questo ancora più terribile.
Vedere queste bocche spalancate che divorano la bellezza del mondo è un'immagine di una bruttezza veramente immensa.
E più passa il tempo più mi convinco che il poeta John Keats aveva proprio ragione: Beauty is Truth and Truth is Beauty, dice nel suo celebre poema Ode on a Grecian Urn.
E i Greci, con la loro ricerca di riproduzione delle forme soggiacenti, di bellezza ne sapevano qualcosa davvero.
6 commenti:
Complimenti! Complimenti per la scrittura in primis ma sopratutto per il pensiero. Purtroppo mi rendo conto che sono poche le persone capaci di rinunciare agli aspetti pratici della vita per un ideale, perché prima di tutto viene il lavoro e poi, se c'è tempo e voglia, l'impegno etico.
Vivi e lascia vivere...
Sono un vegetariano
ma rispetto la scelta dei molti
che continuano a vivere e nutrirsi
come le generazioni precedenti.
A chi è più acculturato e curioso
riservo spiegazioni ed argomentazioni
ma sempre nel rispetto
del loro pensiero.
Vivi e lascia vivere.
@pranoterapeuta
Non concordo con il vivi e lascia vivere, quando in primis parliamo della scelta che condanna miliardi di individui senzienti alla morte e a una vita orribile. È proprio chi mangia animali che non li lascia vivere.
La condanna morale ci deve essere verso uno sterminio così immenso; che poi si debbano trovare parole e contesto adeguati - il che a volte può coincidere con lo stare zitti - è un discorso diverso.
Non si può rispettare un pensiero e una scelta che implichino violenza. Si possono rispettare le persone, ma non le loro idee. Altrimenti dovremmo rispettare anche il nazismo, il fascismo, il sessismo, il razzismo ecc..
@Ryowazza
Grazie. Sì, purtroppo viviamo un po' alienati e in questa alienazione sociale, indotta pure dai media, è difficile capire quali siano le priorità.
Un simile atteggiamento "tollerante" non è accettabile quando ci sono in ballo sfruttamento tortura e morte di crea ture innocenti e indifese. Qui non si tratta di scegliere se piace più il colore rosso, o il viola...
Non è eticamente accettabile ma soltanto ignobile, ingiusto e sbagliato che qualcuno (lo specista antropocentrico) pur non avendo nessun motivo valido, o necessità, ma spesso solo per abitudine, provochi, sostenga e quindi sia responsabile, con i propri comportamenti, delle atroci sofferenze di altri individui (esseri senzienti).
La "tolleranza" in questo caso, riguardo ad abuso, crudeltà, tortura e sterminio ai danni di esseri senzienti innocenti e indifesi non è assolutamente appropriata.
Vivi e lascia vivere, appunto: allora rispetta nel modo più assoluto la vita di qualsiasi Essere Senziente come fosse la tua e quella dei tuoi simili. No specismo.
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