“E dunque lottiamo per degli individui, o almeno così abbiamo sempre creduto. Ma per quali? Se qualcuno è un individuo dovresti poterlo individuare, indicare, riconoscere. Eppure questi animali che vogliamo liberare, di fatto, non esistono: quelli che esistono oggi stanno morendo mentre chiediamo i loro diritti, mentre altri seguiranno loro senza sapere se avranno ancora noi a poterli salvare.” (Leonardo Caffo)
In questo preciso istante, nella durata del tempo di una singola battuta sulla tastiera, circa cinquemila animali stanno per essere uccisi nei mattatoi di tutto il mondo; ora, alla fine della frase, sono già morti. Quando avrò finito di scrivere saranno già smembrati e pronti per essere venduti un tanto al kg. Tutto questo, dopo una non vita trascorsa dentro allevamenti angusti e malsani.
Ma cos’è che, al di là di questa informazione fatta di dati numerici e descrittivi – nell’era di internet ormai accessibili a tutti – potrebbe cambiare davvero le cose? Cos’è che potrebbe costringere le persone a guardare dentro l’abisso che separa la conoscenza dalla consapevolezza, il vedere dal sentire, la banale informazione dall’elaborazione e quindi possibilità reale di uno stravolgimento prospettico capace di mostrare le cose per quali sono e non per come le vediamo con l’occhio velato dall’abitudine e dalla consuetudine ideologica chiamata “carnismo”?
Questa è la domanda che è alla base di un progetto che ho avviato due anni fa insieme ad Eloise Cotronei e che si chiama NOmattatoio. Non pretende di essere una risposta, ma un punto di partenza che chiama a raccolta la collettività invitandola ad assumersi una responsabilità scomoda: quella del riconoscimento di esser tutti partecipi della violenza nei confronti di altri individui: una violenza sistematica, normalizzata, ritenuta a torto necessaria e quindi, in sostanza, banalizzata come se fosse un accidente di percorso che ci è toccato in sorte in quanto specie dominante.
Continua su Re Nudo.
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