Molte persone che conosco sono diventate vegane dal giorno alla notte. Non hanno avuto bisogno di rifletterci più di tanto, non sono state "temporeggiatrici" (come le chiama Regan in Gabbie vuote), gli è bastato guardare un video o essere informate su quello che REALMENTE accade agli animali dentro gli allevamenti e i mattatoi per prendere posizione.
Altri invece sanno, se ne dispiacciono, sinceramente se ne dispiacciono, ma procrastinano (io stessa ho fatto così per anni).
Le prime ("le damascene", per usare un'altra categoria introdotta sempre da Regan), spesso accusano le seconde di essere prive di volontà.
A mio avviso non si tratta solo di mancanza di volontà, le ragioni per cui le persone agiscono in dissonanza con il loro sentire più profondo sono tante e complesse. Ci sono svariati motivi per cui una persona, pur sentendo e sapendo che mangiare animali è sbagliato, continui a farlo. Difficoltà a cambiare abitudini, paura di star male (spesso non si ha voglia o tempo di informarsi in maniera approfondita), timore del giudizio sociale, di essere diversi, di doverlo annunciare a parenti, amici, colleghi, difficoltà a preparare nuovi piatti: resistenze profonde della cultura carnista in cui siamo cresciuti.
A chi biasima queste persone io vorrei dire: tu sei tu, ma il punto è che siamo tutti diversi. Se non siamo in grado di capire questo, come possiamo pretendere che gli altri possano a loro volta comprendere e accogliere la diversità animale?
Ecco, antispecismo per me significa anche questo: provare a comprenderci di più tra di noi.
Innalziamo barriere, spargiamo odio, cattiveria e spesso vorremmo imporre un unico punto di vista anche all’interno di questo movimento così variegato, pretendendo che tutti si sposi la stessa idea. Parliamo tanto di pluralità, di accoglienza della diversità, di inclusione e poi tra di noi ci massacriamo anche per le più banali divergenze. Non riusciamo ad affrancarci dall’ego, dalle frustrazioni personali e dall’invidia. Siamo respingenti. Ci definiamo antispecisti, ma non riusciamo a spostare lo sguardo oltre il nostro personale sentire, oltre le nostre limitate esperienze. Non riusciamo a metterci nella pelle altrui, che invece è conditio sine qua non per far proprio il senso più profondo dell'antispecismo.
5 commenti:
Come sono vere le tue parole, Rita! Diatribe, litigi, ripicche, che a volte durano a lungo e di fatto non terminanom mai, sembrano a volte essere l'elemento più forte del variegato movimento animalista o che dir si voglia (a volte, mi vien da pensare che, alla Duchamp, potremmo scrivere sotto una immaginaria foto di gruppo: questo movimento non è un movimento).
Tu hai detto queste cose con grande delicatezza e autentico spirito di comprensione e di volontà di inclusione, sei sempre molto sensibile.
Gli altri animnali, stanno sempre aspettando che noi ci si decida... in ogni senso :)
Grazie Giovanni.
A volte anche io litigo con gli altri animalisti, eh, però mi sforzo sempre di migliorarmi e di fare autocritica. :-D
Ciao Rita, ti seguo sempre ma è la prima volta che commento. Vorrei davvero che tutti si rendessero conto della sofferenza degli animali, che non sono cose a nostra disposizione, ma individui, come sottolinei ogni volta. Il fatto è che dietro a questa mattanza c'è un business stratosferico. Le persone allora "dimenticano" di riflettere di fronte ai molteplici messaggi, inviatici in ogni modo, secondo cui non solo mangiare carne è bene, ma mangiarne tanta, ogni giorno, è ancora meglio. Così, con infinita tristezza, sento amici e parenti dirmi: "a pranzo la pasta e la sera la carne, questa è una dieta salutare! Tu finirai con l'ammalarti!". Per me di conseguenza mangiare con altre persone è diventato molto stressante. Ed anche per me è stato difficile rinunciare alla carne... e talvolta mangio ancora latticini, ma la consapevolezza c'è tutta. Ti ringrazio per questo post, mi ha permesso di sentirmi meno sbagliata per non essere ancora in grado di cambiare del tutto il mio stile di vita!
Ciao Chiara, grazie a te per questo messaggio.
A volte ci dimentichiamo che tutti abbiamo mangiato carne, formaggi, uova e che pochi di noi sono riusciti a smettere dal giorno alla notte, ma anzi, ci sono voluti talvolta anni.
Il mio percorso è paradigmatico. Quando ho iniziato questo blog, per dirne una, ero ancora vegetariana e poi pian piano sono diventata vegana: inizialmente lo ero solo a casa perché ogni tanto mi capitava di mangiare ancora formaggi e uova fuori (per esempio a casa dai miei perché non avevo il coraggio di dirgli che volevo diventare vegana in quanto già avevano preso male il fatto che fossi diventata vegetariana), fino a che gradualmente è venuto quasi naturale farne del tutto a meno.
Io oggi posso dire che mi pento di non aver fatto prima questa scelta, ma so che se ciò non è avvenuto è perché il contesto in cui ero cresciuta non me lo aveva permesso o comunque me lo aveva reso difficile. Per questo non voglio giudicare i vegetariani o chi comprende che gli animali siano individui, ma non riesce a fare una scelta coerente col proprio sentire. Diverso è invece il discorso nei confronti di quelli che sanno, ma proprio se ne fregano e anzi, denigrano pure noi vegani. Pure se spesso si tratta di banali reazioni di difesa. Insomma, i motivi sono al solito molto complessi e vari.
Mi incuriosisce chiedere a chi è vegan il perché sa così. La risposta più frequente è la visione di certi video, segue la lettura di certi libri, poi la salute.
L'avvento i internet ha aperto tanti occhi e di conseguenza tante menti.
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