domenica 4 dicembre 2016

La normalità della violenza insegnata ai più piccoli

(Foto presa dal blog La confidenza lenta del caro amico Giovanni).

Sono sempre più convinta che l'unica via per cambiare il paradigma culturale che considera normale sfruttare e massacrare gli animali non umani sia andare nelle scuole, di ogni fascia d'età, a cominciare dall'asilo. 
Su internet gira il video di una bambina di sette anni che uccide il suo primo cervo. Ride, di un sorriso sinceramente agghiacciante, tra le frasi di approvazione del padre. 
E poi rivedo me stessa alla sua età che piange per la morte di Bambi (o di King Kong) e per ogni uccellino trovato morto nel giardino e penso: possibile che due bambini possano essere così diversi? 
Sì, è possibile. Ma non perché siamo nati così, bensì perché ci siamo diventati a seconda del contesto in cui siamo cresciuti.
I bambini non cercano altro che l'approvazione dei genitori e delle figure adulte di riferimento. Per la bimba americana - fatta diventare cacciatrice suo malgrado (per inciso, sarò pure illibertaria, ma io a un padre che mette un fucile in mano a una ragazzina toglierei la podestà genitoriale) - uccidere gli animali significa fare qualcosa di buono, di giusto, qualcosa che ha reso tanto felice il suo papà.
Sì, questo è un caso limite. Ma l'inculturazione del dominio sugli altri animali e dell'ideologia carnista funziona così per tutto. Anche la mamma che offre al bambino il piatto con la cotoletta o il panino con il prosciutto gli sta trasmettendo lo stesso messaggio, così come quella che lo porta al circo, allo zoo, che si sposta infastidita quando un cane gli passa vicino per strada o che gli ripete che "puzza come un porcellino" per convincerlo a farsi il bagnetto. 
Tutta la nostra cultura è intrisa di specismo e per combatterlo bisogna agire su più livelli. Purtroppo gli attivisti per i diritti animali sono pochi, mentre la pervasività del messaggio opposto è massiccia e supportata dalla maggioranza (ed è questa che fa apparire normale l'orrore degli allevamenti e mattatoi, giustificandolo o ignorandolo). Per quanto ci attiviamo, non possiamo competere con la propaganda martellante di una normalità che banalizza e neutralizza la violenza quotidiana perpetrata sugli animali; però possiamo andare alle radici della cultura, lì dove si forma e cristallizza, prima che sia troppo tardi.
Nelle scuole, a parlare con i più giovani.
L'unica esperienza che ho avuto in un liceo, lo scorso gennaio, mi ha veramente fatta sentire utile in questo senso. I ragazzi hanno ascoltato con tanto interesse, guardato i video, fatto domande e alcuni di loro ci hanno ringraziato e scritto per averli fatto passare informazioni di cui altrimenti sarebbero rimasti all'oscuro chissà ancora per quanto.

4 commenti:

Sara ha detto...

Povera bambina! Un padre così...

Giovanni ha detto...

Come sempre, c'è tanto su cui riflettere.
I bambini sono davvero molto più capaci di noi a cogliere l'esatto senso delle cose. Sono in grado di assorbire concetti complessi con una abilità e coerenza maggiore della nostra di adulti.

Perciò è violenza all'ennesima potenza, obbligarli a non provare empatia e invece abituarsi a gesti violenti.
Perciò è coinvolgente parlare a loro, per esemopio, nelle scuole. Ti ascoltano con tutte le fibre del loro essere, è come se avessero sete di sapere.

Ti ringrazio per la scelta della foto, mi ha fatto molto piacere.
G

Rita ha detto...

Di nulla Giovanni, tu pubblichi sempre delle foto spettacolari.

Sì, i bambini non hanno paura di imparare cose nuove, al contrario degli adulti che una volta hanno assimilato quelle quattro certezze alzano muri impenetrabili.

Rita ha detto...

@ Sara

Anche a me fa molta pena questa bambina, speriamo che da adulta si ribelli. Certo è che l'assuefazione alla violenza provoca spesso danni irreparabili e desensibilizza.