(Immagine tratta da Videodrome di Cronenberg)
Noto che in questi giorni moltissimi antispecisti e associazioni si sono prodigati nello scrivere articoli per prendere le distanze dalle modalità ridicole con cui viene presentato il tema del veganismo in tv. A parte che già parlare di veganismo e non di questione animale equivale a uno smacco, ma tant'è.
Forse scriverò qualcosa anche io. Intanto giusto due riflessioni immediate.
Mi preme dire che provo tenerezza, verso me stessa inclusa, per i nostri sforzi in quanto purtroppo, pur affannandoci a elaborare concetti raffinati, a condividerli sui social, ad appellarci a testate giornalistiche varie, non raggiungeremo mai la visibilità di un mezzo di massa come la tv. E in tv non chiameranno mai noi personaggi semi-sconosciuti, per quanto un minimo preparati, semplicemente perché non ci conoscono, non facciamo audience come chi ha già un briciolo di notorietà.
Abbiamo questa illusione, nel momento in cui pubblichiamo un articolo, un post, in cui scriviamo due righe tramite uno stato o un tweet, di poter raggiungere chissà quante persone, di avere visibilità, ma non è così.
Nessuno legge i nostri stati o i nostri articoli. È tutto molto autoreferenziale, ci diamo le pacche tra di noi, ci diciamo bravi, ci leggiamo e condividiamo a vicenda, ci commentiamo e critichiamo, ma tutto solo e sempre tra di noi.
Mentre là fuori nulla sanno di noi, non conoscono l'antispecismo, non leggono i nostri blog e riviste di settore, pensano solo che siamo una manica di invasati che vuole imporre a tutti il proprio "credo alimentare".
Io sono preoccupata. Lo confesso.
Come possiamo fare?
Inutile che ci dissociamo da personaggi come Mocavero o quell'altro che è andato alle Iene. Innanzitutto perché, come ha scritto poc'anzi Henry Merry* in un suo stato (“Non che mi interessi la specifica vicenda, ma credo che "dissociarsi" sia la più efficace forma esistente di riconoscere appartenenza. In termini proprio oggettivi/generali.”) , dissociarsi è una maniera implicita per ammettere che ci si sente parte di un gruppo, o di un movimento o di determinate modalità. Invece, se ci sentiamo altro, semplicemente dovremmo tacere. Infatti non è che ogni giorno sentiamo l'esigenza di dichiarare che ci dissociamo, che so, dagli Ultras, visto che il loro operato non ci riguarda. E allora perché dissociarci da qualcosa o qualcuno con cui non si ha nulla da spartire? Al limite si può dire e far presente che esistono altre realtà animaliste/antispeciste che agiscono con modalità ben diverse. Capisco che purtroppo le persone che non conoscono queste varie realtà animaliste/antispeciste, poiché siamo tutto sommato realtà nuove, possano credere che siamo tutti uguali, i pregiudizi purtroppo ci sono, anche sulle donne, su tutti... è più facile etichettare e semplificare piuttosto che ammettere che esistano tanti individui diversi; lo si fa anche con gli altri animali, come se fossero un tutto indistinto, e non diverse specie e diversi individui.
Ad ogni modo, l'operato di gruppi come il Fronte Animalista non dovrebbe riguardarci. Sì, è un gruppo contro lo sfruttamento animale come altri, ma usa modalità in cui molti di noi non si riconoscono e non è che se, per esempio, un giornalista dice una cazzata allora tutti i giornalisti si dissociano. Mi rendo conto tuttavia che il problema consiste nell’incapacità della massa là fuori di discernere perché, semplicemente, non conosce le varie realtà animaliste. E allora che fare?
Ad ogni modo, l'operato di gruppi come il Fronte Animalista non dovrebbe riguardarci. Sì, è un gruppo contro lo sfruttamento animale come altri, ma usa modalità in cui molti di noi non si riconoscono e non è che se, per esempio, un giornalista dice una cazzata allora tutti i giornalisti si dissociano. Mi rendo conto tuttavia che il problema consiste nell’incapacità della massa là fuori di discernere perché, semplicemente, non conosce le varie realtà animaliste. E allora che fare?
Rifiutare i passaggi in tv? Pretendere interlocutori validi stabilendo ad esempio delle regole, del tipo di non venire interrotti con commentini sarcastici ogni due per tre?
Ad ogni modo, non dobbiamo dimenticare che i codici linguistici televisivi sono quelli che sono e che non cambieranno mai. È implicito nel mezzo tv (il mezzo non è mai neutro, diceva McLuhan) quello di banalizzare, semplificare, spettacolarizzare la complessità del reale. In più la tv e i mezzi mainstream sono in mano ai potentati economici che si basano sullo sfruttamento animale. La tv campa di sponsor pubblicitari. Quindi mai si affronterà apertamente la questione animale. Quindi intanto dovremmo anche attivarci per combattere la maniera in cui la televisione ci usa e non fornisce un’informazione libera.
Possiamo pretendere più serietà, ma certamente una dibattito in cui si parla della questione come vorremmo noi, non l'otterremo mai perché semplicemente la stragrande maggioranza là fuori non sa nemmeno chi siano Derrida o Horkheimer, ma nemmeno Peter Singer o Regan, per citare i due antesignani della filosofia antispecista.
Forse dovremmo semplicemente trovare una maniera accessibile a tutti di parlare della questione animale. Dobbiamo trovare una lingua comune che rimanga ancorata alla realtà, ma la faccia capire anche ai non addetti ai lavori. Una maniera che centri il fulcro della discorso, che sia capace di includere la politica, il sociale, la filosofia, l'economia, ma in maniera più divulgativa. Una comunicazione più semplice, ma che non banalizzi, che non semplifichi. Polisemantica. Shakespeare era un grande proprio perché arrivava a tutti, anche se poi ognuno approfondiva e recepiva in base al suo apporto di istruzione, conoscenza, esperienza.
Invece al momento abbiamo da una parte discorsi raffinatissimi, ma di nicchia, e dall'altra discorsi troppo banali e semplicistici.
A fronte di questo sfogo, vorrei però aggiungere che non dobbiamo scoraggiarci o pensare che i mezzi forti siano imbattibili a priori. Vero, viene da pensare che tanto, non avendo appunto a disposizione mezzi di comunicazione efficaci, ci stiano riducendo al silenzio attraverso la ridicolizzazione (che potrebbe anche essere una delle prime fasi cui ogni rivoluzione culturale è costretta ad attraversare). Ci hanno altresì illuso che i social potessero arrivare ovunque: in realtà la tv rimane ancora il mezzo che gode di maggiore autorevolezza. Troppe persone ancora prendono ciò che passa in tv come un dogma (“l’hanno detto in tv”) e consultano i social solo relativamente al loro campo d’interesse. Ma non dobbiamo allentare la presa e dobbiamo piuttosto cercare di elaborare nuove strategie comunicative e di lotta.
Dobbiamo essere realisti e sognatori al tempo stesso. Idealisti, ma non ingenui.
Difficile. Ma lo sapevamo sin dal principio che non sarebbe stato facile. Soprattutto perché gli altri animali non possono esprimersi in prima persona come soggetti e dobbiamo farlo al posto loro, con tutti i rischi connessi allo spostamento del discorso su di noi in quanto soggetti parlanti la stessa lingua che adopera il potere. Quando dico che gli altri animali non possono esprimersi in prima persona, attenzione, non dico che non possano in quanto incapaci di comunicare, ma perché purtroppo non vengono riconosciuti come Soggetti dal potere: il potere usa il linguaggio verbale, le immagini, la propaganda, la musica (basta mettere una musichetta allegra come sottofondo e subito le immagini di un allevamento al pascolo trasmettono un’idea di pace, armonia con la natura ecc., pure se dietro c’è lo stesso orrore di quello intensivo perché gli animali vengono comunque sfruttati e uccisi) e la tecnologia, mentre gli altri animali hanno solo i loro corpi.
Solo i loro corpi. Forse è di questi corpi che non dovremmo mai smettere di parlare. Documentandoli, fotografandoli, mostrandone l’abuso e il dominio che subiscono.
Sì, mi direte che ancora una volta non li stiamo lasciando in pace, questi altri animali, che forse vorrebbero morire senza essere fotografati. Eppure i lager nazisti sono stati sconfitti anche mostrando quelle atroci immagini di animali umani privati della loro libertà e così le battaglie contro la schiavitù hanno avuto bisogno di documenti, di immagini.
La storia si fa con i documenti.
Ecco, non smettiamo mai di documentare. A fronte di qualsiasi discorso, di qualsiasi scontro, quando andiamo in tv, per favore, andiamo con i video, con le immagini e imponiamo i nostri montaggi, i nostri commenti. Le immagini contano più delle parole. Penso che dovremmo usare tutti i mezzi di comunicazione visiva possibili, quindi ben vengano le foto, i video e l'arte in generale in quanto capaci di "mediare" in maniera più diretta, senza i filtri distorcenti del linguaggio, e anche perché capaci di raggiungere aree diverse del cervello. Rispetto al documento scritto, ad esempio. Il documento scritto ha gli stessi limiti che ho esposto nel testo, non è accessibile a tutti. Le immagini, invece, come la musica, arrivano più facilmente a tutti. Hanno un codice universale che non necessita decodificazione o traduzione.
*Henry Merry è un mio contatto Facebook, persona molto arguta e intelligente.
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