Nell'ultimo romanzo di Jonathan Coe, "Numero Undici", viene espressa una teoria a proposito della comicità che prende di mira i politici.
Riprendendo quanto scrive Freud ne Il motto di spirito, il riso sarebbe provocato da un dispendio di energia liberata nel momento in cui, con la battuta o il cosiddetto motto di spirito, viene disattesa la risposta che l'ascoltatore si aspetterebbe e si passa a un salto logico improvviso (salto che appunto farebbe risparmiare l'energia richiesta per l'elaborazione della battuta, che invece non è spiegata, ma colta al volo e infatti si ride solo quando si realizza questa ipotesi).
Ora, nel momento in cui lo spettatore ride di fronte a una battuta sul tal politico incapace, tutta quell'energia che potrebbe incanalare in rabbia e quindi in tentativo di ribellione per cambiare le cose, viene liberata e quindi sprecata, facendo sentire lo spettatore appagato.
Interessante perché è una cosa che ho sempre pensato.
Gli Italiani ridono alle battute, peraltro banalissime, di Crozza che prende in giro Renzi o chi per lui e quella rabbia che avevano contro il governo, il sistema ecc., anziché essere incanalata in azioni costruttive, viene liberata nell'esplosione energetica della risata.
P.S.: vi consiglio entrambi i libri, sia il romanzo di Coe, che è un affresco abbastanza deprimente e cupo della società odierna, che il classico di Freud perché... perché leggere Freud è sempre comunque un'esperienza valida, a prescindere che si condividano o meno le sue teorie.
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