Penso che la notizia - peraltro non così sensazionalistica come sembra perché sono decenni che si cerca di scalfire il falso mito che mangiar carne faccia bene o, peggio, sia necessario -, in questo momento, ci possa servire da scivolo per spingere sul lato etico le nostre argomentazioni contro lo sfruttamento degli animali, facendo capire che la questione, prima che salutistica, è innanzitutto di giustizia sociale. A chi ci dice: sì, è brutto uccidere gli animali, ma le proteine animali servono, si può rispondere con maggiore sicurezza che invece non solo non servono, ma fanno anche male. Ora, premesso questo, io continuo a non vedere di buon occhio gli argomenti indiretti e non per una presa di posizione irremovibile (sulla questione rifletto di continuo, anche assumendo come spunto i dati empirici, ossia la continua osservazione della realtà sociale in cui sono immersa, il confronto con gli altri ecc.), ma perché secondo me non centrano il punto dell'antispecismo. Ora, se la questione è solo quella di portare le persone a diventare vegane è un conto, se però vogliamo fare un discorso più ampio di rispetto, di altro rapporto con gli animali ecc., - tutti, non solo quelli cosiddetti da reddito - il discorso salutistico c'entra poco. Ci sono tantissime altre forme di sfruttamento, non solo quelle per fini alimentari e poi esiste la teriofobia, lo specismo in generale inteso come diversa considerazione morale degli animali che ce li porta a giudicare inferiori sulla base di un antropocentrismo vecchio di secoli e continuamente rinverdito. Certo, la Joy ad esempio riduce tutto al carnismo, dice che già smettere di mangiare animali, quali ne siano le ragioni, ti faccia uscire da quell'ottica lì che sia naturale sfruttarli, però rimane aperto il discorso culturale più ampio che porta al disprezzo degli animali, ai tanti luoghi comuni falsi sulla loro natura, alla convinzione che siano comunque inferiori. Come detto altre volte, l’antispecismo non riguarda solo la diversa considerazione e quindi mercificazione degli animali (che affonda le sue radici anche in un discorso socio-politico di dominio), ma riguarda la maniera, ovvero l’assenza di questa, in cui noi ci interroghiamo e cerchiamo di conoscerli. Manca un corretto approccio epistemologico. E quindi, soprattutto, mancando questi elementi, rimane l'antropocentrismo. Antropocentrismo che il salutismo non solo non scalfisce minimamente, ma anzi, rafforza.
Diciamo che la certezza che la carne faccia venire il cancro può portare a una riduzione nel consumo (anche le sigarette lo fanno venire, eppure si continua a fumare) e il riduzionismo, come si è ben spiegato anche nella recente conferenza di Essere Animali al MiVeg è quello che maggiormente può mettere in crisi il settore economico, ma non stiamo ancora parlando di antispecismo, bensì di economia. L’antispecismo è una rivoluzione etico-socio-politica - e quindi culturale in senso ampio, andando a rivoluzionare tutto ciò che la nostra specie produce, sia di natura intellettuale, che materiale, quindi anche l’arte, il cinema, la letteratura ecc. - troppo ampia per poter essere ridotta al salutismo.
Concludendo: sarei sciocca se accogliessi questa notizia in maniera assolutamente negativa, ma non farei i salti di gioia pensando che ora la società diventi improvvisamente antispecista, ecco.
E non parliamo quindi solo di etica (per cui respingo le obiezioni di coloro che affermano: “ma alle persone dell’etica non importa nulla”), ma della maniera in cui guardiamo gli altri animali in generale, quindi di antropocentrismo, di cultura, di epistemologia. Non è che si deve solo dire "sfruttare gli animali è eticamente sbagliato", ma si deve cercare di farli conoscere e di spiegare le false motivazioni per cui abbiamo sempre creduto che fosse giusto sfruttarli. Motivazioni che hanno radici varie e profonde, anche socio-politiche perché il dominio è un prodotto storico-sociale e di errata convinzione che noi si sia superiori e quindi legittimati a sfruttare tutti gli altri. Il punto è che bisogna decostruire questa logica di prevaricazione e dominio.
E non parliamo quindi solo di etica (per cui respingo le obiezioni di coloro che affermano: “ma alle persone dell’etica non importa nulla”), ma della maniera in cui guardiamo gli altri animali in generale, quindi di antropocentrismo, di cultura, di epistemologia. Non è che si deve solo dire "sfruttare gli animali è eticamente sbagliato", ma si deve cercare di farli conoscere e di spiegare le false motivazioni per cui abbiamo sempre creduto che fosse giusto sfruttarli. Motivazioni che hanno radici varie e profonde, anche socio-politiche perché il dominio è un prodotto storico-sociale e di errata convinzione che noi si sia superiori e quindi legittimati a sfruttare tutti gli altri. Il punto è che bisogna decostruire questa logica di prevaricazione e dominio.