“Non conoscono il divenire delle stagioni, non sentono il bacio del sole, la sferzata del vento e del tempo; vivono per sempre non vivendo affatto...”
Aldo Leopold
(A seguire un pezzo scritto in occasione di una visita al museo zoologico di Roma dove ho accompagnato la mia amica Grazia che stava ultimando la sua tesi in antropologia e aveva bisogno di riflessioni da parte di un’altra persona – oltre a lei stessa – con una sensibilità antispecista).
È una calda giornata di agosto e ho appuntamento con la mia amica Grazia davanti al museo zoologico di Roma. Mi ha gentilmente chiesto di accompagnarla perché le raccontassi le mie impressioni, che sono quelle di un’animalista, di un’attivista per la liberazione animale, come diciamo noi che ogni giorno ci battiamo per sottrarre i non umani al nostro dominio, al dominio di noi altri umani. Detto in altre parole – e come recita il titolo della sua tesi – è un altro sguardo animalista, oltre al suo, che le serviva. Ma cos’è uno sguardo animalista? Cosa significa?
Uno sguardo animalista è uno sguardo che incontra altri sguardi e che non vi si sottrae, ma anzi, ci si sofferma a lungo con la speranza, la certezza e il desiderio di poter imparare qualcosa. Lo sguardo animalista è quello di chi sa che il proprio non è l’unico sul mondo, ma che è soltanto uno dei tanti. Lo sguardo animalista è quello di chi si rende conto di essere guardato e forse, chissà, finanche giudicato. Ma guardato da chi? Da altri individui non umani che non fanno parte del panorama, non stanno sullo sfondo immoti e fissi nel tempo e nello spazio, ma sono soggetti unici dotati di un’irripetibile singolarità.
Capito questo, ecco che il solo atto del varcare la soglia di un museo zoologico già mi pone di fronte a un primo problema di natura epistemologica. La domanda da farsi è: a cosa serve un museo zoologico? Sull'opuscolo informativo leggo e riporto: “Il museo partecipa alla costruzione della cultura scientifico-naturalistica dei cittadini, sia attraverso esposizioni permanenti e mostre temporanee su temi della biologia animale, sia mediante specifici progetti educativi rivolti a tutti i visitatori.
Il museo propone percorsi didattici ed attività formative per le scuole di ogni ordine e grado. Molti i temi trattati, che coinvolgono tutte le problematiche naturalistiche, con particolare attenzione alla conoscenza e alla salvaguardia della biodiversità, nonché alla sostenibilità ambientale.”
Mi colpisce: “conoscenza e salvaguardia della biodiversità” e “costruzione della cultura scientifico-naturalistica”.
Si pensa quindi che la sola osservazione di animali tassidermizzati con didascalie che ne attestino la tipologia di specie, l’habitat di appartenenza ecc. basti per fornire una cultura scientifico-naturalistica e per contribuire alla conoscenza della biodiversità.
In realtà l’idea che esista “il gufo”, “il leone”, “l’orso” è una finzione culturale. Ed è esattamente con questa finzione che abbiamo a che fare nel momento in cui entriamo in un museo di questo tipo.
Non esiste “il leone”, ma esistono tanti individui che vivono un certo tipo di esperienze e di emozioni e che noi abbiamo chiamato “leoni”.
Continua su Gallinae in Fabula.
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