La lente attraverso cui guardiamo la realtà fa percepire a moltissime persone la caccia come l'attività cruenta che difatti è, mentre la pesca purtroppo continua ad essere avvolta in un alone di romanticismo. I villaggi dei pescatori sono una cosa romantica, il pescatore solitario che con la sua lenza (nessuno pensa mai a quando debba essere micidiale e scandalosamente doloroso l'amo che si conficca nel piccolo e fragile palato del pesce? A quanto dolore debba provocare quell'uncino acuminato? Immaginate... ecco, immaginate che con un arpione gigante vi squartino il palato e poi sappiatemi dire) si siede per ore ed ore sulla riva di un fiume è un'immagine bucolica che trasmette serenità, i pescatori che vanno al largo con le reti vengono visti come persone che svolgono un lavoro da tutelare e preservare e via dicendo.
Anche l'atto del "mangiare il pesce" risulta meno cruento, più delicato, tanto che poi si dice "il pesce" in un'astrattezza terminologica che veicola neutralità (e non violenza) e mai "i pesci" intesi nella loro molteplice individualità.
Invece anche i pesci sono individui senzienti, hanno una socialità complessa e provano emozioni e dolore.
1 commento:
mi sono trovata una mattina per caso al mercato delle vettovaglie ed è stato uno strazio.
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