Tasto misantropia on: ci siamo moltiplicati a dismisura come un virus, le risorse naturali ben presto non ci sono bastate più e così abbiamo sentito il bisogno di accumularle e concentrarle, quindi abbiamo inventato la schiavitù e il lavoro (gestito da pochi che hanno sottomesso i molti), che poi sono un po' la stessa cosa. Non contenti, abbiamo schiavizzato gli animali e deciso che lavorassero per noi. Poi ci siamo raccontati la balla che il lavoro nobilita l'uomo. Del resto anche all'entrata dei campi di concentramento c'era scritto "Arbeit macht frei", "il lavoro rende liberi". A un certo punto abbiamo capito che produrre ciò che è necessario non era sufficiente per continuare a far arricchire i pochi e così ci siamo inventati la maniera di rendere desiderabile il superfluo.
Buon sabato a tutti!
(immagine di Andrea Festa)
(immagine di Andrea Festa)
8 commenti:
La misantropia non credo che costituisca un approccio costruttivo nell'affrontare i problemi.
Vero, per come è organizzato il sistema in cui viviamo il lavoro è schiavitù.
Comunque il lavoro "nobilita l'uomo" nel senso che è l'unica fonte di vero progresso: se vogliamo di più e dobbiamo ottenerlo mediante il nostro "valore aggiunto", dobbiamo diventare più intelligenti, ampliare le nostre conoscenze.
Se siamo conigli deportati a nostra insaputa in Australia, troviamo casualmente un contesto a noi favorevole e prosperiamo, ma non ci schiodiamo dalla nostra condizione di conigli. Non so se ho reso l'idea, su cui avrai certamente da ridire soprattutto per la parte dei conigli ;-)
"Nobilita l'uomo" anche nel senso che "rende liberi", cioè indipendenti, padroni di se stessi, contrariamente a chi è mantenuto da altri.
Ai cancelli dei lager è stato scritto con tetro sarcasmo, tipicamente tedesco, poichè il detto valeva anche per i prigionieri ma in un altro modo: vi sfrutteremo fino al midollo, vi faremo morire di stenti, paradossalmente il lavoro vi renderà liberi, poichè vi ucciderà e la morte sarà per voi una liberazione da questo inferno.
Per me comunque non esiste un oggettivo distinguo tra necessario e superfluo, è relativo a ognuno di noi e diverso per ogni individuo, epoca e contesto sociale. Ciao!
Sara, madonna, la mia era una battuta. :-D Pensavo si capisse...
P.S.: voglio dire, leggi il mio blog da tempo, non mi pare che io abbia mai espresso contenuti misantropi, tutto il contrario. Nel rispetto per gli animali e la lotta contro il loro sfruttamento ci ho sempre incluso pure gli animali non umani, anche se penso che per quanto collegate le due forme di sfruttamento richiedano forme di lotta specifiche.
Vincent, grazie per il tuo commento innanzitutto. Ovvio che io ho generalizzato, del resto questo è un post che ho copiato da un mio precedente stato su FB e quindi scritto velocemente, senza approfondimento.
Quel che penso è che il lavoro così com'è concepito nell'odierna società, ossia impiegare otto o dieci ore del proprio tempo a fare una cosa che magari nemmeno ci piace solo per guadagnarsi la pagnotta (per comprare cose che crediamo di desiderare solo perché è il mercato che costruisce bisogno indotti) è una forma di schiavitù. Poi esiste un altro tipo di lavoro che coincide con le proprie capacità, aspirazioni, potenzialità e che gratifica nel farlo, a prescindere dal guadagno.
Il lavoro renderebbe liberi nella misura in cui vivessimo in una società davvero libera, ma non è così perché viviamo in tante gabbie mentali e fisiche di cui a stento ci rendiamo davvero conto. I media, le multinazionali e le banche detengono il controllo di tutto. Il resto della società crede di scegliere, quando invece, se sceglie, è solo tra ciò che viene proposto a tavolino da altri. Non so, tu come lo vedi uno che trascorre la propria esistenza a lavorare dieci ore in ufficio, spendendone due magari per andare e tornare da lavoro e una volta a casa stanco e frustrato perché con quello che guadagna ci paga a malapena l'affitto o da mangiare? Ti sembra che sia una persona libera? Il distinguo tra necessario e superfluo è relativo, sì, ma diventa significativo quando le persone non riescono più a distinguerlo e magari si indebitano con le banche per comprarsi quel preciso modello di macchina solo perché altrimenti si sentirebbero insicure se non lo facessero. Non siamo più individui in questa società, ma semplici consumatori. Merce. Null'altro.
P.S.: poi bisogna vedere anche cosa si intende per progresso. Oggi tendiamo a farlo coincidere con quello tecnologico, che in realtà è una forma di tecnocrazia.
Il vero progresso secondo me si avrà quando l'individuo potrà vivere in un contesto in cui avrà piena possibilità di esprimersi liberamente, quando sarà abolita ogni forma di schiavitù e nemmeno si penserà più lontanamente di considerare qualcuno proprietà di qualcun altro e quando parlo di individui ci includo tutti, anche gli animali non umani. Un progresso che condanna miliardi di individui a morire e a marcire nello scantinato del grattacielo metaforico di cui parlava Horkheimer, semplicemente non è progresso per tutti, ma solo per pochi, a discapito di tanti.
Attualmente siamo quasi tutti schiavi, ne sono convinto.
E non vedo alcuna fonte di progresso nell'attività di una persona che lavora come una macchina, cioè fa qualcosa di totalmente routinario, senza poter "aggiungere" nulla del proprio originale e irripetibile sacco. Cioè se dovessi battere scontrini alla cassa di un supermercato mi sparerei, ed è tuttavia il genere di lavoro per cui il 90% dell'umanità si reca ogni giorno ad atrofizzarsi nella mente e nel corpo. Guidare un trattore oggi non ha nulla a che fare con il lavoro, quello sì nobile, di chi varie migliaia di anni fa scopriva l'agricoltura e si ingegnava a progredire, a trovare ogni giorno un'idea migliore. Poi venne la proprietà privata della terra e perciò il "lavoro dipendente" ammazzaentusiasmo.
Per i greci era un libero cittadino soltanto chi poteva permettersi di trascorrere il tempo a pensare liberamente e discutere nell'agorà.
Volendo è una giusta concezione dell'essere umano; purtroppo il problema era stato aggirato retrocedendo a dignità inferiore (schiavo, donna, barbaro ecc.) tutti coloro che erano necessari mantenere questa simulazione di "nobiltà" dei primi della classe.
Esattamente, la pensiamo allo stesso modo allora.
Il problema, come dici tu, è che nelle società sono sempre esistite certe forme di discriminazioni e disuguaglianza tali per cui solo gli appartenenti a determinate classi potevano ritenersi davvero liberi di fare quel che gli aggradava.
Comunque per retrocedere altri esseri umani alla condizione di schiavo, barbaro ecc. si sono sempre usati gli altri animali. Ossia la prima discriminazione che l'umano ha messo in atto è stata quella degli animali, separando sé stesso dal resto del regno animale, autoproclamandosi superiore in virtù di determinati parametri che egli, arbitrariamente e perché gli faceva comodo, ha stabilito esser tali. Dopodiché è venuto il resto. Per questo l'antispecismo è una teoria di giustizia. In primo luogo per ridare dignità a chi l'abbiamo sottratta per primo, poi sono convinta che anche noi staremmo meglio. Ma gli animali, dal mio punto di vista, intanto andrebbero liberati a prescindere proprio perché le condizioni in cui stanno sono terrificanti. Cioè, a prescindere da eventuali vantaggi che anche noi come specie potremmo ricavarne. Questo perché sfruttare individui indifesi ci rende veramente dei mostri e lo dico senza accenno alcuno di misantropia, ma proprio come dato oggettivo.
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