Sono giorni molto difficili per me, nel giro di una settimana ho perso due gatti, oltre a Blake, se n'è andata anche la piccola Emily, apparentemente per la stessa malattia. Si suppone fortemente che avessero contratto la FIP, una malattia infettiva che, come tutti i gattari sanno, dal momento in cui diviene sintomatica non lascia scampo. La percentuale dei gatti che si ammala di FIP e muore entro un mese è del cento per cento.
Per cui, oltre al dolore incommensurabile, sono anche molto angosciata e preoccupata per la sorte di tutti gli altri che quasi sicuramente hanno già contratto il virus, ma non è detto - e spero fortemente che sia così - che si ammalino.
Mi sento di conseguenza molto lontana da tutto e tutti, ma cerco di farmi forza e di continuare a coltivare i miei interessi.
Il 14, venerdì scorso, erano tre anni dall'apertura di questo blog. Non avevo voglia (era proprio il giorno in cui Emily è morta) di scrivere un post per festeggiare, ma lo faccio oggi.
Poiché quando sono particolarmente giù l'unica attività che veramente è capace di distrarmi e di risollevarmi un poco lo spirito rimane la letteratura (sarà pure un luogo comune, ma io a ragion veduta sento di poter dire che mi ha salvata tantissime volte e che su di me esercita un potere medicamentoso e lenitivo del dolore), vorrei festeggiare oggi, anche se con qualche giorno di ritardo, la nascita del blog parlando del libro che sto leggendo e aggiungendo qualche considerazione sulla letteratura in genere.
Si chiama Tiger, Tiger, scritto da Margaux Fragoso ed è una storia vera.
Il tema è scabroso e molto triste. Parla della sua relazione con un pedofilo - che lei conobbe quando aveva sette anni, mentre lui era già cinquantunenne - durata ben quindici anni e terminata con il suicidio dell'uomo.
Da ragazzina circuita e sedotta ad amante consenziente, seppure sottomessa.
Mi ha incuriosita perché in copertina è riportato un giudizio positivo di Alice Sebold, conosciuta per il bel romanzo dal titolo Amabili resti da cui Peter Jackson ha tratto un film, ma che aveva esordito con una storia autobiografica e non meno tragica di quella della Fragoso, raccontata in Lucky (la storia ripercorre il terribile episodio del suo stupro, quando era ancora adolescente, e poi il trauma degli anni a seguire, l'identificazione dello stupratore e quindi il processo ecc.).
Ciò che rende Lucky della Sebold un'opera di letteratura, mentre non si può dire altrettanto di quella della Fragoso - per quanto in entrambe l'atto dello scrivere sia stato finalizzato ad affrontare, lenire e curare un vissuto drammatico - è proprio la capacità di astrarre dal proprio dato autobiografico per tendere a un universale in cui il lettore sente di potersi in qualche modo riconoscere.
Io credo che le vicende personali e i romanzi autobiografici in generale interessino poco se non anche paradigmatici di una condizione universale. Persino la morbosità che potrebbe portare a scegliere letture come quelle sopra indicate, è indice comunque di un voler sbirciare nell'altro accadimenti, sentimenti, perversioni, emozioni che comunque sia, in quanto umani, appartengono, seppure in maniera infinitesimale, a tutti (e quindi è riconoscibile un processo di astrazione o immedesimazione). Nella vittima e carnefice, seppure simbolicamente, alla fine si riconosce ognuno di noi. Ma tanto più una lettura sarà efficace, quanto più la storia diviene appunto simbolica di altro, di un qualcos'altro entro cui ogni lettore - per quanto abbia fatto esperienze del tutto lontane e diverse da quelle raccontate dallo scrittore o scrittrice - potrà ricondurre il proprio orizzonte interpretativo, quale esso sia.
Io penso che un bravo scrittore possa riuscire a rendere interessante qualsiasi storia o piccolo evento autobiografico purché appunto sappia connotarlo di quell'astrattezza necessaria a renderlo polisemantico. Che è esattamente ciò che manca, almeno fino al punto in cui sono arrivata, al libro della Fragoso (e che invece apparteneva a Open di Agassi, di cui ho parlato qui o al succitato Lucky della Sebold).
Un vero peccato avere sotto mano un materiale così incandescente come quello narrato in Tiger, Tiger e non riuscire a plasmarne gli elementi in un tutto alchemico capace di trasformare il fatto di cronaca in opera di letteratura.
I fatti si susseguono in maniera quasi automatica, a tratti noiosa (specialmente nella prima parte in cui descrive i rituali delle loro giornate) e ciò è un peccato perché comunque la prosa è buona, la capacità descrittiva eccellente. Quel che manca è il mordente, le atmosfere e soprattutto l'elaborazione del dato vissuto. L'esperienza non diventa riflessione e quindi non aggiunge spessore alcuno al racconto.
Non so se nella seconda parte, che ho iniziato da poco, ci sarà qualche progresso in questo senso, ma d'altronde siamo già a metà libro e se anche decollasse, sarebbe per un brevissimo volo, cosa che quindi non cambierebbe di molto il giudizio complessivo.
Tornando al potere salvifico della letteratura, indubbiamente l'atto dello scrivere in sé, specie se autobiografico, ha una valenza enorme in questo senso; però la letteratura diventa tale pure per chi legge solo quando in qualche modo il percorso mentale dell'autore si sovrappone a tratti - simbolicamente o metaforicamente - a quello di chi legge.
12 commenti:
Ho avuto una giornata pesante, tutta rivolta agli altri (animali convalescenti compresi) e l'unico momento per me è questo.
Non posso credere a quanto scrivi riguardo i tuoi amati felini, l'equilibrio faticosamente raggiunto in pochi istanti si infrange e noi ci sentiamo perduti ed impotenti...
E io che avrei voluto fare qualche considerazione leggera e gioiosa su questa loro festa che qualcuno da qualche anno ha deciso di istituire...
Sono sicura che il recinto momentaneamente intaccato dalla cattiva sorte si richiuderà a breve e gli adorati mici rimarrano al suo interno, protetti dal tuo grande amore.
Per evitare la sofferenza non bisognerebbe amare, questo è il prezzo che dobbiamo pagare per aver scelto di metterci in gioco e di vivere al cento per cento la nostra esistenza.
Sono certa che anche tu come me sei coraggiosamente disposta a rischiare di soffrire perchè coraggiosamente AMI.
Ti abbraccio amica mia, ti chiedo di rimanere ottimista e scusami se non sono stata molto nitida nell'esposizione ma il mio corpo chiede riposo e mi converrà concederglielo.
Buonanotte, Rita cara.
Mi dispiace tanto per la tua gattina, non conosco questa malattia e sinceramente dopo che ho letto il tuo post ho cercato un po'in rete, davvero terribile!
Maura, amica mia, sei stata nitidissima ed efficace come sempre nel comunicarmi i tuoi pensieri e soprattutto forte e sentito mi è giunto il tuo abbraccio, che ricambio con tanto affetto.
Sara, sì, veramente una malattia terribile. Incredibile poi come nel giro di pochissimi giorni consumi proprio letteralmente il corpicino dei gatti.
Grazie per la tua vicinanza.
Rita, sono dispiaciuto per i gatti, e per il tuo dolore. Quando dei compagni cari se ne vanno dalla nostra vita, e la loro presenza scompare da questo mondo, non c'è consolazione sufficiente. Ti aiuterà più vanti ripensarli, e ricordarli con dolce malinconia: la vostra vita insieme sarà tutta nei tuoi ricordi.
(Personalmente, credo che da qualche parte loro ci siano ancora vicini).
Per quel che riguarda il terzo compleanno del blog, ti faccio le mie congratulazioni. Brava , continua così.
Grazie Giovanni, in qualche modo, come scrivevo di Blake, a me sembra che siano ancora qui, solo in certi momenti realizzo che non li vedrò mai più, che non fanno più parte di questo mondo e allora mi assale un'angoscia infinita e sento proprio un dolore fisico al petto. Ricordarli mi aiuta molto però... e non smetterò mai di farlo.
Grazie anche per i complimenti che mi fai per il blog, già tre anni, eppure mi sembra ieri. Mi ha dato molte soddisfazioni, di vario genere. Soprattutto mi ha fatto conoscere persone che altrimenti non avrei mai avuto modo di incontrare e da lì sono nate anche tante belle collaborazioni. Pure Leonardo l'ho conosciuto attraverso il blog, in fondo.
Carissima Rita, mi dispiace moltissimo per la perdita dei tuoi due mici, conosco il vuoto che i nostri animali lasciano quando se ne vanno… Se poi è stata una brutta malattia a portarseli via è ancora più doloroso.
Eppure se non li avessimo avuti con noi la nostra vita sarebbe stata un po' più grigia, e forse anche la loro, magari non sarebbero stati amati come lo sono stati da noi e non avrebbero avuto l'esistenza serena che hanno vissuto al nostro fianco.
Ti mando un abbraccio, anche da parte dei miei vecchietti (Hitch, Polly il cane abominevole e il piccolo Clint)
oddio l' autocelebrazione, io mai fatta col mio blog
Cara Martigot, hai ragione e razionalmente queste cose me le dico anche io.
Peraltro, per quanto breve, la loro esistenza e persino morte è stata comunque migliore di quella di tantissimi altri animali che nascono, vivono e muoiono nell'indifferenza più assoluta, considerati solo numeri, nulla più, come sappiamo bene. Ma certo che emotivamente affrontare due perdite importanti così a poca distanza l'una dall'altra è durissima.
Grazie per il tuo abbraccio, ricambio fortemente, anche a Hitch, Polly e il piccolo Clint. :-)
Erika, dove leggi autocelebrazione, scusa?
Mica ho detto "quant'è figo il mio blog", ho solo scritto che sono tre anni da quando è stato aperto.
Molto appropriato poi il tuo commento, considerando che ho iniziato il post dicendo che per me è un periodaccio perché ho perso due gatti in una settimana... io questo lo chiamo "sfogo", più che autocelebrazione.
Senti, fammi un favore, non lasciarmi più commenti. Preferisco. Grazie.
Rita scusa avevo letto solo il titolo del tuo post e non sapevo nulla della morte dei tuoi gattini, comunque ti voglio bene e sei un punto fermo per me sempre, questo blog è un' oasi tranquilla in confronto a quell' altro blog di cui ho parlato nel mio blog ( tu sicuramente sai a chi mi riferisco ).
Un abbraccio
Tutto a posto Erika, scusami anche tu. Ti voglio bene e ti abbraccio anche io. :-)
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