(Due esseri senzienti con la stessa voglia di vivere, riposano insieme)
di Veganzetta, Gallinae in Fabula, Manifesto Antispecista, Mappa Vegana Italiana, Forum Etici, Campagne per gli Animali, Ippoasi, Dariavegan, Progetto Vivere Vegan, Veganierranti
Vivere nonostante i problemi di salute che l’affliggono non deve essere facile per Caterina, e a lei, contrariamente a quello che è accaduto sul web, va la nostra solidarietà di antispecisti. Avere 25 anni e non poter godere appieno della vita, e dipendere da macchinari e farmaci è una tragedia personale, alla quale però Caterina Simonsen ha voluto rispondere avallando una tragedia collettiva.
La tragedia collettiva di cui parliamo è la vivisezione o sperimentazione animale, come preferiscono definirla coloro che la difendono, comunque la si voglia chiamare, facciamo riferimento a una vergogna per l’umanità tutta, una pratica a cui soggiace un concetto allucinante: il fine giustifica i mezzi; qualunque scelta o azione è lecita pur di ottenere un risultato utile o positivo per chi la compie.
Caterina dice di amare gli Animali, è vegetariana (cosa lodevole), si fa fotografare abbracciata al suo compagno canino, studia per diventare una veterinaria, insomma la si potrebbe definire una persona a cui stanno a cuore gli Animali, allo stesso tempo per far fronte alla sua situazione difficilissima, e umanamente comprensibile, non esita a utilizzare metodologie derivanti dallo sfruttamento degli Animali. Ma chi non lo farebbe se fosse al suo posto? Ben pochi avrebbero il coraggio di spingere la propria coerenza personale sino a tali limiti. Se quindi di comprensione e di empatia si può parlare in questo caso, non possiamo, in tutta onestà, condividere il suo appello in favore della strage di milioni di Animali in nome di un “bene supremo” che sarebbe la salute umana (e nello specifico la sua).
Non possiamo e non vogliamo condividere un appello che trasforma una persona umana affetta da rare patologie in uno spot vivente pro-vivisezione, divenendo lei stessa strumento propagandistico (si spera del tutto inconsapevolmente, ma dubitare è lecito) nelle mani di chi gli altri è abituato a strumentalizzarli – a usarli - quotidianamente; e ciò perché siamo assolutamente convinte/i che mai i fini possano giustificare i mezzi. Perché se ciò accadesse, se tale paradigma divenisse consuetudine universalmente condivisa (ma forse lo è già), non ci sarebbe limite alla violenza, alla sofferenza e al dominio sull’altro. Molti in ambito animalista hanno accomunato le pratiche mediche naziste inflitte agli ebrei ai protocolli sperimentali con l’utilizzo di Animali, se il paragone può sembrare esagerato o retorico (ma del resto adeguato alla situazione visto e considerato che la stessa Caterina ha usato pubblicamente il termine “nazi-animalisti”), a sgombrare il campo dagli indugi basterebbe elencare le numerose conoscenze mediche, biochimiche e fisiologiche, le sostanze chimiche, che ancora oggi vengono utilizzate per il “bene supremo” umano, e che sono derivanti da torture inflitte agli ebrei nei campi di concentramento e sterminio nazisti: come il comune test di Clauberg sulla fertilità (per maggiori informazioni si legga: http://www.veganzetta.org/?p=3756), o sostanze di derivazione ormonale come il Progynon e il Proluton, largamente impiegate nei casi di sterilità e di rischio di aborto nella donne; sostanze che possono salvare la vita di un nascituro, o dare la gioia a una persona di avere un figlio. Chi siamo noi per giudicare delle persone che ricorrono a queste soluzioni nella speranza di guarire da una patologia che le ha colpite? Ma allo stesso modo chi siamo noi per giustificare i metodi raccapriccianti che hanno portato alla messa a punto di tali sostanze? Per Caterina le medicine che assume significano vivere, per molti altri esseri senzienti hanno significato dolore e morte. Caterina diviene vittima di malattie che possono, a oggi, essere curate solo con sostanze che hanno causato vittime non umane a migliaia: lei non ha colpa di tutto ciò. Ma ne diviene complice nel momento in cui decide di difendere pubblicamente tali metodi: non ne ha alcun diritto né come persona umana, né come malata. E’ questo il suo grande errore, ed è questo che non possiamo e non vogliamo condividere, e che anzi condanniamo fermamente. Nessun fine può giustificare i mezzi, nessuno oserebbe affermare ciò che afferma Caterina se le vittime sacrificali fossero i propri cari, la propria famiglia, o anche il proprio Cane (lo stesso della foto di cui si parlava prima, per esempio), questo perché saremmo colpiti nei nostri sentimenti, nei nostri affetti più profondi: meglio che accada ad altri, lontani, distanti da noi, diversi. In fin dei conti le vittime di Clauberg erano per i nazisti “solo ebrei”, quindi meno che umani, e le vittime dei farmaci che assume Caterina erano “solo animali”, quindi nemmeno umani.
Di sicuro molte persone si sentono più sicure perché protette da eserciti e da servizi segreti pronti a tutto pur di difendere un determinato modello di vita, anche a costo di torturare Umani, di imprigionarli, di ucciderli, di richiuderli ed espellerli come si fa con oggetti non desiderati. Ma ciò può essere sopportato solo da chi da queste vergogne trae giovamento, da chi ha la fortuna di trovarsi dalla parte del più forte. Ma a quale prezzo? Ci sarà mai fine a questo macello quotidiano che smembra Animali, Umani e il Pianeta stesso? E’ questo egoismo assurdo che abbiamo il dovere morale di sconfiggere, partendo da chi è l’ultimo degli ultimi: il non umano, vittima anche delle cure che salvano Caterina e in definitiva tutte/i noi.
Vorremmo vedere il sorriso di Caterina senza una maschera di plastica, ma allo stesso tempo vorremmo che tale sorriso non significasse lo strazio di milioni di altri esseri senzienti che hanno il suo stesso diritto a vivere una vita serena. Affermare che ora non si può fare altrimenti non può essere una giustificazione, sarebbe solo una resa ipocrita e una degradazione morale. Una scienza priva di un’adeguata riflessione etica è solo un’aberrazione della nostra propensione alla conoscenza, e può solo generare mostruosità, ingiustizie e dolore. La fine della sperimentazione sugli Animali non è una questione legata al superamento di necessità contingenti, ma è meramente una questione di volontà.
Per quanto esposto ci dissociamo da chi augura la morte a Caterina Simonsen, ma anche dalla sua presa di posizione a favore della tortura animale.
Saluti antispecisti.
Veganzetta, Gallinae in Fabula, Manifesto antispecista, Mappa Vegana Italiana, Forum Etici, Campagne per gli Animali, Ippoasi, Dariavegan, Progetto Vivere Vegan, Veganierranti.
5 commenti:
Il problema non è se i mezzi sono giusti o no, lo sappiamo tutti che non lo sono, anche noi che siamo lontani dalle battaglie degli attivisti lo sappiamo, il problema vero però è che col moralismo, coi sensi di colpa, col sensazionalismo emotivo (i video degli animalisti premono su tasti non dissimili da quelli del respiratore di Caternina Simonsen) e con qualche ombra di qualunquismo (mi riferisco al discorso sugli eserciti e i servizi segreti che non c'entrano nulla) non si arriva da nessuna parte: se uno sta male si vuole curare, c'è scritto nelle costituzioni che può farlo e la ricerca oggi, vista come industria del benessere o vista come salvezza o vista in entrambi i modi, si fa colla sperimentazione sugli animali. L'unica maniera che si ha di fermare questo processo è produrre nuovi mezzi alternativi, senza il dolore degli animali, che abbiano risultati uguali o migliori di quelli che prevendono la morte degli animali e con una spesa pari o inferiore. A quel punto nasce la battaglia politica. Lì si hanno gli elementi per fare delle riforme sul modo di attuare la ricerca. Senza questi risultati, non ha alcun senso andare a sabotare laboratori pieni di topi "fabbricati" secondo gli standard della ricerca, i quali liberati oggi muoiono dopodomani per via delle tare genetiche che gli hanno creato per reagire alla sperimentazione.
Un'altra maniera di ragionare potrebbe essere quella di immaginare un mondo dove i diritti umani sono estesi agli animali. In questo senso qui mi sento di simpatizzare con tanti animalisti e con Rita che so nutrire idee molto simili.
Un saluto
Ciao Dinamo e grazie per il tuo commento.
Il problema del produrre i mezzi sostitutivi è molto complesso perché in realtà di fatto ci sarebbero già se non venissero ostacolati in ogni modo e se venissero destinati fondi sufficienti.
Il tutto però rientra in un paradigma più ampio che è quello della scienza e che non dovrebbe più essere considerata come una branca del sapere isolata da tutto il resto, ma un ramo della nostra cultura di cui la collettività tutta dovrebbe farsi carico, investendo su un ripensamento in grado di dismettere le vecchie categorie di pensiero legate ad esempio all'utile o non utile.
Si tratta, a mio avviso, di ripensare in maniera più ampia proprio il concetto stesso di umanità e di superare questa corsa a un progresso (solo per pochi) finalizzato a un'illusoria conquista dell'immortalità. Ciò che dovremmo fare è accettare la nostra mortalità, riconoscerci per gli animali fragili che siamo e che nasciamo e moriamo al pari di tutti gli altri. Infine è il solito vecchio adagio che dovremmo perseguire, ossia quello di non "sfidare gli Dei".
In quanto alle azioni dirette quali la liberazione di molti o pochi individui, dissento dalla tua posizione, io infatti le inquadro come azioni di piena disobbedienza civile con precise finalità politiche e non è vero che quegli individui moriranno comunque, ossia, sì, moriranno comunque (come tutti noi), ma intanto dopo aver ottenuto il riconoscimento di senzienti che meritano. Conosco tante persone che hanno adottato individui salvati dai laboratori e a cui è stata restituita una piena dignità di individui; comunque sottratti a ulteriori torture e a una morte iniqua. Per me, come sai, questi gesti hanno un valore immenso. Non sono mai liberazioni finalizzate "solo" a salvare delle vite (di fatto ogni vita ha un valore inestimabile e non è mai "soltanto" una vita), ma portano sempre con sé il valore di una testimonianza che è anche sempre politico.
Un saluto a te e grazie ancora.
P.S.: ho cancellato e ripostato il mio commento perché c'era una frase che risultava ambigua (quando dicevo che dissento con te in tema di azioni dirette, sembrava, a una lettura superficiale, che avessi scritto che dissentivo con l'azione diretta proprio).
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