sabato 30 novembre 2013

Allo specchio




"Conosciamo noi stessi solo fin dove
siamo stati messi alla prova.
Ve lo dico
dal mio cuore sconosciuto.
"

(Wislawa Szymborska)

Quanta verità in queste parole. Solo le esperienze della vita ci portano man mano a rivelare a noi stessi chi siamo. Così ci scopriamo spesso più forti e duri di quel che sospettavamo, o, al contrario, più pavidi e fragili.
E mi viene in mente quel capolavoro della letteratura che è Lord Jim di Conrad, dove l'eroe si scopre non abbastanza eroe e lotta per riappacificare quell'ideale del sé tradito dalla bruciante scoperta dei suoi limiti e fallimenti.

giovedì 28 novembre 2013

La liberazione degli animali come atto politico? Conversazione con gli attivisti di Essere Animali sulle strategie dell'azione diretta antispecista ed ecologista radicale

 

Gallinae in Fabula ha il piacere di annunciare un incontro con gli attivisti di Essere Animali, da diversi anni impegnati nella lotta antispecista, attraverso varie forme di impegno che vanno dalla sensibilizzazione tramite azioni dimostrative anche spettacolari, alle investigazioni nei luoghi di reclusione e sfruttamento, alle azioni di liberazione e salvataggio degli schiavi animali.

Nel corso della serata sarà presentata l'ultima investigazione, realizzata negli allevamenti di visoni italiani, e sarà proiettato un nuovo filmato esclusivo proposto per la prima volta al pubblico.

Si parlerà di azione diretta - che dopo i fatti di Green Hill ha visto un'entusiasmante diffusione anche internazionale - per avviare, a partire dalle esperienze dei protagonisti, un proficuo dibattito pubblico sulle varie strategie in campo; e per compiere un'analisi dei contesti e delle diverse finalità che ogni azione si prefigge, cercando di far luce su tutti i punti nodali in vista di una pratica sempre più di massa, incisiva e politicamente efficace:

Come si organizza e pianifica un’investigazione e una liberazione? Cosa cambia se la liberazione è segreta o compiuta alla luce del sole, a volto scoperto? Quali gli obiettivi raggiungibili nell'immediato? Serve "soltanto" a salvare alcune vite individuali, strappandole dall’orrore quotidiano che le opprime, o si inquadra entro un'autentica prospettiva d'azione politica?

A seguire aperitivo cruelty free. 

L'incontro si terrà il 13 dicembre presso la Città dell'Altra Economia, a Roma, alle ore 20,00. Non serve prenotazione.

Vi aspettiamo!

domenica 24 novembre 2013

Quella violenza che non immagineresti mai...



Le varie investigazioni sotto copertura effettuate negli allevamenti ci mostrano che gli episodi di intollerabile violenza nei confronti degli animali sono tutt'altro che rari, anzi, si può dire che in una certa misura essi costituiscano la "normalità".
Non credo tuttavia che abbiamo a che fare con dei sadici o con dei "mostri" ("mostro" è solo un termine che usiamo per tracciare un confine netto tra noi e l'indicibilmente "altro" che commette una violenza che non ci riguarda), bensì con persone che mettono in atto dei precisi meccanismi psicologici di riduzione del vivente a "cosa" perché è solo convincendosi che quegli esseri che stanno "maneggiando" siano oggetti che troveranno il coraggio e la forza di continuare a svolgere quel lavoro. Un lavoro che massacra migliaia di animali non umani e che abbrutisce gli esecutori di tale scempio.
Nel loro infierire contro quei corpi indifesi è evidente la manifestazione di una forma di rabbia e frustrazione interiore che li porta a denigrarli e violentarli sempre di più perché solo denigrando e violentando il vivente lo si riduce a "cosa".

giovedì 21 novembre 2013

La morte in vita

"La violenza che pervade il mondo è una tragica manifestazione della paura, dell'insicurezza strutturale dell'essere e dell'essere in un mondo che è sempre più insicuro e violento.
La circolarità del male come conseguenza del dramma dell'essere senza sapere il perché e senza conoscere il senso della morte, che arriva sempre e sempre troppo presto. Il problema non è quando, ma perché arriva. Maledetta morte e, se la vita è morte, allora perché arriva la maledetta esistenza che è riducibile a coscienza di morte?
"

(Vittorino Andreoli - La quarta sorella)

venerdì 15 novembre 2013

Spigolature (7)


Si può - ed è anzi doveroso farlo - discutere sul sistema che permette e crea professioni come quella del vivisettore, del macellaio ecc., ma rispetto a chi impugna il coltello, mi pare evidente che l'animale ha comunque meno scelta, è comunque il soggetto oppresso per eccellenza, colui che subisce il dominio in assoluto.

È per questo che continuo a pensare che l'oppressione degli animali non umani, per quanto connessa a quella degli animali umani, abbia una sua specificità (nei metodi e culturale, ossia che riguarda la maniera in cui noi comunque culturalmente ci consideriamo al di sopra degli animali non umani) di cui bisogna tener conto.

Siamo tutti oppressi, vero, ma l'animale non umano è soggetto oppresso per eccellenza in quanto non ha possibilità alcuna di ribellarsi al dominio. Quando ci prova (ci sono tanti casi di animali che tentano di fuggire dalle gabbie, di ribellarsi all'aguzzino, vedasi tentativi da parte degli animali nei circhi, negli allevamenti ecc.) il suo rimane comunque un tentativo quasi sempre fallimentare.
Gli animali non impugnano coltelli, né fucili (il che potrebbe essere una parafrasi de "Il maiale non fa la rivoluzione").

venerdì 8 novembre 2013

Una breve riflessione sulla libertà



Ieri A Roma un elefante è riuscito a evadere dalla sua prigione, il circo, riuscendo ad assaporare, seppure brevemente, quel sogno indomito di libertà che si porta dentro da sempre.
Ha un’espressione lieta nelle due foto che circolano in rete, tutto intento a mangiucchiare i ramoscelli di erba selvatica del campo su cui si è messo allegramente a passeggiare, dirigendosi verso il mercato ortofrutticolo del rione di Porta Nona, forse, chissà, attratto dai colori variopinti della frutta di stagione.
Rispetto al povero cucciolo di giraffa Alexandre, anche lui evaso più di un anno fa dalla prigione-circo, e ucciso per una dose letale di sonnifero somministratagli nel tentativo di catturarlo, direi che all’elefante è andata apparentemente meglio, anche se non so quanto si possa considerare “meglio” la prospettiva di trascorrere il resto della sua vita in una prigione, costretto a eseguire umilianti numeri per sollazzare umani con il gusto dell’esercizio del potere sui più deboli e indifesi.
A fronte di tutti questi vari e ripetuti nel tempo tentativi degli animali di scappare dai luoghi della loro prigionia, ne ricavo l’assoluta certezza che essi sappiano bene cosa sia la libertà, pur essendone privati e persino quando nati in cattività: la annusano, la sognano, la cercano, vi aspirano continuamente. Come un desiderio genetico trasmesso di generazione in generazione, come un’impellente necessità etologica, seppure nati schiavi, essi sanno e cercano la loro libertà (che poi non è altro che poter esprimere e portare compimento tutte le loro potenzialità etologiche – fisiche e psicologiche – relative alla specie d’appartenenza).
Noi animali umani invece siamo schiavi dei nostri schemi mentali senza nemmeno rendercene conto, intrappolati in una ragnatela culturale che noi stessi abbiamo intessuto con le nostre mani (diceva Max Weber), eternamente servi di un potere che noi stessi contribuiamo ad alimentare e perpetrare.
Proprio ieri leggevo nelll’ultimo romanzo di Vittorino Andreoli, dal titolo La quarta sorella, una bella discussione proprio sul tema della libertà: una discussione condotta da tre diversi personaggi femminili che a turno enunciano le loro diverse tesi argomentandole ed elaborandole diffusamente.  Se ne evince che una visione distorta del concetto di libertà tende ad assimilare quest’ultima proprio al potere, o, peggio, ad identificarla con esso, in quanto si tende erroneamente a credere che più potere si abbia e più libertà di agire, intesa come una somma di privilegi e di possibilità di accedere a beni illimitati, si conquisti: “Io vedo dappertutto desiderio di potere e leggo questo bisogno come desiderio di libertà o di liberazione da soprusi e da imposizioni, dall’obbligo di obbedire, che invece dovrebbe caratterizzare la voglia di dipendenza. Il dipendente obbedisce, il potente comanda. (…) La storia dell’uomo, mie care sorelle, tende verso la libertà e la motivazione che lo spinge è la conquista del potere, altro che la dipendenza”.

Continua su Gallinae in Fabula.

Qui invece un breve dialogo sempre sul tema della libertà.

sabato 2 novembre 2013

Sulla violenza: facciamo un po' di chiarezza



 (Foto dall'album di EssereAnimali relativo alla recente liberazione a volto scoperto di due maialini)

Molta gente dichiara di amare gli animali.

I cacciatori dicono di amare la natura, anche se scaricano i loro fucili contro qualsiasi cosa si muova.
I bracconieri insistono che anche loro amano gli animali e sostengono che le tagliole che usano non sono troppo dolorose per gli sfortunati animali che vi restano intrappolati.
Persino i vivisettori millantano amore verso gli animali, insistendo che le torture cui sottopongono i nostri fratelli e sorelle sono necessarie per la salute umana.
L'egoismo e l'antropocentrismo delle convinzioni di cacciatori, bracconieri e vivisettori dovrebbe essere evidente anche per le persone che non si interessano di animali.

Ma per i liberatori, la visione di alcuni presunti "amanti degli animali", compresa quella dei membri di organizzazioni "umanitarie", è altrettanto ridicola.

Questi presunti amanti e difensori degli animali, sono degli ipocriti, per come la vedono i liberatori: torturare e uccidere animali nei laboratori è giustificabile, se si tratta di ricerca "necessaria", purché sia fatta in modo compassionevole.
Persino mangiare animali è accettabile, purché siano "macellati in modo umanitario".
Per i liberatori, che vedono gli animali come la propria famiglia, il concetto di "macellazione umanitaria" è un ossimoro, come "intelligence" militare.
I liberatori pensano che uccidere un essere innocente, umano o non umano, che non vuole morire non sia umanitario.


Gli animali non hanno bisogno di un movimento per l'educazione degli umani.
Hanno bisogno di un movimento per la liberazione animale!

Gli animali saranno rispettati o perché la gente li ama, o perché la gente avrà paura di quello che gli potrebbe accadere se non li si tratta con rispetto!
Questa è la regola che i liberatori usano per capire come gli umani trattano gli altri.
Poiché gli animali non possono ribellarsi all'aggressione e allo sfruttamento umano, sta ai liberatori farlo in vece loro.

Ci vuole tempo, per cambiare il nostro pensiero e comprendere quello dei liberatori.

Forse siete abituati a considerare come amici e membri della vostra famiglia soltanto gli esseri umani. Ma guardatevi intorno! Per il liberatore, ogni creatura che cammina, nuota, striscia o vola è una amico e fa parte della famiglia.
Piante, ruscelli, montagne, campi e laghi sono la casa di questa famiglia.
I liberatori trovano lì i propri affetti, tra gli esseri che considerano la propria famiglia.
"

(Screaming Wolf - Dichiarazione di guerra.)


La dichiarazione di cui sopra, molto diffusa tra gli animalisti, proviene da un testo anonimo pubblicato nel 1991 negli USA.
Chiunque si attivi per la liberazione animale dovrà prima o poi fare i conti con il complesso e dibattuto tema della violenza e ritengo che se ne dovrebbe parlare e discutere in maniera serena, senza pregiudizi o timori di sorta. Mi rendo altresì conto che formulare un’etica assolutista in questo senso è assai difficile poiché contesti e situazioni diverse richiedono talvolta soluzioni e approcci diversi.
Purtuttavia, sostengo, senza indugio alcuno, che noi attivisti dovremmo usare sempre e solo i metodi nonviolenti e della disobbedienza civile; nonviolenti - aggettivo che comprimo in un unico termine in quanto quello della “nonviolenza” è un concetto ben definito che racchiude una molteplicità di mezzi e contempla vere e proprie azioni strategiche: metodo che è stato dettagliatamente teorizzato, elaborato e messo in pratica da Gandhi – a sua volta ispirato dalle riflessioni contenute nel breve, ma denso saggio di Thoreau dal titolo “La disobbedienza civile” - ben distinto dal “pacifismo” in quanto la “nonviolenza” non indica appunto passività, bensì l’azione vera e propria, sebbene condotta senza ausilio di armi tradizionali, ma con l’esortazione a fare del proprio stesso corpo un’inedita arma di resistenza contro il potere e le ingiustizie sociali. 

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