La nostra vita non è nostra, da grembo a tomba, siamo legati ad
altri, passati e presenti, e da ogni crimine e ogni gentilezza generiamo
il nostro futuro (Cloud Atlas – Lana and Andy Wachowski, Tom Tykwer)
L’animalista, di questi tempi, conduce una vita tutt’altro che semplice.
Osteggiato dalla pressoché totale
maggioranza degli specisti – ossia le persone indifferenti allo
sfruttamento e sofferenza degli animali – ritratto caricaturalmente come
quel fannullone svitato che non ha nulla di meglio da fare se non
occuparsi delle sorti di cani, gatti, mucche ecc., in aggiunta deve
anche subire lo sprezzo e la denigrazione di alcuni antispecisti: i
quali avrebbero in mente un archetipo dell’animalista che di
fatto non esiste – applicabile al massimo solo a pochi elementi – o che,
nella migliore delle ipotesi, non corrisponde nemmeno minimamente
all’evoluzione di cui il variegato movimento per la liberazione animale è
stato protagonista negli ultimi anni.
Spazziamo via subito alcuni
fraintendimenti: per animalista qui si intende colui che realmente si
impegna per porre fine allo sfruttamento degli animali, nonché colui che
lotta contro la discriminazione morale di specie. Non chi vezzeggia il
proprio cagnolino, ma poi indossa la pelliccia. Inoltre, poiché
l’animalista si impegna a eliminare anche proprio la discriminazione
morale di specie, va da sé che è anche, tautologicamente, antispecista,
intendendo tale termine nella sua accezione etimologica originaria, la
stessa poi divulgata dai padri dell’antispecismo stesso, ossia Peter
Singer e Tom Regan. Le volontarie e i volontari dei canili, le gattare e
i gattari – i quali, per inciso, hanno tutto il mio rispetto,
trattandosi sovente di persone che destinano quasi l’intero loro
stipendio o pensione, nonché buona parte del tempo libero a nutrire e
curare colonie createsi a causa dell’indifferenza e inciviltà di altri
- che però discriminano, con i loro comportamenti e scelte, le altre
specie animali, non sono animalisti, ma semplici zoofili (provano cioè
una passione smodata per gli animali, o per alcune specie animali;
questo non significa che tale passione non possa un giorno evolversi in
qualcosa di più compiuto e consapevole, come appunto l’animalismo).
Trovo quindi veramente ingeneroso il
tentativo di spacciare l’animalista per una versione meno raffinata,
quindi più gretta e meno evoluta, dell’antispecista, così come trovo
supponente il volerlo dipingere con i tratti di un ingenuotto incapace
di comprendere le complesse dinamiche di sistema.
Continua su Asinus Novus.
4 commenti:
Io sono nata gattara.
E dei tratti caricaturali, francamente me ne frego, come di molte altre cose.
E fai bene a fregartene.
Ma per amore di giustizia, questo pezzo lo dovevo a tutti gli animalisti che si fanno un culo così da mane e sera che ultimamente vengono un po' troppo bistrattati da alcuni antispecisti (non tutti, ovviamente, tanto che io mi definisco sia animalista, che antispecista e non ho mai guardato dall'alto in basso gli animalisti come se fossero "una categoria" inferiore.
Poi sono anche gattara. :-) E zoofila perché amo tutti gli animali, li amo e li rispetto.
Brava Rita, condivido. Io comunque parlerei di animalisti antispecisti, animalisti zoofili, ecc. Fino a non molto tempo fa nemmeno io mi definivo animalista, ma poi mi è sembrato sbagliato, perchè così non si fa altro che creare una frattura interna al movimento e non si permette un buon dialogo che possa far sì che un animalista zoofilo "evolva" come animalista antispecista, che poi, se manca questo dialogo, come possiamo pensare di affrontare un dialogo con la comunità specista? Poi criticare va bene, ma penso che bisogna essere molto cauti altrimenti la critica difficilmente viene accolta in maniera costruttiva, e viene recepita come offesa. Vabbè, godiamoci sta botta di caldo... qua sto per svenire :-)
Ciao Riccardo,
esatto, si parla continuamente di dialogare con l'esterno e poi però si mettono in atto meccanismi di esclusione verso le persone più direttamente coinvolte nel movimento: mi pare paradossale.
E soprattutto, come dici tu, esistono critiche costruttive, e sono una cosa, poi le offese, che sono altro.
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