venerdì 31 maggio 2013

A volte la realtà sa essere davvero surreale

Ho appena scoperto che esiste una pagina FB che si intitola "Butchers for children" (trad. macellai per i bambini) nata, debbo ammettere, per un fine nobile, ossia aiutare con i fondi raccolti attraverso l'offerta di quelli che loro chiamano "i nostri prodotti" (in realtà sono pezzi di animali uccisi all'uopo) i bambini vittime del terremoto dell'Emilia Romagna. A parte che il fine non giustifica i mezzi (il fine è nobile, ma i mezzi, in questo caso la macellazione degli animali, non lo è), ma ciò che mi ha lasciata esterrefatta è la sequela di slogan e immagini mistificatori al massimo, anzi direi che si tratti e di vere e proprie falsificazioni: "la ciccia fa bene ai bambini", "insieme per ricostruire", "i sapori della solidarietà" ed altre sempre sullo stesso tenore.
Ora io vorrei tanto sapere come si può anche solo pensare di essere solidali offrendo corpi fatti a pezzi di esseri senzienti e come si può pensare di "ricostruire" un futuro, un qualcosa qualsiasi basandosi sulla violenza inflitta su corpi di esseri indifesi almeno - se non di più, poiché meno tutelati - quanto i bambini.
Proteggere i cuccioli di una specie e massacrare quelli di altre convinti che sia giustissimo poiché legale (i gestori della pagina avvertono di non insultare perché la macellazione è consentita e legale). 
That's la realtà. No, anzi, la surrealtà.
Bene, conscia dell'altrettanto surrealtà del mio gesto, ho deciso di lasciare qualche commento ai Butchers for children (ma poi perché in inglese? Forse in italiano suonava troppo male? Beh, in effetti "macellai per i bambini" non è proprio il massimo), sempre sulla loro pagina FB. Uno è questo: Voi dite: "nessuno è costretto a mangiare carne", ma il problema non sono le nostre preferenze alimentari perché non è di questo che stiamo parlando, il problema sono le vite di altri esseri senzienti che COSTRINGETE a finire appese ai ganci a morire dissanguate. Come fate a non capire che non stiamo discutendo della nostra o vostra libertà di mangiare carne o meno, ma della libertà di un terzo elemento in gioco, che è il diretto interessato, il solo interessato, visto che è della sua vita o morte che stiamo discutendo? Io capisco che il vostro, per voi, è un lavoro come un altro, ma sarebbe ora di riflettere sul fatto che invece non si tratta affatto di un lavoro come un altro, visto che implica violenza e causa sofferenza e morte di esseri senzienti (urlano e scalpitano vero, gli animali, quando stanno per essere uccisi?). Perché non riflettete sulla possibilità di cambiare mestiere e di trovarne uno più etico? Molti macellai l'hanno fatto e oggi sono diventati attivisti per la liberazione animale. Persino Tom Regan, il filosofo dei diritti animali, ha lavorato, da giovane, per un periodo, in un macello, mentre oggi si batte per la liberazione animale.

Un altro, molto più sbrigativo, questo: Perché non mettete qualche video che mostri l'uccisione degli animali? Sicuri che ai bambini piacerebbe vederlo? Ricostruire come, sulla violenza inflitta ad altri esseri senzienti? 

Mi risponderanno, mi banneranno, si faranno due risate, se magneranno 'na bistecca al sangue per ripicca?
Ai posteri l'ardua sentenza. Comunque sia, penso che la fisiognomica di Lombroso non fosse del tutto priva di fondamento. Il link alla pagina non lo metto per non fargli pubblicità, ma insomma, se siete su FB (o anche no), provate a cercare e dateci un'occhiata. :-D

giovedì 30 maggio 2013

Potenzialità distrutte: anche questa è violenza




Ieri ho visto un servizio del tg in cui si parlava della crisi e degli allevatori. A un certo punto hanno inquadrato una fila di mucche, ognuna rinchiusa dentro il proprio recinto strettissimo, tutte con la testa china, in attesa di giorni sempre uguali fino alla fine. Rassegnate. Pensavo che la gente li vede (gli animali in genere) come oggetti perché noi li abbiamo trasformati in oggetti. E pensavo anche che se solo noi non gli avessimo impedito di relazionarsi con i loro simili liberamente, chissà quanto ancora avrebbero potuto evolversi. Secondo me noi abbiamo anche bloccato l'evoluzione degli altri animali, a forza di sfruttarli. Questo pensiero, ovviamente non confermato scientificamente, solo un'intuizione, mi è venuto perché, sempre ieri (giornata di letture proficue ieri, evidentemente!) leggevo un articolo in cui si parlava del fatto che ciò che rende possibile il libero arbitrio della specie umana è ciò che risulta dall'interazione sociale con i propri simili. In pratica si diviene consapevoli e autocoscienti grazie all'arricchimento di stimoli derivanti dalla relazione con i nostri simili, il che fa di noi animali specie homo sapiens dei soggetti sociali. Ma soggetti sociali sono tutti i mammiferi e numerose altre specie animali. Solo che noi, privandoli della possibilità di interagire liberamente nel proprio habitat, li priviamo anche della possibilità di sviluppare le loro facoltà cognitive ed emotive.
Pensiamo soltanto a cosa ne sarebbe di un essere umano costretto a trascorrere la sua vita dentro una gabbia, privato di ogni stimolo dall'esterno e contatto con il prossimo. Ecco, questo è ciò che noi facciamo agli altri animali, in pratica, ne mutiliamo anche tutte le potenzialità cognitive.

Breve degustazione di antispecismo debole




"Attenzione: poco importa se il capitalismo si sia sviluppato, effettivamente, come sfruttamento di uomini e animali insieme, o che "caput", radice di "capitalismo" si riferisca a "capo di bestiame". La genealogia dei problemi non coincide con la loro soluzione (questa è una fallacia grave): dunque, anche ammesso che tutto il discorso fatto nel paragrafo "Coscienti del sociale della storia umana", sia vero, non vuol dire che i due sfruttamenti nati insieme debbano cessare insieme o, più chiaramente, che la fine di uno sfruttamento implichi la fine di un altro sfruttamento. Ancora una volta sono costretto a precisare, affinché a queste pagine non seguano inutili controargomentazioni che non colgano il punto: non è che sia sbagliato o impossibile che la liberazione animale implichi quella umana; il fatto è che esistono altre possibilità equivalenti, che impongono di non dare per certo qualcosa su cui abbiamo delle semplici intuizioni non confermate.
Ma c'è di più, e la mia critica a questo modo di fare attivismo per gli animali non si ferma a constatarne l'incertezza. La mia critica più radicale è che non sia più attivismo per gli animali! Se un movimento animalista comincia a coinvolgere altri soggetti politici, perché la loro battaglia per i diritti umani è possibile solo se partecipano anche a quella per i diritti animali, sta facendo, davvero, un gioco molto sporco. E non tanto perché vende l'incerto per il certo, passi pure che non si è mai ragionato su quanto ho scritto in queste pagine, ma perché sia un pessimo argomento indiretto." (pag. 61)

"Un nuovo antispecismo deve avere la consapevolezza politica di un errore sistemico, e la padronanza morale delle devianze del singolo su cui, se possiamo, dobbiamo immediatamente agire." (pag. 72)

"C'è inoltre un ulteriore aspetto, più prettamente filosofico. Abbiamo un dato certo che riguarda gli animali non umani: sono sfruttati a miliardi per i nostri bisogni e capricci. Ne mangiamo le carni, ne beviamo il latte che spetterebbe ai cuccioli, li usiamo per la nostra scienza sperimentando sui loro corpi vivi e ci divertiamo addestrandoli a fare attività contronatura. Il detto "Del maiale, non si butta via nulla" è, piaccia o no, quanto di più vero si possa affermare. Ci sono numerose strade per opporsi a questo stato di cose, e molte le abbiamo viste in queste pagine. Alcune cercano di evidenziare le connessioni tra questo sfruttamento e altre forme di discriminazione; altre prescrivono un'idea di società giusta per mostrare quanto la nostra ne sia lontana. La "debolezza" di questo antispecismo è tale perché, pur rispettando tali modi di procedere, si limita a un compito più umile: agire nell'immediato per la liberazione animale attraverso qualsiasi strumento ci sia concesso. Non è ingenuità, tutti sappiamo che la società non è un insieme di singoli, ma un insieme di strutture e che la nostra possibilità di cambiare qualcosa passa dai vertici, e non dai componenti della società.
Qui abbandono, infatti, le vesti del filosofo per vestire quelle dell'attivista. Quando ci troviamo di fronte al volto animale, che soffre a causa del sistema che abbiamo creato, dobbiamo fare tutto il possibile per liberarlo, se l'animalismo ha un senso: questa liberazione è prioritaria." (pag. 76)

Da Il maiale non fa la rivoluzione. Manifesto per un antispecismo debole di
Leonardo Caffo.

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Aggiungo una brevissima riflessione: secondo gli antispecisti politici il fatto che sfruttamento animale e sfruttamento umano abbiano un'origine comune è condizione logica per credere che necessariamente le due battaglie debbano procedere insieme e quindi è convinzione di alcuni di loro che l'attuale attivismo (compreso quello di ultima generazione, che si è molto evoluto rispetto a quello dagli anni settanta in poi e che comprende ormai vere e proprie azioni di disobbedienza civile, liberazioni a volto scoperto, flash mob improvvisati, insomma, una pluralità di eventi volti a gettare uno sguardo inedito sul reale che possa scardinare l'ovvio e ciò che si dà per scontato, come appunto l'istituzionalizzazione della violenza sugli animali) sia inutile perché ciò che si dovrebbe prima fare è decostruire l'attuale sistema del dominio che schiavizza anche gli umani, quindi liberare prima gli umani, diciamo emanciparli, affinché, una volta liberati e liberi, si creino le condizioni e i presupposti opportuni per liberare anche gli animali. O anche fare contestualmente le due cose insieme, ove possibile e ove la connessione lo permetta, su questo ecco, già mi trovo molto più d'accordo, ferma restando, per me, la priorità della liberazione animale. Ma, a parte che non abbiamo nessuna sicurezza che gli umani "liberati" poi debbano o possano interessarsi anche alle sorti degli animali (potrebbe darsi benissimo una società di fondamentale benessere per tutti, senza più sperequazioni sociali ecc., in cui però gli animali continuino ad essere sfruttati), in più, la fallacia grave, come scrive Leonardo Caffo, è credere che problemi con un'origine comune possano anche avere una soluzione comune; al contrario, l'esperienza ci insegna che il mondo e la realtà non funzionano secondo la logica di causa-effetto, quella logica che noi spesse volte attribuiamo solo a posteriori per rendere più intellegibili i fatti (e che, peraltro, è tipica della forma mentis prodotta dalla cultura occidentale). Il fatto che un evento abbia prodotto delle conseguenze, non significa, come logica vorrebbe, che risalendo alle origini di quell'evento, scompaiano automaticamente anche gli effetti e questo perché nel frattempo quegli effetti ne hanno prodotti molti altri su cui è impossibile interagire del tutto. Meglio allora partire dalla constatazione dello stato di fatto delle cose attuali e lì intervenire con ogni mezzo che abbiamo a disposizione e che riteniamo utile. Ovviamente per "ogni mezzo che abbiamo a disposizione" si intende sempre l'azione nonviolenta, quindi la disobbedienza civile, l'educazione al rispetto dell'altro e la diffusione di "un antispecismo come fenomeno primariamente morale che deve ripartire, a prescindere da indirette implicazioni, dalla sofferenza e dalla morte degli animali". 

martedì 28 maggio 2013

Liberazione animale o liberazione totale? E quando, e come? Qualche pensiero, in breve.

Il problema di un certo antispecismo è pensare che prima si debbano risolvere le problematiche degli umani per poter rendere effettiva la liberazione animale.
E gli animali che stanno morendo ORA?
Io sostengo che la liberazione animale sia un'assoluta emergenza e priorità da non più procrastinare ulteriormente, il che NON implica che non ci si possa al contempo attivare per progetti congiunti più a lungo termine in vista di una liberazione totale.

Sviare lo sguardo dal maiale che sta per essere sgozzato in questo momento poiché prima si dovrà pensare a liberare i macellai o a eliminare alla base i presupposti che rendono possibile quei macelli è senz’altro un discorso logico, ma poco concreto in termini di effettivi progressi presenti, oltre che eticamente inaccettabile nel suo schiacciare ancora una volta il corpo animale sotto il peso di problematiche tutte umane inerenti una cultura tutta umana in cui, oltre che noi stessi, abbiamo intrappolato anche il resto dei viventi.
Liberare tutta la società è un discorso che mi sta molto a cuore, ma intanto, se permettete, mi attivo per salvare più vite possibili. Che ne so del domani? So però cosa c'è da fare ora e cosa si deve fare affinché le cose potranno cambiare e migliorare un pochino per questi ultimi degli ultimi oppressi che sono gli animali non umani.
Le fondamenta di un sistema si erodono anche dall'interno, procedendo per piccoli passi, in vista di piccoli risultati.
L'occupazione dello stabulario di Milano dello scorso venti aprile è stata un assoluto successo perché intanto, pur lasciando apparentemente inalterata la struttura dell'attuale sistema, ha comunque aperto la strada a un dibattito proficuo e costretto la società tutta a interrogarsi sulla legittimità o meno di certe azioni, mostrando in tutta la sua spropositata ampiezza il divario che esiste tra legge e giustizia, tra diritto e etica.
Se qualcuno non avesse fermamente creduto nella possibilità di un'azione come quella - in cui di sicuro non si sono aperte tutte le gabbie, ma se ne sono aperte effettivamente ALCUNE consentendo la salvezza di diversi individui animali - probabilmente il discorso sulla legittimità o meno della sperimentazione non avrebbe coinvolto un numero sempre maggiore di persone e, soprattutto, nessuno avrebbe mai avuto la possibilità di pensare per la prima volta agli animali rinchiusi negli stabulari in termini di esseri senzienti in grado di provare emozioni complesse e non soltanto di “cavie da laboratorio”.
Secondo un certo antispecismo azioni come quella, finalizzate a rompere un argine, ma insufficienti a decostruire il sistema, forse servono a poco, io dico invece che sono il tarlo che erode le fondamenta, la goccia che scava la pietra, l’inizio di un effetto domino che avrà conseguenze ben più ampie e risolutive di quelle che riusciamo adesso ad immaginare. Ogni azione ha i suoi effetti, a breve e lungo termine.
Anche l’antispecismo debole mira infatti a cambiare la società, solo che, molto umilmente, si propone di farlo iniziando ad agire laddove è oggi realmente possibile farlo, con progetti fattivamente attuabili in concreto, sebbene apparentemente modesti e preferisce quindi pensare a un cambiamento totale raggiungibile semmai per gradi.
Chi si trastulla in pensieri astratti (a volte veramente pronunciati a mo’ di slogan) sulla liberazione totale perdendo al contempo di vista le emergenze e la possibilità di compiere azioni davvero “rivoluzionarie” ora (per “azioni rivoluzionarie” non intendo certo l’abbracciare le armi, ma sempre l’applicazione della teoria sulla nonviolenza e la disobbedienza civile), rinunciando a salvare quel singolo animale oggi (giustificandosi col fatto che tanto, salvato lui, toccherà al secondo, poi al terzo e quindi tanto vale lasciare le cose come stanno fino a che non avremo cambiato la struttura tutta della società), secondo me si grava di un’enorme responsabilità perché, semplicemente, rinunciare a salvare la singola vita oggi in vista di un ipotetico domani - in cui, si spera, non ce ne sarebbe più bisogno in quanto saranno venuti meno i presupposti di ogni gabbia - potrebbe veramente significare precludersi ogni possibilità, forse l’unica che abbiamo, di far progredire la liberazione animale OGGI.
Certo, non è detto che i nostri sforzi attuali siano dei semi che necessariamente sapranno dare i loro frutti, male che vada avremo salvato qualche vita da morte certa, ma men che meno è detto che rinunciare ad agire ora per attuare un progetto di liberazione totale in cui prima si dovrà pensare a slegare gli umani dalle catene che li opprimono sia veramente risolutivo in termini di liberazione animale e successivamente totale.

martedì 14 maggio 2013

Gabbie



Intorno e dentro di noi gabbie infinite, gabbie della cui esistenza non ci rendiamo nemmeno minimamente conto.
A volte mi domando: se per tanti anni ho partecipato del sistema di sfruttamento degli animali, mangiando carne, comprando prodotti derivati, pelle ecc., se per tanti anni ho considerato "normale e naturale" vedere cosce di maiali nei supermercati, animali sventrati, fatti a pezzi, senza che riuscissi minimamente a mettere in discussione la cultura specista che giustifica e legittima ciò e su cui ho aperto finalmente gli occhi, ora, quante altre cose ci saranno ugualmente terribili, ma che io continuo a ignorare?
Quante altre gabbie imprigionano i miei pensieri, la mia mente, la mia evoluzione?

domenica 12 maggio 2013

Maternità

Auguri a tutte le mamme!








Priorità



Penso che la crisi economica attuale che stiamo vivendo un po' tutti non abbia solo effetti negativi, al contrario stia aiutando molte persone a rinegoziare le proprie priorità e valori esistenziali; vedo gente che sta rinunciando ad usare l'automobile in favore della bici o dell'andare a piedi, così contribuendo meno all'inquinamento e guadagnandoci anche in benessere fisico, gente che compra nei negozietti dell'usato, scoprendo il gusto del riciclo e dando un calcio al consumismo eccessivo, gente che sta riscoprendo il piacere di uscire anche per una semplice passeggiata nei parchi o per le vie della città, senza avvertire l'impellente bisogno di comprare per dare un senso alle proprie giornate, gente che anziché andare a mangiare nei ristoranti riscopre il piacere della convivialità a casa, gente che anziché spendere per andare a visitare mostre a pagamento, entra nelle chiese e osserva i capolavori dei nostri pittori e scultori oppure approfitta delle serate in cui si possono visitare i musei gratuitamente, gente che si scambia libri, che si ingegna, che inventa, che riesce a ottenere il massimo con poco, gente che cena con gli aperitivi rinforzati (vabbè, l'happy hour) e si scambia informazioni sui locali dove con cinque euro si mangia, e non si mangia soltanto, si mangia bene! Io, per dire, stasera dal locale turco sotto casa, con quattro euro e mezzo, ho mangiato felafel e verdure fresche fino scoppiare, e senza nemmeno dover cucinare, sporcare piatti o consumare gas a casa. Gente che di contro alla preoccupazione dello stare senza lavoro, riscopre il tempo per sé, il tempo di vivere. C'è una certa euforia nell'arte dell'arrangiarsi, del campare alla giornata. Certo, finché si vive all'interno della società ci sono le bollette da pagare, le tasse e tanto altro, ma ho sperimentato sulla mia pelle che davvero si può vivere con pochissimo, rinunciando al superfluo. Fino a qualche anno fa, a Roma, solo i poveracci e i giovanissimi prendevano la metro, oggi la prendono tutti, manager in giacca e cravatta (un po' ridicoli, tutti uguali, tutti omologati nel vestire), ragazzi e ragazze, signore, signori, vecchietti e vecchiette e a me piace tantissimo, più che altro trovo che finalmente la gente si sia rinsavita perché prima mi sembrava davvero assurdo che nonostante avessimo la comodità di due linee metropolitane, nessuno le usasse, mentre fuori il traffico impazziva. Mi spiace solo per tutte quelle persone che cadono nella disperazione e arrivano a suicidarsi. E non vorrei sembrare superficiale, lo so che stare del tutto senza soldi, perdere il lavoro, la casa, soprattutto se si ha una famiglia cui pensare, dei figli piccoli, è una tragedia, però penso che una soluzione alla mancanza di denaro ci sia sempre. Che sia possibile davvero vivere arrangiandosi, certo sapendo rinunciare a tante cose, come racconta il tizio di cui si parla in questo articolo.

Qui invece l'etimologia della parola crisi. Interessante.

martedì 7 maggio 2013

Madri e figli


 

È giusto causare tanta sofferenza per un bicchiere di latte, quando in commercio ne esistono moltissimi altri tipi in sostituzione di quello vaccino, ugualmente buoni e certamente anche più sani (i grassi animali ostruiscono le arterie e sono la principale causa di patologie cardiovascolari)? Domandiamoci come mai siamo l'unica specie tra i mammiferi a consumare latte materno (sebbene delle madri di altre specie) anche in età adulta. Le mucche producono latte per i loro figli, non per noi. Dell'orribile sfruttamento che è dietro la produzione di latte e derivati ho già parlato altre volte, quindi non starò a ripetermi. E comunque credo che questo video parli da solo. Ricordo soltanto che i vitellini maschi poi verrano macellati, dopo essere stati separati dalla madre, a soli pochi mesi di vita. Mucca e vitello piangono per giorni e notti interi dopo la loro separazione.

domenica 5 maggio 2013

Di cinema e mattatoi

 
"Dicono di avere abolito i sacrifici animali! Soltanto il rito hanno abolito: li sterminano ininterrottamente, illimitatamente, senza bisogno: il sacerdote si è fatto industria."

(Guido Ceronetti, Il silenzio del corpo, 1979)
Poche sere fa ho visto un film horror: "Non aprite quella porta", l'originale.
Per tutto il tempo non ho potuto fare a meno di pensare che gli animali nei macelli ci vedono esattamente come gli sventurati ragazzi del film vedono il serial killer protagonista che gira armato di una sega elettrica.
E credo che comunque il regista avesse in mente un'analogia del genere perché non può essere un caso che i membri della famiglia folle avessero tutti lavorato in un mattatoio.
A un certo punto c'è proprio una scena in cui si esorta il vecchio nonno a uccidere una ragazza prendendola a martellate sul cranio e uno dei suoi nipoti dice: "dai, facciamolo fare al nonno, ai suoi tempi una volta aveva battuto il record uccidendo 60 bovini al minuto...". E poi in generale la scenografia ricorda moltissimo gli interni dei macelli e ci sono tante altre frasi che rimandano all'orrore degli stessi.
Comunque sia ormai ogni volta che vedo un horror in cui c'è il pazzo di turno che insegue lo sventurato di turno per farlo a pezzi, non riesco a non pensare al terrore puro che subiscono gli animali nei macelli, non riesco a non pensare a come noi dobbiamo sembrargli tutti dei pazzi assassini.
Non c'è perversione maggiore di quella di creare la vita (in laboratorio) o di perpetuarla (negli allevamenti) al solo fine di distruggerla.
Alla faccia della razionalità.