“La vita non è un gioco a somma zero,
diceva Paul Watzlawick: nessuna vittoria può essere perseguita a
scapito di qualcun altro, perché si progredisce solo sommando il bene
dell’uno a quello dell’altro; quello da perseguire è un ideale di
armonia che non può prescindere dal benessere biologico, psicologico,
sociale di tutti gli animali, umani e non umani, che costituiscono il
nostro comune habitat.
Qualunque messaggio che necessita, per essere veicolato,
dell’arbitrio esercitato dai tanti su esseri deboli e ridotti
all’impotenza, con la sua stessa natura, non può invece che suffragare
un ideale di sopraffazione, violenza, prevaricazione” (Annamaria Manzoni – In direzione contraria).
Non ci sarebbe bisogno di aggiungere altro per motivare il nostro
fermo e non negoziabile rifiuto della sperimentazione animale, ma, viste
le reazioni isteriche e scomposte scaturite dai professionisti del
settore (medici ricercatori, studenti delle facoltà in cui si fa
suddetta pratica), così come di giornalisti e intellettuali vari, sempre
sostenitori della stessa, che si sono presi la briga di scrivere
articoli e controarticoli addirittura definendo gli
animalisti/antispecisti con le più fantasiose circonlocuzioni e
attribuendogli le più disparate provenienze e visioni politiche
(leggersi almeno la definizione di antispecismo su wikipedia troppa
fatica, evidentemente), persino evocando la necessità di repressioni che
contemplino l’uso della forza, se necessario, premesso tutto ciò
insomma mi sento desiderosa di dire ancora qualcosa sull’argomento.
2 commenti:
L'ho letto su Asinus Novus, questo articolo è bellissimo.
E' esattamente quello che penso spiegato nel migliore dei modi!
Grazie. :-)
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