“Il maiale non fa la rivoluzione. Manifesto per un antispecismo debole” è il titolo del saggio, attesissimo, di Leonardo Caffo, la cui uscita è ormai imminente.
E mi sembra opportuno partire proprio dal titolo, molto di più di una semplice boutade,
per tentare di far luce su questa nuova proposta di intendere la
liberazione animale, in qualche modo riconducendola e riconsegnandola a
quella che è la sua etimologia originaria.
Ma prima un breve passo indietro – una
premessa doverosa e necessaria direi – per capire come si è giunti fin
qui e quanto sia necessario chiarire la specificità di tale battaglia,
ma anche, soprattutto per capire se il termine antispecismo sia riuscito
finora, nelle sue varie declinazioni, a mantenere quel che promette,
ossia se, dichiarandosi come lotta contro lo specismo abbia saputo
indicare una strada realmente percorribile in tal senso e capace di
raggiungere il traguardo che si prefigge.
Continua su Eidoteca, la nuova rivista culturale online.
A quelli che ci dicono che noi staremmo umanizzando troppo gli animali, rispondo così:
Non li stiamo difendendo perché simili a noi, ma proprio perché diversi da noi.
Li rispettiamo in quanto altro da noi, nelle loro differenze, convinti
che non siano le somiglianze a costituire prerogativa di possesso di
diritti, ma che anzi siano proprio le vite differenti a dover essere
riconosciute e rispettate in quanto degne di esistere e vivere comunque.
Non rispetto il cane in quanto simile a me in alcune qualità, ma proprio perché è il cane.
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A seguire qualche foto della manifestazione che si è tenuta ieri a Roma, chiamata Animal Liberation Day, a un anno dalla liberazione dei cani da Green Hill e per ribadire l'urgenza e l'impegno della nostra lotta.
(le prime sei foto sono state scattate da Andrea Cavalletti, le altre sono in parte dall'album del Coordinamento antispecista e in parte da quello di Parte in Causa).
“La vita non è un gioco a somma zero,
diceva Paul Watzlawick: nessuna vittoria può essere perseguita a
scapito di qualcun altro, perché si progredisce solo sommando il bene
dell’uno a quello dell’altro; quello da perseguire è un ideale di
armonia che non può prescindere dal benessere biologico, psicologico,
sociale di tutti gli animali, umani e non umani, che costituiscono il
nostro comune habitat.Qualunque messaggio che necessita, per essere veicolato,
dell’arbitrio esercitato dai tanti su esseri deboli e ridotti
all’impotenza, con la sua stessa natura, non può invece che suffragare
un ideale di sopraffazione, violenza, prevaricazione” (Annamaria Manzoni – In direzione contraria).
Non ci sarebbe bisogno di aggiungere altro per motivare il nostro
fermo e non negoziabile rifiuto della sperimentazione animale, ma, viste
le reazioni isteriche e scomposte scaturite dai professionisti del
settore (medici ricercatori, studenti delle facoltà in cui si fa
suddetta pratica), così come di giornalisti e intellettuali vari, sempre
sostenitori della stessa, che si sono presi la briga di scrivere
articoli e controarticoli addirittura definendo gli
animalisti/antispecisti con le più fantasiose circonlocuzioni e
attribuendogli le più disparate provenienze e visioni politiche
(leggersi almeno la definizione di antispecismo su wikipedia troppa
fatica, evidentemente), persino evocando la necessità di repressioni che
contemplino l’uso della forza, se necessario, premesso tutto ciò
insomma mi sento desiderosa di dire ancora qualcosa sull’argomento.
In realtà il vero terrorismo psicologico è quello di chi in
questi giorni sta cercando di intimorirci e vorrebbe metterci a tacere.
Noi vogliamo solo mostrare ciò che avviene dentro i
laboratori affinché il dibattito possa essere aperto a tutta la comunità.
Non ci stiamo a che una parte del sistema - quello relativo
alla sola comunità scientifica - possa direzionare le scelte etiche di tutti
impedendoci di esprimerci poiché non saremmo preparati in materia.
Certamente pochi di noi hanno una preparazione scientifica
tale da stabilire se la sperimentazione sugli animali sia utile e davvero
necessaria oppure no, ma ognuno di noi ha invece il diritto di porre confini di
tipo etico intorno alla liceità di questo o quell’atto.
Sempre più studi ci mostrano la capacità degli animali di
provare emozioni complesse e di soffrire dolore, anche psicologico, esattamente
come noi e non possiamo lasciare che sia il solo potere scientifico a decidere
della sorte di migliaia di esseri senzienti.
Il potere che ruota intorno alla scienza medica, con i suoi
dogmi, può essere accostato a quello che il sacerdote e la religione da sempre
esprimono nei confronti dei credenti, strumentalizzando e facendo leva sulla
paura più grande dell'essere umano: quella della morte.
Ci si affida ai dogmi della scienza per scongiurare la morte
fisica, così come ci si affida al sacerdote per scongiurare quella dello
spirito.
Nell'uno e nell'altro caso le persone semplici vengono
tenute a distanza e messe a tacere con la scusante che solo ai vertici della
sapienza (medica e religiosa) spetti prendere certe decisioni; ricordate che un
tempo le messe venivano dette in latino affinché il volgo non potesse
comprendere e anche per meglio investire la figura del sacerdote di un ruolo di
sacralità indiscutibile e inaccessibile ai più? Ricordo a tal proposito un
simpatico e sintomatico annedoto: i fedeli al momento della recitazione del
passo in cui si diceva “sursum corda” solevano mettersi le mani intorno
alla gola, convinti che tale frase fosse un monito a non commettere peccati,
altrimenti sarebbero stati puniti con l’impiccagione. Ovviamente al potere
religioso faceva comodo lasciare i fedeli nell’ignoranza per meglio poter
continuare a incutere in loro quel timore che da sempre le persone semplici provano
verso ciò che non conoscono e che avvertono come oscuro e sacro, attribuendosi
un'autorevolezza che non può essere in alcun modo messa in discussione.
E ancora oggi, quanti di voi, nel tentativo di interpretare
passi della Bibbia si son sentiti rispondere che solo agli esperti esegeti e
studiosi delle sacre scritture spetti tale compito?
La stessa autorevolezza viene oggi attribuita alla scienza
medica, il cui potere non si osi mettere in discussione.
Di fatto sia la religione che la scienza (sebbene la prima
si basi su assunti indimostrabili, la seconda su evidenze empiriche) derivano
dal pensiero magico primitivo, ossia dal tentativo di manipolare la natura. Va
da sé che i capi religiosi primitivi avevano un potere enorme, lo stesso che
gli ha poi permesso di sottomettere gli uomini. "Per diventare
controllabili, gli uomini dovettero imparare a ubbidire e sottomettersi e, per
sottomettersi, dovettero credere nel potere superiore - fisico e/o magico - dei
loro capi" (Marco Maurizi in "Al di là della natura - gli uomini,
il capitale, la libertà").
Dello stesso Potere, in quanto è nelle loro mani che
rimettiamo la nostra vita, si avvale oggi chi rappresenta la scienza medica
ufficiale (ricercatore o medico generico che sia). Un Potere che nei confronti
di migliaia di esseri senzienti, gli animali, è fisico, reale, e nei confronti
di tutti noi, psicologico.
Certamente starebbe a chi ha nelle mani questo Potere farne
un buon uso, ma purtroppo, a giudicare dall'arroganza che spesso mostrano tali
Soloni della scienza e la maniera in cui liquidano con sufficienza -
tacciandoci di ignoranza e fanatismo - il nostro diritto di voler difendere i
più deboli, spesso si trasforma in ab-uso; ci si approfitta della riverenza e
soggezione che noi comuni mortali abbiamo nei confronti di chi ha il potere di
curarci le malattie e così di scongiurare la morte.
Trovo sinceramente disgustosa la strumentalizzazione della
paura della morte che la scienza medica ufficiale mette in atto nel convincere
la massa che sia necessario “sacrificare” “alcuni” topi per salvare vite umane
(e anche qui notare la frequenza con cui si ricorre a tale termine, di chiara
matrice religiosa e che sottointende, nella sua etimologia originaria, che gli
animali siano ben felici di lasciarsi uccidere per noi, mentre sappiamo bene
che qualsiasi essere senziente scapperebbe a gambe levate dai laboratori e
quanto si minimizzino sempre i numeri delle vittime).
Inoltre questi Professoroni affermano che non si farebbe
vivisezione, bensì "ricerca e studi", sperando con ciò di mettere a
tacere le coscienze di chi qualche scrupolo in fondo se lo fa (oltre agli
animalisti e antispecisti intendo). In realtà – discussione sull’appropriatezza
o meno di un termine o dell’altro (ma sappiamo che oggi vivisezione può
essere impiegato tranquillamente nella sua estensione semantica, come riportano
anche le enciclopedie più autorevoli) – quella che i ricercatori e pro-SA
chiamano “ricerca e sperimentazione animale” include esattamente tutti quei
test e quegli esperimenti sugli animali – alcuni anche dolorosissimi e condotti
senza l’impiego di anestesia, in quei casi in cui ne inficierebbe i risultati –
che noi riteniamo indegni di un paese che voglia dirsi rispettoso dei più
deboli e indifesi.
Dunque, riassumento: strumentalizzazione della paura della
morte; alone di sacralità che circonda il medico e il ricercatore/vivisettore –
colui che ha il potere di combattere la morte, almeno temporaneamente, ma
sappiamo quanto sia illusorio pensare che dare la morte possa scongiurare la
propria, ne scrive magnificamente Don DeLillo in alcuni passaggi di Rumore
Bianco (ne ho parlato qui); messa a tacere delle persone
comuni con la scusante che solo chi ha una formazione scientifica possa
permettersi di esprimersi in materia (e invece credo che tutti noi siamo tenuti
a decidere del trattamento verso i più deboli e gli oppressi e, in particolare,
non sta alla scienza direzionare o imporci l’etica); impiego di termini
volti e negare, minimizzare, edulcorare ciò che fanno, oscurantismo quindi su
ciò che realmente avviene e su come vengono condotti questi esperimenti nei
laboratori, su CHI, sui numeri reali di questo sterminio quotidiano e quindi anche
sull’impiego, in definitiva, dei nostri soldi; sostegno dei media, ufficiali o
meno. E a proposito di media, c’è pure chi si è spinto, come in questo articolo, al tentativo di far
passare l’occupazione dello stabulario di Milano – azione di disubbidienza
civile – per un attacco terroristico, quando, per attacco terroristico, si
intende un’azione volta a mettere a repentaglio, danneggiare e/o a
minacciare l'incolumità delle persone e condotta con l'ausilio di armi (armi
classiche, armi chimiche, bombe e quant'altro), mentre nel caso
dell’occupazione dello stabulario ci sono state cinque persone che hanno
occupato uno stabile, a volto scoperto, senza armi e che non hanno né ferito,
né minacciato nessuno. Questa, a casa mia, è diffamazione. Imputare a qualcuno
un reato che non ha commesso, è diffamazione bella e buona. Da quando occupare
uno stabile è terrorismo? Dunque i giovani che occupano le università o i
poveracci che occupano le case sarebbero dei terroristi?
Tutto ciò conferisce alla medicina ufficiale un Potere
enorme, pari solo a quello che il Potere religioso ha esercitato per secoli,
nel cui nome sono state “sacrificate” migliaia di vittime. Di fatto la Scienza
è la nuova Religione.
Ma non dobbiamo dimenticarci che il nostro è un paese laico
e che ogni cittadino ha il diritto di decidere se sia giusto o meno
“sacrificare” la vita di molti per salvare la propria pellaccia.
Ma che progresso è quello ricercato sul sangue di vittime
innocenti?
Ci accusano di voler "calpestare la libertà di ricerca". Non è vero, nessuno intende ostacolare o calpestare la "libertà di ricerca".
Quella che vogliamo combattere noi invece è un'altra cosa, ed è la
"libertà di poter impunemente continuare a massacrare migliaia di esseri
senzienti". Non siamo contro la ricerca, siamo contro la
sperimentazione sugli animali. Si fa presto a parlare di "libertà", ma
domandiamoci di chi e cosa comporti la sua attuazione senza limiti.
Stavo riflettendo su una cosa: è vero che alle nostre spalle
abbiamo secoli di cultura specista in cui ritenere gli animali inferiori
a noi, sfruttarli e ucciderli è sempre stato considerato "normale", ma è
anche vero che non c'è mai stato un movimento per la liberazione
animale fino a circa 40 anni fa (più o meno) in grado di contestare
tutto ciò. E ancora fino a pochi anni fa rappresentavamo
una minoranza davvero irrilevante, nessuno sembrava davvero disposto a
prenderci sul serio, pure se intanto sulle piazze eravamo sempre di più e
anche a livello accademico il dibattito cominciava a farsi sempre più
coinvolgente. Forse è vero che la storia procede a balzi e che
arriva sempre il momento del superamento di una certa soglia oltre la
quale non si può che andare avanti. Ormai si può dire che abbiamo
ampliamente superato la soglia del "ridicolo" e che siamo entrati in una
fase nuova. Quello che è successo in questi giorni ha dell'incredibile,
eppure in un certo senso è come se l'avessi sempre aspettato e saputo.
Credo che la macchina dell'opposizione contro di noi, della vera
opposizione intendo, si stia per mettere in moto e questo può voler dire
solo una cosa: che finalmente stiamo mettendo in crisi alcuni aspetti
del sistema. Nessuno si prende la briga di pubblicare articoli e di
porsi così sulla difensiva a meno che non si senta realmente
minacciato. L'occupazione dello stabulario di Milano ha sconvolto i
"professionisti" e sostenitori della sperimentazione animale perché per
la prima volta hanno capito che stiamo facendo sul serio, che non
abbiamo nulla da perdere, che lottiamo per qualcosa in cui crediamo
veramente e di talmente grande da trascendere ogni nostra singola
aspirazione e capace di elevarsi a una nuova consapevolezza collettiva.
Loro continuano a parlare di "utilità", ma noi stiamo parlando al mondo
intero con un altro linguaggio, con un linguaggio universale che è
quello del sogno della libertà cui tutti gli esseri senzienti anelano e
quello della fine del dominio e della sopraffazione dei più forti sui
più deboli. Parliamo un linguaggio ancestrale, un linguaggio capace di attraversare le epoche e i diversi continenti.
E oggi, grazie alle nuove tecnologie, ai nuovi media, abbiamo la
possibilità di farci intendere, di comunicare e di informare in maniera
davvero capillare e globale. Per questo dico che non dobbiamo
scoraggiarci, ma solo renderci conto che per la prima volta nella storia
abbiamo tra le mani una possibilità unica. Non lasciamola sfumare.
Questo è un video ottenuto da un'investigazione segreta che è stata condotta da attivisti, nel 2012, in uno dei laboratori in cui si pratica la vivisezione, all'interno di una delle università britanniche più prestigiose.
Un video che risale a meno di un anno fa. Un video che mostra l'orrore istituzionalizzato come avviene oggi, non nel medioevo, o un secolo fa.
Si vedono soprattutto topi e ratti, gli animali più usati, ma vengono sottoposti aogni tipo di esperimento e test anche conigli, cani, gatti, primati, maiali, vitelli, rettili, anfibi, uccelli, insetti e... praticamente tutto ciò che respira e ha un cuore che batte.
Per decenni chi pratica la vivisezione si è dato un gran bel da fare per tenere tutto all'oscuro, impossibile riuscire a visitare uno stabulario, assistere a esperimenti, far uscire dossier su come vengono condotti e con le descrizioni dei particolari. L'opinione pubblica non doveva sapere. Pensate che molti abitanti di Pomezia, vicino Roma, dove ci sono i laboratori di tossicologia che effettuano gli esperimenti per la Menarini e dove c'è una delle sedi della Menarini stessa, non sapevano cosa avvenisse e cosa, anzi, CHI, fosse tenuto all'interno delle mura di quegli edifici cui passavano davanti ogni giorno, o magari situate proprio a due passi da casa loro. Lo hanno scoperto grazie ai nostri presidi e, una volta scoperta la verità, hanno deciso di unirsi alla nostra battaglia.
Questo è solo un esempio per far capire il muro di omertà, mistificazione, negazione che i vivisettori e altri "professionisti" del settore ergono intorno al loro sporco potere.
Ma potrei farne altri. Ad esempio c'è tutto un settore di attività che ruota intorno alla vivisezionedi cui si sa poco e niente: aziende che producono gli apparecchi e strumenti di contenzione e decapitazione - così simili a quegli strumenti di tortura impiegati nei tempi bui della storia; allevamenti che forniscono animali - fatti nascere appositamente per essere seviziati, animali che non vedranno mai la luce del sole nemmeno per un secondo; enti di raccolte fondi come Telethon, AIRC e molte altre, più le banche e tv che diffondono le loro iniziative - tante persone non sanno che questi enti sostengono e sovvenzionano la vivisezione perché, in maniera molto subdola, nei loro siti addirittura scrivono di essere contrari ai maltrattamenti sugli animali, per poi ribadire, qualche riga sotto, che ovviamente la vivisezione oggi è ancora necessaria ecc.. Aziende dunque che indirettamente o direttamente contribuiscono a tenere in piedi e sovvenzionare lo sporco mondo della vivisezione. Sporco sì, sporco perché innanzitutto lurido del sangue delle vittime e poi perché sempre negato, minimizzato, falsificato grazie ai continui inganni e neutralizzazioni semantiche o alle menzogne vere e proprie; a tal proposito ricordiamo il trito e ritrito slogan "preferisci salvare la vita a tuo figlio o al topo?", con tanto di immaginetta retorica del bambino e del topo, animale, quest'ultimo, tanto intelligente e socialmente vivace (sapevate che ride se lo si gratta e che prova empatia, tanto che alcuni esperimenti, purtroppo si parla sempre di esperimenti, hanno dimostrato che, dovendo scegliere tra il liberare un compagno o prendere del cibo, preferirebbe senz'altro la prima ipotesi) quanto giudicato repellente per via di pregiudizi culturali e probabilmente anche inconsci duri a morire ("c'è una continua falsificazione del mondo animale", dice la psicologa Annamaria Manzoni - ossia, essi, non vengono mai raccontati per come sono, ma sempre degradati, denigrati ecc.)e a tal proposito vi invito a leggere questo interessantissimo e lucido articolo di Alessandra Colla).
Ma qualcosa sta cambiando. Sta cambiando perché noi abbiamo deciso di combattere a volto scoperto, certi della giustezza della nostra causa e battaglia, che è una battaglia di civiltà per una società senza violenza e senza sopraffazione.
Gli attivisti di ieri erano a volto scoperto. La liberazione dei cani da Green Hill (la cui liberazione sarà commemorata nella manifestazione di domenica prossima a Roma... a proposito, venite tutti, partecipate, fate sapere) erano a volto scoperto. La scorsa settimana altri attivisti hanno liberato altri beagles da uno stabulario in Olanda e poi si sono consegnati spontaneamente alla polizia.
Si chiama disubbidienza civile e assomiglia incredibilmente tanto allo stesso gesto che Rosa Parks fece negli Usa, ai tempi della segregazione razziale, quando si rifiutò di sedersi nei posti dell'autobus riservati alle persone di colore e infranse la legge, andandosi a sedere in quelli riservati ai bianchi. Un gesto pubblico di disubbidienza. Un atto politico. Un segno di una nuova consapevolezza.
Tom Regan, autore de I diritti degli animali, notissimo e prestigioso filosofo statunitense e uno degli A.R.A. (Animal Rights Activist) una volta - ho avuto il privilegio di sentirlo parlare a una conferenza organizzata dalla LAV, alcuni anni fa - disse: "noi apriamo le gabbie e quando arriverà la polizia, al posto degli animali, sarà noi che troverà.". Un invito questo ad agire nella legalità perché quando si verifica uno scollamento tra ciò che l'opinione pubblica comincia a sentire come ingiusto e le leggi vigenti, allora è il momento di attivarsi per cambiare queste leggi e di farlo scendendo nelle piazze, chiedendo a gran voce a chi ci governa di ascoltare nuove ragioni.
Qualcosa sta cambiando anche perché finalmente quel muro di omertà eretto dai "professionisti" del settore sta per essere abbattuto, grazie al sempre più cospicuo numero di documentazioni che stanno uscendo dai luoghi deputati a questi orrori, grazie ai video che gli attivisti girano, grazie alle immagini che circolano, grazie persino ad alcuni vivisettori che hanno fatto obiezione di coscienza e si sono decisi a raccontare in cosa consisteva il loro "lavoro" (ricordiamo l'esistenza della 413/93, legge sull'obiezione di coscienza, per dare visibilità alla quale Parte in Causa sta conducendo questa campagna).
Qualcosa sta cambiando perché questa mattina, per la prima volta nella storia del nostro paese, un gruppo sparuto di studenti a favore della vivisezione (sì, avete letto bene, a favore della vivisezione), e di "professionisti" del settore, ricercatori, dottorandi (vi vorrei far leggere i titoli e le specifiche di certe tesi) ha deciso di scendere in piazza a manifestare per offrire solidarietà ai colleghi dello stabulario dell'università che ieri è stato occupato dagli attivisti.
Chi rappresenta la maggioranza - ossia il potere istituzionale che legittima la vivisezione - è sceso per manifestare contro una minoranza, cioè noi. Hanno manifestato a suon di striscioni contro "la cultura dell'ignoranza" - dicono loro - che sarebbe la nostra. Non sanno quanto si sbagliano, accecati dai dogmi di una scienza immorale. La nostra è invero una battaglia contro la cultura della violenza e della sopraffazione e per ridare la vita e la libertà a migliaia di esseri senzienti che vengono imprigionati e torturati fino alla loro morte. I più fortunati sono quelli, paradossalmente, sottoposti a quegli esperimenti e test che portano subito alla morte. Sugli altri la legge consente che si può sperimentare a oltranza. Sono numeri, niente più che numeri segnati su un registro. E poi smaltiti, come rifiuti. E le immagini di ieri tratte dallo stabulario di Milano lo dimostrano, vite impilate sugli scaffali, numerate, l'orrore asettico del raziocinio che ha perso il sostegno del sentimento.
Comunque io sono contenta che stia avvenendo questo, anzi, si può dire che l'aspettassi da tempo.
Significa che finalmente il potere istituzionalizzato della violenza sui più deboli comincia a sentir vacillare le proprie fondamenta. Significa che finalmente siamo usciti dalla fase della ridicolizzazione e sta cominciando la vera lotta, o dibattito, se preferite ("Tutti i grandi movimenti, inevitabilmente, conoscono tre stadi: il ridicolo, il dibattito, l'accoglimento" - John Stuart Mill).
Qui il video che mostra il coniglietto che ieri è stato portato in salvo dagli attivisti. Non so se coloro che non hanno un account FB potranno visualizzarlo. Mi spiace eventualmente per questi ultimi, se il video verrà caricato anche su youtube, aggiornerò il link.
Nota: giustamente mi fanno notare che le varie azioni di liberazione messe i atto dagli attivisti presentano differenze tra loro, sia nei fini, che nei mezzi impiegati per attuarle; ad esempio la liberazione dei cani da Green Hill non è stata preparata, ma è nata da un moto spontaneo e immediato di persone che si sono trovate lì davanti e a un certo punto hanno deciso di scavalcare i cancelli e di entrare; quella di ieri invece è stata organizzata (gli attivisti inoltre, molto genialmente, hanno usato i loro stessi corpi come ostaggi: si sono praticamente incatenati con la testa alle porte, così che se la polizia fosse entrata - ma che era stata subitaneamente avvertita - sarebbero rimasti strangolati dalle catene, impendendo quindi, di fatto, gli accessi alle forze dell'ordine) ed era mirata non solo, cosa più importante di tutte, a liberare gli animali (e per la prima volta non solo cani, ma topi, ratti, conigli, mandando il messaggio all'esterno di cosa realmente significhi essere antispecisti, alla faccia di quelli che pensano che noi ci interesseremmo solo ai cani e gatti), ma anche a portare allo scoperto, diffondendo immagini e video, la realtà degli stabulari; il presidio permanente davanti a Menarini del mese scorso, durato alcuni giorni, era mirato invece a bloccare l'accesso ad un carico di cani beagles provenienti dal Belgio (impedimento non riuscito, ma azione terminata comunque con successo perché i cani poi sono stati in adozione e di fatto la loro vita è stata salvata). Comunque sia quel che mi premeva rilevare è quanto tutto ciò sia il sintomo, il segnale di una nuova consapevolezza e di una nuova maniera - con nuove strategie - di fare attivismo.
Gli attivisti sono usciti: insieme a loro centinaia di ratti e un coniglio che respireranno l'odore della libertà per la prima volta in vita loro.
La settimana prossima, in accordo con la direttrice dell'università, usciranno anche tutti gli altri animali.
Un'altra giornata storica per la liberazione animale. Un altro passo avanti.
Sono felicissima, non ho parole per esprimere la mia gioia.
Grazie dal più profondo del cuore a tutti gli attivisti, che ora sono stati identificati dalla polizia, ma che sono usciti supportati da un'ovazione immensa di tutte le persone accorse per esprimergli solidarietà.
Il Coordinamento Fermare Green Hill ha occupato gli stabulari di un laboratorio di vivisezione.
Dalle ore 12 cinque persone sono chiuse dentro il quarto piano del
Dipartimento di Farmacologia in via Vanvitelli 32 a Milano, barricate in
modo da resistere a lungo e pronte a rimanerci anche diversi giorni se
necessario. Insieme a loro ci sono migliaia di animali già sottoposti ad
esperimenti, chiusi nelle loro piccole gabbie, nella loro vita ridotta
ad un numero.
Questi animali non hanno scelto di essere lì e non hanno possibilità di
andarsene. La nostra condizione per uscire e andarsene è che anche gli
animali se ne vengano con noi.
Con questa azione senza precedenti vogliamo documentare le condizioni
in cui vivono gli animali e gli esperimenti che vengono condotti,
mostrandoli a tutta la società con fotografie e filmati; dare visibilità
al problema vivisezione e ai luoghi in cui viene praticata, dando così
un nome anche a chi la pratica; far partire un assedio pacifico dentro e
davanti al laboratorio con la richiesta che gli animali vengano
liberati e che dal Ministero e dai palazzi della politica cessino le
false promesse e si cominci davvero a muovere passi verso l’abolizione
della sperimentazione su animali.
Da questo momento in poi abbiamo bisogno di tutto l’aiuto e il
supporto possibile a quest’azione. Il corteo di oggi è confermato e
porterà tantissime persone davanti al laboratorio, ma affinché l’azione
non venga interrotta con atti di forza abbiamo bisogno di persone che si
fermino lì davanti stanotte, che arrivino a dare man forte domani, che
si prendano anche mezza giornata libera lunedì. Abbiamo bisogno che
tutto il mondo sappia che cosa sta accadendo, che tutti vedano le
immagini che stanno arrivando dall’interno dello stabulario e che
l’effetto possa essere davvero quello di abbattere il muro di silenzio
che circonda la vivisezione.
Ognuno di noi è la voce di quegli animali prigionieri e di cui
pretendiamo la liberazione. Ognuno di noi deve essere uno spiraglio di
conoscenza per chi ci sta attorno, una scintilla per il cambiamento.
Non è più il momento di rimandare o di delegare: è ora di agire per la liberazione.
Nelle prossime ore dagli stabulari di Farmacologia verranno diffuse
continuamente fotografie, filmati, dichiarazioni e scritti. Le persone
che hanno deciso di mettersi in gioco per quest’azione saranno fianco a
fianco degli animali per molto tempo e non vogliono andarsene
lasciandoli in quel laboratorio.
Possiamo liberarli solo grazie all’aiuto di tutti e tutte voi.
Aiutaci ad abbattere il muro di silenzio: vieni ad aiutarci di
persona all’assedio del laboratorio, diffondi le foto, i video e i
comunicati. Creiamo insieme un’onda di attenzione che possa abbattere le
difese dei vivisettori!
Kiki è una streghetta di 13 anni in procinto di lasciare
la propria famiglia per adempiere ai doveri che impone la tradizione:
recarsi in una città sconosciuta per compiere un anno di apprendistato, conquistando
così la propria indipendenza. In volo sulla scopa donatale dalla madre,
accompagnata dal fedele gatto nero parlante Jiji
(quasi una parte di sé, amico inseparabile e voce della coscienza), con
un fagotto contenente pochi panni, denaro sufficiente giusto per i primi
giorni e la radiolina del padre – oggetto dal profondo valore affettivo
– Kiki si alza in volo e saluta i suoi cari.
Partenza da Piazza della Repubblica, ore 14,00 - arrivo Piazza di San Giovanni.
Sarà una giornata storica, scenderemo in piazza e percorreremo alcune delle vie principali della capitale, non solo per commemorare la liberazione dei cani da quell'orribile allevamento-lager chiamato, quasi per sberleffo, Green Hill, ma soprattutto per chiedere a gran voce la fine dell'orribile e immorale pratica della vivisezione e di ogni altra forma di sfruttamento degli animali.
Chiedo a tutti i miei lettori di fare un piccolo sforzo e di partecipare a questa manifestazione, organizzata congiuntamente dal Coordinamento Antispecista e da Animal Amnesty(ci saranno pulman a disposizione per chi è di fuori Roma, qui il link alla pagina FB dell'evento dove troverete tutte le informazioni in merito), o comunque di aiutarmi a diffonderlo, è veramente importante che si abbia una partecipazione in massa.
Ricordiamoci che gli animali stanno soffrendo e morendo anche in questo preciso istante e che hanno soltanto noi a difenderli e lottare per loro. Non possiamo aspettare, questa che stiamo portando avanti è una battaglia di civiltà per una società più giusta e libera per tutti.
Non è più tempo di sviare lo sguardo dal volto addolorato degli animali, di illudersi che il loro sangue non sia come il nostro, che le loro urla di dolore e lacrime non abbiano significato e peso quanto le nostre.
Ma che società è quella in cui le forme più bieche e terribili di violenza sono "normalizzate" e addirittura istituzionalizzate, in cui si educa all'accettazione della sopraffazione dei più forti sui più deboli?
A chi obietta affermando che la vivisezione sia utile e necessaria rispondo che se dovessimo farne una questione di mera utilità allora
veramente utile ed efficace sarebbe sperimentare direttamente sugli
umani (non che non lo si faccia, considerando che i test finali e
definitivi sono sempre a nostro carico quando compriamo le medicine, per
questo nel foglietto delle controindicazioni si trova una lista
infinita di effetti collaterali, tra i quali anche spesso la morte:
l'ombrello con cui la case farmaceutiche si riparano legislativamente), ma non saremmo disposti a prendere in considerazione questa ipotesi per una
questione di etica. Non è vero dunque che di fronte agli utili ogni etica scompare, visto che inorridiremmo e insorgeremmo in massa al solo pensiero di poter compiere esperimenti cruenti sulle persone, eppure non riusciamo a estendere questosentimento nei confronti di tutti di tutti gli altri animali non umani, capaci di soffrire esattamente come noi. Il Dottor Mengele, nei confronti di chi sostiene, appoggia e pratica la vivisezione era un angelo. Vengono uccisi migliaia di animali, anche
primati, cani, gatti, conigli, maiali... spesso sottoposti a test ed
esperimenti senza anestesia, come prevede la legge. Tutto ciò non è
ammissibile.
Qualcuno mi dice: "siamo oppressi anche noi". Ma certo che lo siamo e lo siamo principalmente perché la schiavitù degli animali non umani conduce a tutte le altre forme di schiavitù del vivente, ne è insieme il presupposto e il fondamento. Assimilare e degradare l'umano all'animale è la prima operazione che si compie ogni qual volta lo si vuole privare della dignità e sottomettere; al contrario, valorizzare e rispettare le altre specie animali, ogni individuo senziente a prescindere dalla specie cui appartiene, significa ritrovare la base del rispetto dell'altro, di ogni altro. Ma certo nessuno di noi giace legato ad un freddo tavolo in un laboratorio in attesa di essere torturato.
Dunque l'Animal Liberation Day sarà anche una giornata dedicata alla liberazione di tutti noi - siamo tutti animali - poiché è solo riconoscendo la sofferenza degli animali e lottando per porvi fine che potremo aspirare a vivere in una società senza gabbie, ma soprattutto sarà una giornata in cui scenderemo in piazza per loro, per le vittime di questo olocausto invisibile e non riconosciuto che miete miliardi di vittime in tutto il mondo ogni giorno.
Facciamo che almeno per un giorno, o almeno per un momento, le nostre voci inneggianti la liberazione animale riescano a sovrastare quella dei lamenti di tuttequeste creature senzienti rinchiuse in quei non-luoghi infernali dove il tempo si ferma e dove le mura precludono lo sguardo verso l'orizzonte, perché per loro, a meno che non iniziamo a lottare seriamente, non c'è orizzonte possibile che non sia quello buio e lugubre della morte violenta.
Ora vi chiedo una cosa: e se lì dentro ci fossero i vostri figli?
Ma in realtà ci sono i nostri figli perché gli animali sono come bambini indifesi. Chi agisce violenza diretta su un animale, violenta un essere indifeso e vulnerabile.
Tutti in piazza dunque, il 28 aprile. Contro lo sfruttamento degli animali, contro la vivisezione, contro la cultura specista e antropocentrica che legittima la violenza e la sopraffazione di tutte le altre specie.
E sempre proseguendo il discorso del post precedente (sul razzismo e la xenofobia), qui un articolo molto interessante, il cui titolo ho ripreso.
Anche sulla cultura rom sono stati scritti
tanti saggi interessanti e illuminanti che bisognerebbe leggere per
abbattere pregiudizi e preconcetti. Ma, soprattutto, bisognerebbe avere la curiosità di guardare e osservare con la mente curiosa di apprendere qualcosa su una cultura che è sì diversa dalla nostra, ma pure molto affascinante.
L'altro giorno, per dire, sono rimasta toccata dalla gentilezza di una
bambina rom che mi ha tenuta aperta la porta di un negozio mentre
uscivo. Un gesto così spontaneo e immediato che mi ha fatto vergognare
di essere italiana, visto che tanti miei connazionali spesso riservano
ai Rom occhiate di disprezzo e di malevolo giudizio, bambini compresi.
Trovo anche che sia etnocentrico biasimare il fatto che i bambini rom
non vadano a scuola in quanto l'istruzione scolastica - o meglio sarebbe
definirlo "indottrinamento scolastico" - è un valore che appartiene
alla nostra cultura, ma che non pretendo esportare come valore fondante
universale. Ci sono tanti popoli che non hanno l'istruzione scolastica,
ad esempio gli aborigeni australiani e gli Indios, perché basano la loro
esistenza su un altro tipo di apprendimento, meno astratto e più
empirico, più volto ad una comunione con la Natura e con la madre Terra.
Diamo per scontate troppe cose, che si debba e possa vivere solo attraverso i canoni che stabilisce la cultura occidentale.
È un discorso complesso, non certo esauribile o affrontabile in un semplice post (mi interessa soprattutto dare spunti utili per un'eventuale discussione), ma quanto vorrei che la si smettesse di giudicare una
volta per tutte e solo si imparasse a osservare con curiosità e
meraviglia.
Spesso sento dire: "io non sono razzista, ma...", "non odio gli extracomunitari, però... ". E non ci si rende conto che dietro quel "ma" e quel "però" si nasconde e annida il seme del razzismo e del rifiuto dell'altro.
E ancora leggo di gente che odia i Cinesi perché gli
imputa la colpa della crisi dell'economia e perché uccidono e mangiano i
cani e hanno le fabbriche della bile degli orsi. Ciò denota una profonda ignoranza in merito alla complessità dei meccanismi che regolano l'economia globale. Additare un capro espiatorio cui imputare la colpa di determinati effetti che sono il sintomo di una crisi molto più vasta (finalmente
si stanno aprendo falle nel sistema capitalistico e sta implodendo
dall'interno) non solo è sciocco e miope, ma anche molto pericoloso (non
serve ricordare cosa accadde nella Germania e Europa post prima guerra
mondiale, vero?). Dunque, vediamo un po', chi nei secoli e decenni
scorsi ha spadroneggiato in lungo e largo depredando le intere risorse
del pianeta, schiavizzando popoli, condannando alla fame il continente
africano? Dunque dovremmo odiare tutti gli Europei e cittadini Usa,
seguendo il ragionamento delle persone che ora riconoscono i Cinesi come
"male assoluto"? Dunque dovremmo rivoltarci contro l'intera cultura
occidentale? Chi alleva galline ovaiole in gabbiette strettissime
dove nemmeno riescono a muoversi e trita i pulcini maschi vivi? Chi
ingozza le oche a forza infilandogli un tubo di ferro nella gola
facendogli ammalare il fegato? La raffinatissima Francia nella
civilissima Europa. Eppure non sento mai commenti di biasimo nei
confronti della cultura occidentale. Quello che sento e leggo sono solo
commenti xenofobi rivolti a persone di paesi lontani che lasciano tutti i
loro affetti e il loro paese d'origine per venire qui, in cerca di un
futuro. Nessuno si immedesima mai nella tragedia di queste persone che
spesso nemmeno parlano la nostra lingua, senza alcune rete di
solidarietà, alle prese con il senso di straniamento dato dal trovarsi
immersi in una cultura diversa. Nessuno è disposto a riconoscere il loro
dramma? Leggo di gente infuriata perché le leggi italiane tutelano
gli immigrati. Ma dovremmo essere fieri di questo. Dovremmo esseri
fieri di avere leggi che tutelano persone che arrivano qui senza nemmeno
uno straccio di certezza. Noi Italiani, per quanto in difficoltà in
questo preciso momento storico, abbiamo comunque qui le nostre radici,
una rete di supporto parentale e amicale, ci comprendiamo quando
parliamo, conosciamo la nostra cultura, ci muoviamo insomma in un
ambiente noto e amico. Gli stranieri arrivano completamente
spaesati e sono disposti a fare lavori spesso durissimi che noi non
faremmo mai. Come possiamo essere così ostili? Io anche condanno
quegli aspetti delle altre culture, così come della mia, lesivi della
dignità dal vivente, ma non esiste cultura migliore o peggiore, non
esistono popoli migliori o peggiori, esistono solo aspetti positivi e
negativi degli stessi. Comunque non sono più disposta a tollerare
frasi, pensieri, atteggiamenti dichiaratamente e palesemente xenofobi e
razzisti. Chi tra i miei contatti pensa che i Cinesi vadano "cacciati"
(termine orribile, sia quando applicato nei confronti degli animali non
umani, che di quelli umani), per favore, rifletta e cerchi di studiare
un po' meglio la complessità di determinati fattori
socio-economici-politici, magari leggendo qualche testo che parli della
ricchezza e del valore aggiunto della multiculturalità. Dall'incontro
tra diverse culture ne deriva solo accrescimento ed evoluzione. Così
come ci arricchiamo dall'incontro e relazione con l'altro singolo, lo
stesso avviene quando ci immergiamo, con curiosità scevra da pregiudizi,
in culture diverse dalla nostra. Non dobbiamo aver paura di perdere la
nostra identità perché il concetto di identità non è qualcosa di fisso e
cristallizzato una volta per tutte, ma esso diviene con noi man mano
che ci specchiamo nell'altro.Ènell'altro che troviamo il riflesso di
noi stessi. Senza l'altro, non sapremmo nemmeno chi siamo. E poi i
fenomeni migratori sono parte costituente ed essenziale della storia del
vivente (migrano gli animali non umani e quelli umani) e il mondo, il
pianeta appartiene a tutti noi.
E queste mie considerazioni non sono pensieri di buonismo relativista, evidente laddove dichiaro che sono disposta a condannare gli aspetti lesivi della dignità del vivente in quanto dovrebbero esistere valori universali, quali ad esempio il rispetto della vita
senziente, e su questi non sono relativa manco per niente. Condanno
infatti tanto alcune pratiche della Cina, quanto altre della Spagna, per
dire.
Perdonate l'approssimazione con la quale ho buttato giù questi pensieri, mi rendo conto che l'argomento meriterebbe di essere approfondito (anche perché il razzismo e la xenofobia hanno anche cause di natura psicologica che pertengono alla costruzione e definizione dell'io, alla maniera in cui guardiamo l'altro e la realtà che ci circonda, al bisogno di affermazione personale e della stabilità di tutto il sistema delle proprie certezze e credenze ecc., insomma, c'è tantissima letteratura in materia che sarebbe utile consultare).
“Una commedia spiritosa brillante e ironica sul contemporaneo, o meglio, una variazione sui temi della contemporaneità (chirurgia plastica, circo mediatico, finzione, ossessione dell’apparire, spettacolarizzazione del quotidiano)”, così Pappi Corsicato definisce Il volto di un’altra, il suo ultimo lavoro presente nelle sale italiane a partire dall’11 aprile.
Un progetto ambizioso e sicuramente riuscito che ha richiesto un
accurato e lungo lavoro di sceneggiatura in quanto si è dovuto coniugare
due diversi percorsi narrativi snodati lungo due binari paralleli:
quello della storia vera e propria e quello della scelta delle varie forme visive del raccontare.
Credo che sia riduttivo definire Tutto parla di te, banalmente,
un film sulla maternità; lo è, ma nella sola maniera in cui è veramente
possibile dire qualcosa sulla maternità, ossia non per luoghi comuni o
rappresentazioni simboliche assolutizzanti, ma attraverso le tante
diverse maniere in cui donne diverse vivono questa esperienza.
Io non voterei Ignazio Marino nemmeno sotto
tortura per tutta una serie di ragioni. Non è solo gravissimo il fatto
che sia un sostenitore della sperimentazione sugli animali (basti
rileggere il suo articolo di appena un anno fa pubblicato su L'espresso o
anche prendere nota delle recenti dichiarazioni pre-campagna
elettorale, quando si sentiva più libero di esprimersi in materia perché
non doveva conquistarsi un bacino di
elettori), ma che reputi la dignità degli animali quasi inesistente o
comunque inferiore a quella degli umani, il che mi fa pensare che in
materia di abolizione circhi con animali (divieto di attendamento sul
suolo romano, diciamo, per cominciare) e botticelle (per parlare di due
urgenze romane) non possa essere molto dalla nostra parte. Io parlo
ovviamente da animalista per cui comunque, a prescindere, come detto,
uno che dichiara di essere orgoglioso di aver ucciso un babbuino (in
realtà chissà quanti altri animali) e di volerlo rifare mille volte, non
lo voterei mai. Noi attivisti romani vorremo
spuntarla almeno in materia di circhi e botticelle. Figurarsi a un
vivisettore quanto possa importare della sofferenza degli animali nei
circhi. Come minimo, rispetto alle condizioni in cui sono tenuti negli
stabulari (condizione che lui è abituato a conoscere assai bene) dirà
che stanno benissimo. A me fa sorridere che oggi tutti siano
propensi a credere che Marino possa aver cambiato idea in merito agli
animali. Ragazzi, stiamo parlando di un sostenitore della vivisezione. A
meno che non vogliamo credere che allora anche i cacciatori, così come
gli allevatori, macellai, vivisettori, appunto, amino gli animali. Romani, non lasciatevi ingannare.
"e pensare che mangiamo i salami, va bhe, non
dobbiamo pensarci. una volta non ci pansavamo e si viveva bene, adesso
ci fanno sentire assassini. non si vedevano, adesso vediamo anke tante
assassini di cani gatti, bastardi che uccidono per uccidere, impiccano
cani, bastonano animali in genere. non parliamo dei cinesi: fanno vedere
cani al macello in italia, lo facciano a casa loro!!!"
Il commento
ovviamente non è mio (io non scriverei mai "anke" con la k e
soprattutto non esprimerei mai un pensiero del genere), ma, per quanto
articolato in un pessimo italiano, esprime un'opinione piuttosto
diffusa. Sembra che tale pensiero rifletta una contraddizione in
termini, in realtà, sforzandosi di interpretarlo attentamente, denota un
atteggiamento abbastanza comune: ciò che disturba non è tanto il
fatto che si uccidano esseri senzienti, quanto che ORA se ne parli e si
mostrino le immagini di tale crudeltà. Ragionamento evidente laddove chi
commenta dichiara: "non parliamo dei cinesi: fanno vedere cani al
macello in italia, lo facciano a casa loro!!!"; come a dire, non importa
tanto che lo facciano, ma che lo facciano QUI, vicino a noi. Lo
facessero a casa loro quindi perché, come vuole il detto, "lontano dagli
occhi, lontano dal cuore". E ancora: "e pensare che mangiamo i
salami, va bhe, non dobbiamo pensarci. una volta non ci pansavamo e si
viveva bene, adesso ci fanno sentire assassini."; il problema non è che
mangiamo i salami quindi, ma che ora si cominci a pensare che chi lo
faccia sia un assassino o possa percepire sé stesso come un assassino.
Se tanto mi dà tanto, noi animalisti diamo fastidio NON perché
affermiamo il falso, quindi, o siamo esagerati ecc., ma solo perché
andiamo a disturbare la tranquillità di chi vuole continuare a ignorare
la terribile e violenta realtà di sfruttamento degli animali. Ci
odiano tanto perché attraverso le nostre scelte nonviolente (veganismo,
attivismo per la liberazione degli animali, informazione,
sensibilizzazione ecc.) siamo la testimonianza diretta di un dolore che
si vorrebbe rimuovere.
Per questo molti reagiscono mettendosi sulla difensiva o addirittura con toni aggressivi.
Riporto un esempio recente: domenica scorsa ero al presidio contro un circo con animali e una signora, in procinto di entrare, ci ha detto: "aho, ma è una bella giornata, ma quanto siete tristi". Indicativo di quanto ciò che nella percezione comune vuole essere rimossa sia la tristezza dello sfruttamento animale, per cui noi che la ricordiamo diamo fastidio e risultiamo tristi a nostra volta.
Ma ad essere tristi non siamo noi che vogliamo ricordare la tragedia dello sfruttamento animale, quanto appunto la tragedia stessa.
La si può rimuovere finché si vuole, ma essa rimane come una nube, come un monito a ricordarci che in questo momento miliardi di esseri senzienti stanno conducendo un'esistenza infernale e stanno per essere uccisi, anche in questo istante, una vittima per ogni ticchettio sulla tastiera.
Non sono triste io che vi parlo di queste cose, siete tristi voi che cercate di nasconderle e negarle.È la vostra ipocrisia ad essere triste.
E per questo noi attivisti per la liberazione animale ci diamo tanto fare, affinché tutti potremo un giorno tornare a guardarci attorno senza il timore di scorgere immagini di morte e violenza o di sentire l'esigenza di volerle rimuovere e negare.