Pubblicato anche su Asinus Novus.
Sono venuta recentemente a conoscenza di questa perla di spot della Coop, risalente a qualche anno fa, ma ancora valido come esempio della mistificazione ed occultamento della violenza, nonché della giustificazione antropocentrica dello sfruttamento animale, veicolati attraverso le forme della comunicazione pubblicitaria. Si disvela qui, in particolare, un doppio livello di mistificazione formale e verbale: il corpo animale, già privato della sua dimensione di individuo senziente che un tempo è stato - e che tale sarebbe dovuto rimanere - e quindi ridotto a puro oggetto plastico, a pura materia da modellare secondo i capricci della propria indole per divenire oggetto "artistico" (le virgolette sono d'obbligo) si presta ad essere ulteriormente manipolato (a divenire ulteriormente oggetto) così da veicolare un discorso "artistico" (e sempre le virgolette sono d'obbligo) che altro non fa che ribadire e confermare la posizione dominante dell'uomo rispetto agli altri animali, l'antropocentrismo come valore e come giustificazione dello sfruttamento animale. Dopo il danno, la beffa, aggiungerei.
Sono venuta recentemente a conoscenza di questa perla di spot della Coop, risalente a qualche anno fa, ma ancora valido come esempio della mistificazione ed occultamento della violenza, nonché della giustificazione antropocentrica dello sfruttamento animale, veicolati attraverso le forme della comunicazione pubblicitaria. Si disvela qui, in particolare, un doppio livello di mistificazione formale e verbale: il corpo animale, già privato della sua dimensione di individuo senziente che un tempo è stato - e che tale sarebbe dovuto rimanere - e quindi ridotto a puro oggetto plastico, a pura materia da modellare secondo i capricci della propria indole per divenire oggetto "artistico" (le virgolette sono d'obbligo) si presta ad essere ulteriormente manipolato (a divenire ulteriormente oggetto) così da veicolare un discorso "artistico" (e sempre le virgolette sono d'obbligo) che altro non fa che ribadire e confermare la posizione dominante dell'uomo rispetto agli altri animali, l'antropocentrismo come valore e come giustificazione dello sfruttamento animale. Dopo il danno, la beffa, aggiungerei.
Ascoltate bene tutto il discorso degli attori dello spot e poi sappiatemi dire.
Personalmente ho scelto di non servirmi più presso i supermercati Coop ed affiliati per una serie di motivi: da anni ormai la loro politica cerca di far passare l'osceno messaggio del "benessere animale" (anche qui le virgolette sono d'obbligo), utile solo a tacitare le coscienze di coloro che, ingenuamente, vogliono continuare ad illudersi che sia possibile uno sfruttamento meno doloroso, un diverso trattamento, amorevole e rispettoso, di quelle stesse vite che, nondimeno, saranno condotte al macello per finire sulle tavole dei "consumatori".
Sono anni che la Coop, con le sue pubblicità ingannevoli, va predicando di tutela dell'animale e di allevamenti rispettosi del "benessere animale" (ancora le necessarie virgolette), pubblicità che fanno leva sull'ignoranza o scarsa volontà di informarsi degli Italiani - si sa che certe cose si preferisce non saperle, per ignavia, per comodità, per bieco opportunismo ed egoismo - e che, ponendo l'accento su questo fantomatico miglior trattamento degli animali allevati, tacciono volutamente il destino - anzi, è il caso dire la destinazione finale - cui questi ultimi sono sempre comunque diretti. Secondo quello che vorrebbe far credere la Coop, gli animali, dopo aver vissuto una bella vita, vengono magicamente trasformati in salami, bistecche, macinato di qualità, e tutto questo senza che vi sia stata crudeltà e violenza, come se esistesse un metodo d'uccisione meno terrificante ed orrorifico per la vittima, come se privare un individuo della propria vita potesse essere definito, in alcuni casi e a seconda del metodo usato, una pratica accettabile o persino "etica" (mai parola è così tanto spesso e così tanto a sproposito tirata in ballo come questa).
Sempre la Coop vende uova di galline allevate a terra, peccato che la dicitura non spieghi affatto le condizioni in cui queste galline, pure se a terra, sono comunque tenute: ammassate le une sulle altre, chiuse dentro capannoni illuminati da luce artificiale e con possibilità di uscire all'aperto solo in determinati periodi dell'anno, e peccato che comunque, dopo qualche anno, quando considerate non più produttive secondo determinati parametri stabiliti dal mercato, verranno comunque uccise; per non parlare del destino dei pulcini maschi, tritati vivi o gettati, sempre vivi, nella spazzatura poiché considerati inutili ai fini della produzione di uova. E queste sarebbero le "uova etiche" vendute nei supermercati Coop.
Sempre nei supermercati Coop ed affiliati vengono venduti astici ed altri crostacei vivi, tenuti in vasche con le chele legate. Così come, a quanto mi risulta, la carne macellata halal e kosher, per rispetto delle tradizioni religiose. Ma ovviamente, in questo caso, il rispetto degli animali passa in secondo piano perché ciò che conta è mostrare il proprio lato "politically correct", così apprezzato da una certa sinistra progressista bon ton e perbenista per cui guai a criticare le pratiche delle altrui religioni, anche se queste implicano lo sgozzamento e dissanguamento lento degli animali, condannandoli così, di fatto ad una morte atroce.
Ricordatevi che non esiste sfruttamento animale senza violenza e sofferenza, non esiste un'uccisione meno iniqua o più giusta di altre, privare un individuo senziente della propria libertà e vita e ridurlo ad oggetto, a merce rinnovabile, è sempre un atto di massimo abuso e prevaricazione.
Non esiste alcun "benessere animale" all'interno delle pratiche e strutture che conducono allo sterminio sistematico di migliaia di esseri senzienti al giorno (allevamenti, macelli, laboratori per la vivisezione ecc.). E la Coop, non solo non fa eccezione, ma, con le sue tante pubblicità ingannevoli e mistificatorie, si mostra ben peggiore di tante altre aziende proprio perché si ostina a voler rassicurare il "consumatore" che mostra una certa sensibilità, quello che qualche domanda sull'orrore dello sfruttamento animale comincia a farsela. Ovvio che se poi la risposta data sarà quella di una rassicurante menzogna, non sarà in grado di compiere la scelta opportuna (l’unica che
opportunamente sarebbe da fare, ossia smettere di mangiare animali e
derivati animali).
La Coop sei tu? No! Io no! Me ne guardo bene. Io le cose le chiamo col loro nome. Lo sfruttamento e la violenza sempre sfruttamento e violenza rimangono, pure quando gli si appiccica davanti l'etichetta "bio" o "felice" o "arte".