venerdì 29 giugno 2012

Brando

Ieri sera stavo guardando alcuni video di animali su youtube e ne ho trovato uno molto carino in cui una persona accudisce una piccola scimmietta e le fa il bagno. Una scimmietta tenera e graziosa da morire. E così questa mattina, improvvisamente, mi è tornato alla mente un episodio che risale alla mia infanzia vissuta in un piccolo paese. 

C’era un signore un po’ eccentrico, il signor O., proprietario di un albergo-ristorante, che aveva preso una scimmietta. Non ricordo esattamente a quale specie appartenesse, non era uno scimpanzé comunque, era più piccola, probabilmente un macaco. Appena presa la portò subito in paese per mostrarla alle persone tenendola al guinzaglio come fosse un cagnolino. Io, da sempre amante degli animali, ricordo che non appena la vidi da lontano volli avvicinarmi curiosa per poterla meglio osservare e anche con la speranza di poterla accarezzare o magari prenderla in braccio. Ricordo che stavo mangiando un gelato e che mi avvicinai tenendo il cono in mano; la scimmietta, che era un maschietto e fu chiamato Brando, non appena mi vide avvicinare, di slancio si gettò su di me e mi tirò via il cono gelato dalla mano. Non mi aspettavo di certo un gesto fulmineo e deciso come quello e dopo qualche istante di stupore scoppiai in una grande risata e l’accarezzai tutta contenta. In poco tempo Brando divenne l’attrazione del paese. Tutti i bambini accorrevano a vederla da vicino, qualcuno meno timoroso si azzardava ad allungare la mano sulla sua testolina per una carezza, altri si limitavano a ridere contenti nell’osservare le sue strane smorfie, nell’ascoltare i suoi gridolini o nel prenderle la zampetta a mo' di saluto. Quando la portava in giro, il signor O. la teneva al guinzaglio e durante il resto del giorno e la notte la teneva libera nel giardino, che era sul retro dell’albergo e che aveva provveduto a chiudere con una recinzione. Si arrampicava sugli alberi e giocava. Ricordo che ogni volta che mi capitava di passare da quelle parti mi fermavo a cercarla con lo sguardo, oppure la chiamavo. Mi ci ero affezionata. Ogni volta che incontravo il signor O., quando era da solo, non perdevo occasione per fargli un sacco di domande su Brando: “dov’è adesso? Cosa fa? Cosa mangia? E dove dorme? Se vengo a casa tua mi ci fai giocare? Me lo saluti?”.

Dopo qualche mese dal suo arrivo nel paese si cominciò a parlare del fatto che fosse un po’ troppo selvatica, che il proprietario non fosse riuscito ad addomesticarla come avrebbe dovuto. Si sparse la voce che una volta lo avesse persino morso e che avesse cercato di aggredire alcune persone che si erano avvicinate un po’ troppo alla recinzione del giardino. Sapete come funziona nei paesi, da un particolare ci si costruisce una leggenda urbana le cui proporzioni aumentano nel passare di bocca in bocca. 

Fatto sta, che improvvisamente mi fu vietato di avvicinarla e accarezzarla: 
- “È pur sempre un animale selvatico, non si sa mai” - diceva mia madre;
- “meglio che non le vai troppo vicino, se ti morde poi è un problema” - diceva mio padre; 
- “è cattiva, aggredisce le persone” - diceva la gente; 
- “è una bastarda irriconoscente, gli do da mangiare e mi rigranzia con un morso” - diceva il signor O..

E poi venne quel giorno. Era un pomeriggio. Ero uscita per andare in paese con mia madre - abitavamo un po’ fuori dal centro e per raggiungerlo dovevamo giust’appunto costeggiare il giardino dell’albergo, quello in cui stava la scimmietta. A un certo punto vedemmo sopraggiungere il signor O., in senso opposto al nostro. Camminava a passi veloci, l’espressione torva e preoccupata, un fucile in spalla. Non appena ci vide fece segno a me e a mia madre di fermarci e di fare silenzio:
 - “Shhh... non vi muovete, state ferme lì”;
 - “signor O., che succede?” - fece mia madre allarmata;
- “Brando è scappato dal giardino, ha scavalcato la recinzione”-  rispose il Signor O. in maniera concitata;
- “oh mio Dio, ma dov’è adesso? E dove sta andando lei con quel fucile? Non vorrà mica...
 -  “tranquilla signora, è tutto sotto controllo, ho già chiamato anche rinforzi... vede, l’animale è come impazzito, è fuori di sé, già da qualche giorno era molto nervoso, oggi poi, quando mi sono avvicinato per dargli da mangiare mi è saltato addosso come per aggredirmi, ho fatto giusto in tempo a ripararmi in garage, temo che per riprenderlo non ci sia altro modo che...”;
- “ma come, ma com’è possibile, è solo una scimmietta... “ -  disse mia madre;
- “sì, è piccola, ma ha denti forti e una mascella fortissima, se aggredisse qualcuno passerei guai... anche voi... ecco, tornate indietro, aspettate che sia tutto finito”.
-  “Mamma, ma non vuole uccidere Brando, vero?” - dissi io con una vocina flebile;
-  “no, sta tranquilla, non vuole ucciderlo, sai, non spara cartucce vere quel fucile, vuole solo addormentarlo per poterlo riprendere”;
- “ma perché, lui non ci voleva stare in giardino?”;
 - “no, si vede di no”;
- “forse vuole tornare libero?
- “può essere, forse, non lo so, sai sono animali...“;
 - “ma non può lasciarlo andare dove gli pare e basta?”;
non può no, potrebbe mordere qualcuno, sai, è diventato cattivo”;
ma lui non è cattivo...“. 

Passarono i giorni, le settimane, i mesi e di Brando presto si perse il ricordo.
Solo io ogni volta che scendevo in paese mi fermavo ancora a cercarlo con lo sguardo in mezzo agli alberi del giardino, speranzosa di poterlo rivedere. Non mi dissero infatti che fu ucciso quel giorno. Mi dissero che quel fucile era servito ad addormentarlo e che poi l’avevano riportato sano e salvo nella foresta dove era nato. Cosa che mi riempì di gioia.

In realtà, come avrete immaginato, Brando finì di vivere quel pomeriggio in cui io e mia madre incontrammo il signor O. con il fucile. Altri tempi. Oggi davvero lo si sarebbe potuto addormentare e poi riportarlo sano e salvo in un luogo a lui congeniale. Forse oggi a nessuno, nemmeno a un signore un po’ eccentrico, verrebbe in mente di prendere una scimmietta selvatica e di pretendere che si comporti come un cagnolino. Forse oggi alcune specie sono più tutelate rispetto al passato. Quel che non è cambiata è l’arroganza tutta umana. Quella di giudicare “cattivo” un povero animale selvatico estirpato dal suo ambiente naturale e di volerlo punire per un “danno” che in realtà è imputabile solo all’uomo. E mi viene in mente King Kong, il celebre gorilla dell’omonimo film - e quanto piansi quando lo vidi al cinema - strappato ai suoi affetti e alla sua foresta, portato nella grande metropoli come attrazione turistica e poi ucciso perché dopo essere riuscito a liberarsi mette a soqquadro l’ambiente circostante e danneggia cose e persone.
Che colpa hanno avuto Brando e King Kong? Nessuna. L’uno nella realtà, l’altro nella finzione, era animali che vivevano liberi nel loro habitat, felici, secondo quelle caratteristiche di specie che gli sono proprie. Poi un bel giorno è arrivato l’uomo, li ha catturati, li ha imprigionati, li ha schiavizzati. Loro magari si sono ribellati, o magari hanno semplicemente cercato di vivere in accordo con la loro natura, reagendo alla paura, a determinati stimoli. 
E l’uomo, cosa vi aveva visto in loro? Non l’espressione di una meraviglia, non l’unicità del vivente, ma solo l’oggetto del proprio desiderio, solo il riflesso della propria bramosia di dominio sulla natura e sull’altro. Una volontà di dominio e di assoggettamento subito pronta a trasformarsi in paura non appena diventa ingovernabile, non appena l’altro risponde a reclamare il proprio diritto alla vita.
Dominio e paura. Intercambiabili. Per questo Brando è dovuto morire. Perché sfuggito al dominio, si è trasformato nel mostro da abbattere. 

Povero Brando. Nei miei ricordi tornerò ancora a cercarti, là tra gli alberi. E quando riuscirò a scorgere il tuo musetto simpatico, ti offrirò ancora un cono gelato. E ti chiederò perdono per quello che l’uomo ti ha fatto. E poi ce ne andremo via insieme. Liberi. Ognuno per la sua strada. Tu per la tua, nella foresta dove sei nato. Io per la mia, qualunque essa sia. Uniti nel ricordo di esserci sfiorati e amati per quello che siamo.

17 commenti:

Massimo Caccia ha detto...

E' triste vedere l'ottusità umana come si esprime nell'inutile crudeltà.
Un bel racconto. Il nostro rapporto con gli animali deve trovare equilibri differenti. Non sono oggetti del nostro piacere, il superfluo, gli orpelli del benessere che fanno status simbol. Sono sempre esseri viventi.
Buona giornata

Rita ha detto...

Buongiorno Massimo,
hai proprio ragione, il nostro rapporto con gli animali deve essere totalmente ripensato. Purtroppo oggi li consideriamo solo in un'accezione meramente utilitaria, anche quando gli si vuol bene, anche i cosiddetti animali d'affezione sembra che debbano esistere per soddisfare i nostri bisogni di affetto e di gratificazione. Invece essi esistono per loro stessi, in primo luogo.
La povera scimmietta è solo uno dei tanti esempi dell'arroganza umana che prende determinati animali "esotici" e "selvatici" solo per vantarsene e ne fa orpelli della propria vanità, quando poi questi manifestano di non sapersi adattare alla follia umana, allora vengono abbattuti.
Mi vengono in mente i tanti leoni, tigri usati nei circhi, negli zoo, ma anche i cani addestrati per i combattimenti, animali che magari un giorno trovano la forza di reagire, provano a fuggire e poi vengono uccisi per questo. Se fossero stati lasciati nel loro ambiente, liberi, non ci sarebbe stato bisogno di ucciderli.
Buona giornata a te :-)

Volpina ha detto...

Povera scimmietta.... però anche quel signore... avrebbe dovuto saperlo... non approvo questo tipo di animali chiusi in recinzione che dovrebbero stare in mezzo alle foreste, LIBERE... ma perchè??? cavoli... :( Povera... povera scimmietta...

Rita ha detto...

Cara Volpina,
hai ragione, tutti gli animali dovrebbero vivere liberi, poi le specie selvatiche non possono proprio essere prese come animali d'affezione.
Io ero bambina e non ricordo bene i particolari della vicenda, ossia non so dirti perché quel signore l'avesse presa, dove, come, probabilmente l'aveva comprata in un negozio. Il fatto risale comunque a più di trent'anni fa, probabilmente c'era molta meno informazione e tutela delle specie selvatiche rispetto ad oggi.
Poverina comunque... sì. Dopo il danno di essere stata portata via dal suo habitat, poi anche il triste destino di essere uccisa. :-(

Chumani ha detto...

E' un ricordo triste, quando io ero piccola e andavo al mare, c'era sempre qualcuno con un leoncino o un tigrotto che lo offrivano per far fotografie.
Ma oggi vedo altrettante brutture: mega negozi per animali che detengono e vendono specie protette oltre cani, gatti e coniglietti in modo pessimo e sottoposti a stress inauditi. Ho fatto segnalazioni ad un corpo speciale di polizia ambientale, ma non ho ottenuto nulla.
Poveri animaletti

Rita ha detto...

Ciao Keiko, io ormai nei negozi per animali che vendono anche animali non ci vado più. Se ne vedono di tutti i colori, ogni volta è da sentirsi male. Hai fatto benissimo a fare le segnalazioni, tieni presente che in genere bisogna insistere molto e ricordare alle autorità che se non intervengono è omissione d'atti d'ufficio, altrimenti se ne fregano, ne sono qualcosa io. Ma dov'è questo negozio, a Roma?
Comunque la colpa è soprattutto della gente che li compra; se nessuno li comprasse più... che poi il termine "comprare" accostato ad un essere vivente è orribile. :-(

ivaneuscar ha detto...

Tenero e insieme amaro, questo tuo ricordo.
Mi ha fatto venire in mente una vicenda capitata al poeta-chansonnier Léo Ferré.
Era un uomo molto sensibile, che ha condiviso la sua vita con molti animali. Si affezionava particolarmente a quelli randagi o sfortunati. Fra questi, un cane che aveva una zampa offesa, e che accompagnava Ferré nei primi tempi della sua carriera, quando, ancora poco conosciuto, si esibiva - per non grande compenso - nei locali della Parigi "esistenzialista" (anni Cinquanta).
Ferré amava molto anche i gufi, animali di solito non molto "apprezzati" dalla gente, e, quando aveva raggiunto una certa popolarità e viveva in un'ampia tenuta di campagna (se non erro, in Bretagna), gli capitò anche di raccoglierne uno e di tenerlo in casa - e anni dopo raccontò in maniera toccante il dolore che provò quando questo gufo morì.
Però Léo Ferré aveva una predilezione particolare (un "feeling") per gli scimpanzé, e nella sua grande tenuta di campagna ne ospitava più d'uno; la sua preferita in assoluto era una femmina di scimpanzé, donatagli - mi sembra - dal proprietario di un circo; Ferré la battezzò Pépée e le era affezionatissimo. Non faceva che lodare l'arguzia e la capacità di fare scherzi, che Pépée aveva. Sembra che uno dei suoi scherzi preferiti fosse muovere la propria mano davanti agli occhi di un amico musicista e collaboratore di Ferré, il pianista Paul Castanier, che era non vedente.

[Continuo]

ivaneuscar ha detto...

Poi inaspettatamente successe una cosa terribile, inaudita. La moglie di Ferré, Madeleine - che lui amava molto (le aveva dedicato alcune splendide canzoni) - un giorno chiese a un guardacaccia di uccidere a fucilate gli scimpanzé di Ferré, mentre questi era assente. Quando Léo tornò a casa rimase senza parole davanti a una scena indicibile, incomprensibile, ingiustificabile. Sua moglie lo aveva voluto "punire" per le loro incomprensioni coniugali? e perché prendersela con i poveri scimpanzé? che cosa le avevano fatto?
Giustamente, per Ferré non poteva esserci un atto più crudele e cattivo di quello compiuto da sua moglie Madeleine, per interposta persona: uccidere a freddo degli esseri viventi. Forse si rese conto che nel fondo dell'animo della sua amata consorte c'era qualcosa che lui non aveva mai intuìto, e che ora gli faceva orrore. Immediatamente si separarono, e lui - pur avendo condiviso con lei anni molto belli, e la passione per l'arte e la poesia - non la perdonò mai.
Dedicò poi a Pépée una canzone in cui riversava tutto l'affetto e il rimpianto che provava; chi senza conoscere i fatti ascolta quella canzone (ne esistono due versioni, una in francese e l'altra in italiano, ma la prima è più bella), può pensare che parli di una persona, ad esempio di una figlia morta prematuramente (ad un certo punto il testo dice che Pépée aveva otto anni quando morì), tale è l'affetto che Ferré rivela nei versi del testo.
La canzone si conclude tra l'altro con un folgorante riferimento ai legami indissolubili che i ricordi creano fra chi rimane e chi è scomparso per sempre (On couche toujours avec des morts canta infatti Ferré, accalorandosi).

ivaneuscar ha detto...

Vari anni dopo i fatti, Ferré scrisse un'altra canzone, dedicandola a un altro degli scimpanzé uccisi nella "mattanza", Zaza, e in questa più che il dolore e il ricordo, si manifestava il rimprovero nei confronti dell'ex moglie Madeleine (senza mai nominarla, ma il riferimento è chiaro, per chi sa); nella canzone infatti Ferré immaginava che Zaza si rivolgesse alla propria assassina, dicendole tra l'altro: Si par hasard tu me rencontres / Change de trottoir tu sais pourquoi ? / [...] Si par hasard tu me rencontres rappelles-toi / Y'a que toi qui le sait, salope; e ancora: Le bonheur c'est de la misère en Dior / Le bonheur j'en veux, j'en veux encore / Le bonheur si par hasard tu l'as / Je te fais savoir que je te fous une trempe.

Rita ha detto...

Ciao Ivaneuscar,
ho ascoltato la canzone, bellissima, mi sono commossa, e bello anche il video. Ti ringrazio di cuore per avermi parlato di questa triste storia, una storia esemplare perché la dice lunga sulla cattiveria degli uomini. Che gesto ignobile quello dell'ex-moglie, doveva essere proprio una persona crudele, oppure, voglio sperare che non avesse tutte le rotelle a posto. Poveri scimpanzé, io sarei impazzita di dolore... penso al dolore che proverei se qualcuno facesse male ai miei gatti o al cane.
Bellissimo il verso: "on couche toujours avec des morts", è proprio vero.
Anche io ho una predilezione per le scimmiette, in particolare per gli scimpanzé e se avessi un posto appropriato dove tenerli mi piacerebbe riscattarne qualcuno da un circo o zoo o anche dagli stabulari della vivisezione. Mi piacerebbe offrir loro una vita migliore. Beh, non è mai detto, magari in un futuro...
Ora vado a cercare anche la versione in italiano.
Grazie ancora, una storia tristissima, ma in parte riscattata grazie al bellissimo pezzo di Ferré, che sì, doveva essere davvero una persona sensibile, di quelle che è il caso di dire con un animo superiore.

Martigot ha detto...

Un bellissimo racconto, Biancaneve, pur se triste. Povero piccolo Brando! Come dici tu, è tremendo questo nostro arrogarci il diritto di disporre della vita degli animali, e finché ci divertono va tutto bene, poi quando le cose per varie ragioni si complicano e loro non sono più il nostro accondiscendente gingillo, ce ne sbarazziamo...Sì, probabilmente oggi c'è una sensibilità maggiore, però temo purtroppo che episodi del genere potrebbero avvenire anche ai nostri giorni.

King Kong lo trovo anch'io una storia tristissima...poveraccio anche lui :-(

un saluto

Rita ha detto...

Ciao Martigot,
non sai quanto piansi quando vidi King Kong la prima volta, avrò avuto otto o nove anni e proprio non riuscii ad accettare il fatto che l'avessero ucciso. Anche l'ultimo remake, quello di Peter Jackson, è tristissimo.
Oggi sicuramente è più difficile, immagino, prendere una scimmietta come animale da compagnia, a meno che non si disponga di un parco in cui farlo crescere, e ad ogni modo voglio sperare che in un caso simile venga solo addormentato e non ucciso così a discrezione del proprietario.
Comunque sia alla fine ovunque interviene l'uomo, sono sempre gli animali a rimetterci.
Un saluto a te e a Clint :-)

Martigot ha detto...

Non ho visto il remake, proprio perché mi è bastato vedere il King Kong originale, tanti anni fa, e naturalmente anch'io ho pianto per il nostro scimmione, vittima degli Uomini...

Da piccola avevo una raccolta di audio cassette con delle bellissime storie. L'unica che non mi piaceva proprio era quella di San Giorgio e il drago, non sopportavo di ascoltare di quando lui uccideva il drago. Vabé, si sarà pappato qualche fanciulla, ma io parteggiavo assolutamente per lui :-)

Dirò una banalità, ma i veri mostri, i più pericolosi, sono sempre gli esseri umani.

ciao e presto sul mio blog aggiornamenti sul ciccioso Clint

Rita ha detto...

Uhhh, che mi hai ricordato, anche io da piccola avevo una raccolta di audio cassette di storie, la mia era più di favole classiche però, quella di San Giorgio non c'era.
Comunque credo che la religione abbia contribuito non poco a diffondere un concetto errato di animalità, accostandolo alla bestialità nel senso di perdita di grazia e alla malvagità; inoltre gli animali sono sempre stati usati per rappresentare allegoricamente il male. Se vuoi farti due risate (ma al tempo stesso riflettere anche), leggi questo articolo di Asinus Novus:
http://asinusnovus.wordpress.com/2012/06/27/servitori-dellanticristo/

Aspetto foto e news del ciccioso Clint allora. :-)
Buona giornata. :-)

Dany ha detto...

Un ricordo intenso... la gioia di sapere che è stato riportato nella sua foresta... l'amarezza di scoprire che in realtà era una bugia, detta ad una bimba....
un po' come quando i bimbi giocano con i conigli del vicino e a cena gli si propone coniglio...ma non gli si dice, che era lo stesso accarezzato il giorno prima.
E allora mi domando... nascondere la verità, non è che serve a far si che i bambini non perdano il rispetto negli adulti?
molti bambini sono in completo disaccordo con gli adulti, sulle questioni di etica. Dire loro la verità, forse scatenerebbe il delirio.

scusa sono uscita un po' dal tema, ma i tuoi articoli, mi aiutano sempre a ragionare ... :0)

Rita ha detto...

Ciao Dany, domanda interessante la tua e non sei per niente uscita fuori tema.
Io penso che le bugie degli adulti servano semplicemente a mantenere in piedi il loro mondo, così come loro l'hanno costruito. Loro diranno ovviamente che mentono ai bimbi per proteggerli dalla durezza della verità.
Ci sono degli aspetti della vita ed alcune esperienze che possono essere davvero traumatici per un bambino (penso alla morte, alla malattia) e allora in quel caso, poiché non hanno ancora la capacità di elaborare determinati contenuti sotto il profilo emotivo, forse raccontare una storiella può aiutarli a superare il dolore.
Nel caso del mangiare animali morti invece la vedo più come una forma di ipocrisia, gli adulti vogliono continuare a mangiare carne, non vogliono mettere in discussione le loro idee e così mentono a loro stessi ed ai loro figli.
Comunque io ho un amico, vegetariano sin da bambino, che smise di mangiare carne e pesce proprio perché un giorno gli portarono in tavola un coniglio che i genitori avevano allevato e a cui lui si era ovviamente affezionato. Non gli nascoserò la verità. Lui rimase profondamente turbato e da quel giorno non ha più toccato animali.
Gli adulti quindi lo sanno che se dicessero la verità ai loro figli, probabilmente essi smetterebbero di mangiare la carne, ma siccome vogliono che invece continuino a mangiarla, non gli dicono nulla. In questo caso quindi la menzogna la vedo come una copertura per non far crollare il loro mondo, quello degli adulti intendo.
Un saluto :-)

Giovanni ha detto...

Eccoti, già tutta in questa frase, domanda è considerazione già oltre l'avvio egoismo generalizzato: " ma non può lasciarlo andare dove vuole, e basta? " 😀 i bambini che come te rimangono con queste idee e non perdono lo sguardo, sono la coraggiosa speranza , oggi già in atto. Purtroppo, l'uomo non può lasciar andare e basta : ne andrebbe del suo dominio,un tiranno, non può mostrarsi mai clemente, o saggio, o mite, i giudizioso.

Vidi anche io King Kong, quello di Rambaldi. In sala, temevo l'arrivo del gorilla gigante. Ma poi, dopo le pacate parole di mia madre, la paura passo, e venne la tristezza per il suo destino.