(articolo pubblicato anche su Asinus Novus)
Oltre a diffondere l’etica antispecista tramite un
impegno di natura intellettuale (leggere, confrontarmi, scrivere articoli), mi
reputo anche un’attivista. Mi prendo cura di diversi animali, denuncio episodi
di maltrattamento, partecipo a presidi e manifestazioni, il tutto entro la
cosiddetta sfera della legalità. A dire il vero a volte ho commesso anche
qualche piccola infrazione di cui vado fierissima, tipo quelle volte in cui ho
manomesso delle trappole per topi trovate in alcuni garage ed altri luoghi pubblici.
E, sono sincera, se quel giorno mi fossi trovata a Green Hill non mi
sarei di certo tirata indietro di fronte alla possibilità di aprire qualche
gabbia per liberare dei cani altrimenti destinati alla morte.
Non credo che questo avrebbe fatto di me una
“delinquente”. Ci sono azioni e gesti che con il passare del tempo chiedono di
essere socialmente ripensati perché non più aderenti al formarsi di una nuova
coscienza e sensibilità. Di fronte alla liberazione dei beagles di Green Hill
l’opinione pubblica ha esultato pressoché compatta. Tra i capi d’accusa mossi
contro gli attivisti figura addirittura la rapina, ma quello che sulla carta va
ad esprimere un determinato concetto, nella coscienza collettiva ha significato
ben altro: ossia la liberazione di esseri senzienti dall’inferno dei laboratori
per la sperimentazione animale cui erano destinati.
La mia opinione è che gli attivisti abbiano fatto
bene a compiere il loro gesto in pieno giorno, sotto gli occhi di tutti,
persino dei poliziotti stessi, manifestando una precisa e ferma presa di
posizione, che è quella di dire “basta” allo sfruttamento di esseri senzienti,
così connotandolo di una forte trasparenza e facendolo uscire fuori dal
concetto di illegalità cui solitamente azioni come queste vengono rilegate.
Come scrive Tom Regan: “noi apriamo quelle gabbie e poi ci facciamo
trovare al loro interno, assumendoci la piena responsabilità delle nostre
azioni”.
Molti attivisti, tra cui quelli di Nemesi Animale
(che, per inciso, hanno tutta la mia ammirazione), hanno espresso invece
un’opinione diversa, ossia che quando si compiono azioni di liberazione bisogna
pensare in primo luogo a mettere in salvo gli animali e quindi esporli ai
riflettori è rischioso perché c’è il pericolo che vengano rintracciati per poi
essere restituiti ai legittimi proprietari (leggasi: ricondotti al loro destino
di essere vivisezionati). Osservazione senz’altro giusta. Diciamo però che il
caso di Green Hill ha avuto il pregio di avere anche una valenza dimostrativa,
che gli va indiscutibilmente riconosciuta e che, a mio modesto avviso, non deve essere sottovalutata. Mai come in questo periodo il
dibattito sulla legittimità o meno della sperimentazione animale si è fatto infatti tanto
acceso.
Metologie differenti di liberazione a parte,
l’attivismo per la liberazione immediata suscita comunque sempre tanti
dibattiti e pensieri che meritano di esseri adeguatamente analizzati.
Se mi fermo a riflettere scopro che alcune
perplessità e dubbi non sono affatto nuovi (in parte li avevo già espressi qui
parlando del film Aurora) e che, in definitiva, sono gli stessi su cui
l’attivista per i diritti animali si dibatte da sempre.
Ferma restando la convinzione di voler porre fine
allo sfruttamento animale, quale strategia da adottare? Una strategia a lungo
termine che lavori affinché cambino e vengano ripensate le attuali strutture
socio-economiche basate sullo sfruttamento tanto degli animali non umani quanto
di quelli umani - e si tratta di una vera strategia politica - o una strategia
utile nell’immediato a salvare alcune vite ma che paga ancora lo scotto - viste
le attuali normative vigenti - di relegare tali azioni nella sfera
dell’illegalità, con il rischio di paragonare i promotori di tali nobili
iniziative alla stregua di fuorilegge sovvertitori dell’ordine sociale?
Il caso dei beagles di Green Hill è un caso limite,
che esce in qualche modo fuori dall’ordinario; è vero che la gente ha esultato
per la liberazione avvenuta, ma non scordiamoci che si è trattato pur sempre di
animali d’affezione: precisamente, cuccioli di cani. E non scordiamoci nemmeno
che molti di quelli che si sono commossi non sono nemmeno vegetariani. E se invece dei cuccioli di beagles fossero
stati liberati dei topi, o delle galline da un allevamento intensivo? Credete
che l’opinione pubblica si sarebbe ugualmente commossa compatta? Io penso di
no. Ed ho ragione di crederlo perché non mi pare che la maggioranza delle
persone esprima verso le pescherie ed i mattatoi lo stesso sdegno manifestato
per l’allevamento di Green Hill.
Per questo dico che le azioni di liberazione
animale, beagles di Green Hill a parte, continuano ad apparire alla maggioranza
come inconsueti, illegali, profondamente sovversivi (attenzione, dico e
ribadisco “appaiono alla maggioranza”, non certo a me, che, da antispecista
quale sono, vengono considerati invece gesti di grande valore etico).
Cosa fare dunque? Aspettare che i tempi cambino e
che tutta la società sia pronta a chiedere l’apertura di ogni gabbia - ma
intanto migliaia di animali continuano a morire ogni giorno, ogni ora -
rimanendo sempre nella legalità ed attivarsi politicamente affinché si renda
evidente il legame inscindibile che c’è tra liberazione dell’umano e
liberazione dell’animale dalle forme di oppressione di cui è vittima, o
attivarsi nell’immediato per liberare anche solo una vita, accettandone tutti i
rischi, pur essendo consapevoli di agire come outsider all’interno di un
sistema che comunque continua a considerare legale l’assoggettamento degli
animali agli umani?
Io credo che entrambe le strade possano e debbano
essere percorribili e che una strategia a lungo termine - fondamentale - non
debba però escludere le tante piccole azioni giornaliere che possono essere
compiute per la liberazione ed il benessere animale, fosse anche manomettere
una trappola per topi o mettere in salvo un pulcino caduto a terra da un nido.
Perché la vita di anche un solo singolo essere vivente non vale meno di quella
di molti vista in una prospettiva a lungo termine.
Vorrei infine esprimere un’ultima perplessità: mi è
stato chiesto da un amico il perché del mio partecipare a presidi, banchetti
informativi e manifestazioni e se lo ritenessi davvero utile ed efficace.
Qui intanto farei un distinguo: i banchetti informativi hanno lo scopo
appunto di informare, al pari di un blog per esempio, fornendo notizie che
generalmente non vengono diffuse dai media e testimoniando la verità sullo
sfruttamento animale tramite foto, volantini, video, brochures ecc. e quindi hanno una certa utilità.
Le manifestazioni ed i presidi invece secondo me
servono a poco: intanto vi partecipano soprattutto persone già sensibili alla
tematica affrontata, secondo poi raramente raggiungono una copertura mediatica
talmente ampia da suscitare un certo scalpore (a meno che non vi si aggiunga
qualche azione dimostrativa come nel caso di quella di Green Hill). Eppure io
vi continuo a partecipare. Perché? Mi è stata fatta questa domanda e cercherò
di rispondere con tutta la sincerità possibile. Intanto sono convinta che fare,
agire sia meglio di non fare nulla. Ad ogni azione corrisponde sempre una
reazione ed io non voglio essere agita, ma voglio agire. Voglio decidere, fin
quanto mi è possibile, delle mie azioni e scelte. In secondo luogo l’incontro
con altre persone che si stanno battendo per la stesso fine diventa un momento
di confronto che può avere una sua utilità. Terzo, e qui faccio un po’ di
fatica ad ammetterlo - ma voglio essere sincera - partecipare alle
manifestazioni mi aiuta psicologicamente. Una motivazione egoistica
dunque, direte voi? Sì, in questo caso sì, lo ammetto. Ma lasciatemi spiegare
meglio.
Ci sono giorni - e non sono pochi - in cui mi assale
uno sconforto indicibile al pensiero di tutti gli animali che soffrono
rinchiusi in miliardi di gabbie in attesa di essere uccisi. Il pensiero di
questo gigantesco e tragico olocausto invisibile ai più, che avviene con il
consenso dei più, a volte si fa davvero insopportabile ed è allora che pensi
che saresti disposto a fare qualsiasi cosa pur di poterne ridurre almeno un po’
le proporzioni, che saresti disposto a tutto pur di renderti minimamente utile,
in qualsiasi modo. Partecipare ad una manifestazione allora può dare un po’ di
sollievo, anche se solo illusorio, di star facendo qualcosa di giusto, di
buono, di utile.
E pensi che se riesci a convincere anche solo
un’amica a venire con te e a quella magari scatta qualcosa nella testa allora
forse avrai contribuito a salvare magari una vita. E, di fronte ad una tragedia
di incalcolabili proporzioni, salvare una vita di certo non è nulla, eppure al
tempo stesso diventa dannatamente importante. Diventa tutto.
E mi viene in mente l’agente Clarice Starling
(“Il Silenzio degli Innocenti”) che da bambina scappava dal ranch dello
zio con un agnellino tra le braccia, con le urla insistenti nelle orecchie di
tutti gli altri che stavano per essere macellati, convinta, forte e coraggiosa
del suo gesto di poter riuscire a salvarne almeno uno.
Allora, per concludere, io resto fermamente convinta
del fatto che lo sfruttamento degli animali - tanto umani che non umani - non avrà termine fino a che esso sarà alla
base del meccanismo che regola la nostra società e le strutture
socio-economiche di essa. Fino a che esso sarà meccanismo stesso di
funzionamento sociale. Dobbiamo quindi pensare a strategie a lungo termine,
strategie politiche che ripensino totalmente la nostra maniera di vivere il
nostro rapporto con gli altri animali non umani, riconsiderandone il valore
inerente della loro vita e non più soltanto quello strumentale. Ricordiamoci
che gli animali non vengono sfruttati perché sono di fatto a noi inferiori, ma
è vero invece che vengono considerati inferiori proprio perché sono sfruttati.
Decostruire questo meccanismo socio-economico basato sullo sfruttamento di
esseri senzienti è quindi fondamentale per porre fine allo specismo.
Intanto però la mia coscienza mi impone di attivarmi
ogni qualvolta mi si presenta l’opportunità di fare la mia parte per salvare
anche solo una vita e di occupare tutte le strade pensabili e possibili da
percorrere in vista della liberazione totale.
Aprire le gabbie di Green Hill è stata una grande
azione, un’azione certamente utile che è valsa a salvare le vite di qualche
decina di cuccioli, non dobbiamo però commettere l’errore di pensare che sia
sufficiente, non dobbiamo quietare le nostre coscienze dimenticandoci del
sistema di sfruttamento che è rimasto pressoché inalterato.
Partecipare alle manifestazioni, gridare “assassini”
a chi specula sulla vita di miliari di esseri senzienti, può avere una sua
utilità, soprattutto psicologica, come ho detto, dare l’impressione che ci si
sta attivando per qualcosa, ma essere lì presenti senza avere ben presente il
meccanismo di sfruttamento che vi è alla base, e senza volerlo cambiare nel
profondo, non sarà di una grande utilità.
9 commenti:
bel pezzo, "vissuto", parli dall'interno di una prassi che è eticamente necessaria ma sapendo guardare più avanti.
Condivido ogni virgola. Ogni sensazione. Ogni azione.
Non serve stare fermi a guardare, bisogna agire e se riusciamo a salvare anche solo una vita è un ottimo risultato! Si, uno e salvo e altri 100.000 stanno morendo, ma per quella vita salvata, quanto è importante il singolo, piccolo gesto che abbiamo compiuto?
"rapina"... questo ci fa capire come gli animali per la legge non siano altro che oggetti. Che schifo.
Come dici tu, secondo me è meglio percorrere entrambe le strade, sia quella illegale (che chiamarla così però mi sembra da stupidi) sia quella dell'attesa. Anche se l'attesa bisogna spingerla un po'.
Chi viene condannato per aver liberato degli animali credo debba invece essere elogiato e lasciato libero. Non scherziamo, la legge essendo superpartes dovrebbe DIFENDERE la vita,e non costringerla in gabbia.
"Perché la vita di anche un solo singolo essere vivente non vale meno di quella di molti vista in una prospettiva a lungo termine. " VERISSIMO. E meno male che lo si legge!
Anche io credo che le manifestazioni servano a poco per chi non sia informato, ma servono a molto per chi invece lo è. Io mi sento più forte e più volenterosa come te, di fare qualcosa per gli animali quando vedo che c'è molta gente, anche più coraggiosa di me, che si mette in gioco, e poi chi non è informato vedendo questo movimento di persone qualche domanda se la dovrà pur fare. Sicuramente non farà quel tanto agognato movimento di coscienza che tutti aspettiamo da diverso tempo, ma anche solo qualche persona fa la differenza.
Non so se hai visto "un sogno per domani" (sempre in tema di film...stupendo), secondo me può funzionare allo stesso modo. Io smuovo 3 persone, che a loro volta smuovono 3 persone ciasciuna, che a loro volta...
Forse è un utopia, ma solo se ci fermiamo siamo davvero perduti.
Non bisogna fermarsi MAI.
Per quello ora che siamo "sulla cresta dell'onda" con l'approvazione della gente per l'apertura delle gabbie del GH, dobbiamo attivarci e insinuarci subdolamente nelle loro menti e cercare di fargli aprire gli occhi:un cane è una mucca sono la stessa cosa.
@ Marco
"vissuto" sì, dici bene, sono riflessioni che praticamente attraversano la mia testa ogni giorno. :-)
Ho già pensato a diversi titoli per un'eventuale rassegna di cinema animalista, poi appena ultimati te li comunico. :-)
@ Dani e Volpina
Sì, credo anche io che sia necessario percorrere entrambe le strade; quelle dell'immediatezza e delle azioni con risultati a lungo termine.
Smuovere le persone serve, ma la realtà dello sfruttamento animale deve essere smantellata alla radice e per farlo servono riforme ed una progettualità politica mirata e decisa.
Un saluto. :-)
Fantastico!
però poi ti devi prepare anche delle presentazioni per ogni film, mica ci vorrai lsciare senza interpretazione? ;)
Beh, certamente. ;-)
Oh, comunque se vengono in mente dei film anche a voi fatemelo sapere.
Facciamo così, io sono incasinatissimo questo periodo e non riesco a pensarci, se tu intanto fai una lista di quelli che ti vengono in mente o ti sembrano più significativi io poi la passo agli altri e insieme decidiamo come organizzare la cosa. Ti va? :)
e alla fine della proiezione sentiremo il pubblico gridare come nel film di Moretti: "no, il dibattito no!!" XD
OK. Ho già messo insieme qualche titolo che a me sembra interessante, comunque ci penso ancora qualche giorno, magari facendo anche una ricerchina.
Forse sarebbe meglio organizzarla per il prossimo autunno ormai (settembre-ottobre) perché d'estate la gente ha meno voglia di chiudersi in un luogo per guardare film (a meno che non si tratti di arene estive). Il Rewild specialmente ad agosto chiude tutto il mese, per dire.
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