Nel post precedente ho messo il link ad un articolo, che qui sottopongo nuovamente alla vostra attenzione, pubblicato su Minima et Moralia, dal titolo “Contro la rogna dell’antispecismo” in cui uno scrittore appassionato di Corride sin da quando è bambino, Matteo Nucci (e sul cui argomento ha scritto anche un libro e rilasciato a sua volta qualche intervista) pone alcune domande ad un filosofo di fama mondiale, Fernando Savater, in occasione del suo saggio - pubblicato da Laterza, prossima uscita in Italia - dal titolo “Tauroetica”, in cui si difende la pratica della Tauromachia, termine oggi comunemente usato per designare la Corrida - e, a seguire, sempre nel precedente post, ho pubblicato la replica, al sovraindicato saggio, scritta dal filosofo antispecista Leonardo Caffo.
Perché tornare ancora sull’argomento? Perché oggi voglio scrivere io stessa una replica all’intervista di Savater e lo farò rispondendo ad alcuni punti in particolare, quelli che mi sembrano i più degni di rilievo, a cominciare dal titolo usato per pubblicare l’articolo su Minima et Moralia.
Dunque, per onestà intellettuale debbo fare una rettifica rispetto a quanto asserito nel mio precedente post: il titolo pare - lo ha detto lui stesso - che non lo abbia scelto Nucci; purtuttavia, ci ha messo la sua firma sotto. Ciò significa che comunque ha ritenuto che quel titolo fosse appropriato. Non so voi, ma io, autrice a mia volta di articoli pubblicati su una rivista online, non darei mai il mio consenso ad un titolo con il quale non sarei io stessa d’accordo e palesemente, dichiaratamente offensivo o, quantomeno, se ciò avvenisse, che so, per errore, dovendo poi renderne conto a chi me ne chiede, sarei pronta a prenderne le distanze e, al limite, a scusarmi: cosa che Nucci non ha fatto. E, oltretutto, ancora non si è capito chi abbia voluto definire un movimento serio come l’antispecismo, una “rogna”.
Ora, va da sé che un titolo del genere già si dimostra come profondamente aggressivo e di parte e predispone l’interlocutore a decodificare quanto seguirà in una maniera anziché in un’altra. Chi non sa nulla di antispecismo (e sono in molti) viene preventivamente informato (e condotto a leggere l’intervista da una precisa prospettiva di interpretazione) che si tratta di una “rogna”, ossia un qualcosa di molto fastidioso, sebbene di poco rilievo (riporto da wikipedia: Il termine rogna è utilizzato in medicina veterinaria per indicare una patologia infiammatoria della cute degli animali provocata da parassiti appartenenti all'ordine degli acari. Sintomi comuni sono: perdita del pelo, prurito ed infiammazione cutanea. Ecc..).
Dunque, riassumendo, pur in un’accezione metaforica, l’antispecismo sarebbe una rogna provocata da parassiti, ossia noi antispecisti saremmo dei parassiti.
Si prosegue poi con le domande e risposte di Savater.
Nella prima risposta che dà Savater definisce l’antispecismo una delle forme più estreme di animalismo, portando come riferimento il solo Peter Singer, solo uno dei tanti filosofi che hanno scritto sull’argomento - e sembra che, ad esempio, non abbia letto Tom Regan, il quale ha ampliamente invece superato le teorie dello stesso Singer, stabilendo che ogni essere vivente, qualsiasi specie appartenga, è dotato di un suo valore inerente, quello della vita, e che quindi ha valore non per la funzione utilitaria che potrebbe o non potrebbe occupare nel pianeta, per sé e per gli altri, ma per il solo fatto che è un essere vivente, desideroso di continuare a vivere - e quindi, Savater prosegue: “Una tendenza che spinge ad accreditare le forme più estreme di animalismo, come l’antispecismo di Peter Singer, ossia l’idea che tra le specie animali non ci siano distinzioni di sorta” , dando atto di aver totalmente incompreso - o comunque frainteso - l’antispecismo. Affermazione questa, che già basterebbe da sola a far crollare miseramente tutto il castello di carte delle altre a seguire.
Ora, criticare l’antispecismo è legittimo (ma non definirlo rogna, che è termine offensivo), ma bisognerebbe prima dimostrare di averlo compreso a fondo e di certo non basta l’aver letto il solo Singer per poterne avere un’idea chiara e completa; innanzitutto perché, come detto sopra, l’antispecismo di Singer rimane dentro un’ottica ancora utilitarista, ottica da cui il pensiero antispecista attuale o almeno quello di molti altri antispecisti, tra cui Regan, prende le distanze, ritenendo gli animali dotati di un valore comunque inerente, quello della vita, che deve essere sempre e comunque rispettato (e non sulla base della soddisfazione di determinati requisiti).
Ora, l’antispecismo NON ha mai inteso negare le “distinzioni” che ci sono tra specie e specie (come ho scritto altre volte, è innegabile che tra specie diverse vi siano differenze), come erratamente asserisce Savater, bensì ha inteso accoglierle e valorizzarle senza che esse diventino motivo di discrimine o di pretesa di superiorità di una specie sull’altra; allo stesso modo in cui le differenze di etnia, genere sessuale, di gusti sessuali e di altro ancora NON devono diventare motivo per discriminare un individuo piuttosto che un altro o motivo di superiorità di uno sull’altro.
Antispecismo non significa affatto, come asserisce Savater, antropormofizzare gli animali, bensì, al contrario, riconoscere loro le diverse caratteristiche di specie e di comportamenti in natura, lasciandoli liberi di vivere la loro vita in ottemperanza a quei requisiti che la loro natura richiede: un pesce è nato per vivere nell’acqua perché così è fatta la sua fisiologia e in quel preciso ambiente deve poter essere lasciato libero di vivere, non è nato per finire nelle nostre pentole; una tigre è nata per vivere nella giungla, nel suo preciso habitat, non per essere rinchiusa nella gabbia di un circo; un visone è nato per vivere libero, nell’ambiente a lui congeniale per sviluppare e portare a compimento quelle caratteristiche che gli sono proprio come specie - e così si potrà dire di ogni altro qualsiasi animale - non per essere rinchiuso in una gabbietta e poi ucciso in maniera barbara al fine di ottenere un indumento con il suo pelo.
Questo dice l’antispecismo. Semplicemente questo.
Un toro quindi deve essere lasciato libero di vivere in pace la sua esistenza, cui ha diritto in quanto la vita è un valore inerente che gli appartiene di default, nel pieno rispetto di tutto ciò che è essenziale al suo benessere, e non costretto a scendere dentro un’arena per sollazzare spettatori assetati di sangue e violenza.
Sempre Savater asserisce che non distinguere gli uomini dagli animali è nefasto perché la morale riguarda solo gli esseri umani in quanto hanno precisi interessi nel compiere una scelta anziché un’altra. Ora, è evidente che anche gli animali hanno tutto il preciso interesse di continuare a vivere e sono in grado di esprimere SEMPRE la loro volontà di continuare a farlo: avete mai visto un animale contento di essere catturato, imprigionato ed ucciso? O non lo avete visto forse, come sarebbe più onesto ammettere, dibattersi, tentare di difendersi, di ribellarsi, di scappare, di continuare a vivere in pace la sua esistenza, semplice o complessa che sia? Chiunque di voi avrà avuto un cane o si sarà soffermato a guardare uno dei tanti video diffusi in rete riguardo alle condizioni in cui sono tenuti tutti gli animali schiavizzati dall’uomo, avrà anche avuto l’occasione di pensare che di certo quegli animali sarebbero molto più felici se potessero correre liberi su un prato, muoversi liberamente, accoppiarsi liberamente, riprodursi, godersi il vento sulla pelle, vivere secondo le regole che l’evoluzione naturale ha stabilito per loro. Il benessere della vita degli animali è una questione di cui non si può non tener conto. E, checché se ne pensi, un maiale che vive in gabbia, o un toro che scende nell'arena per venire massacrato (per quanto tale spettacolo possa soggettivamente piacere o possa, come sostiene Nucci, essere definito un'arte) non favorisce il suo benessere.
Come si può affermare che il toro non ha interesse di continuare a vivere e che quindi se lo si trascina in un’arena per essere barbaramente ucciso per lui non ci sarebbe nessuna differenza? Come si fa a dire che un toro, visto che fisiologicamente - non essendo un automa come nel lontando ‘600 asseriva Cartesio - è perfettamente in grado di provare dolore, di sperimentare sofferenza sia fisica che psicologica (tutto empiricamente confermato dagli studi fatti sulla fisiologia e psicologia degli animali, studi portati avanti per decine di anni da medici, etologi, scienziati, ma, senza arrivare a tanto, constatato anche da chiunque abbia un animale) non abbia nessun interesse di continuare a vivere e di essere lasciato in pace?
Si può affermare ciò solo se si pensa che gli animali siano oggetti. Ossia esseri non senzienti, non in grado di provare dolore o piacere. E sappiamo che NON è così. Sappiamo che gli animali, in quanto esseri senzienti, se proprio non agenti morali, sono comunque pazienti morali, al pari di un bambino, o di una persona le cui capacità intellettive risultano, per qualsiasi motivo, ridotte.
Gli specisti affermano che un animale non può essere un agente morale in quanto non può compiere scelte morali, seguendo solo il proprio istinto. Bene, ma nemmeno un bambino o una persona con deficit di intelletto o in coma non è più in grado di compiere delle scelte di ordine morale, eppure non è che li trasciniamo in un’arena solo per questo. Anzi, noi agenti morali, abbiamo tutto il dovere di farci disponibili a dare aiuto, cure e conforto a queste persone.
I bambini molto piccoli, gli anziani gravemente malati minati da malattie come l’Alzheimer o da altre che provocano gravi deficit che non li renderebbero più in grado di compiere delle scelte ragionevoli, i minorati mentali, sono tutti pazienti morali. Non possono più essere, o non ancora, come nel caso dei neonati, dei bambini molto piccoli, degli agenti morali, in quanto non sono più in grado, o non ancora, di compiere determinate scelte, eppure nessuno si sognerebbe mai di sopprimerli, di usarli, di non riconoscergli la giusta dignità che spetta ad ogni essere vivente, quali siano le sue condizioni mentali e fisiche. Lo stesso dicasi per gli animali, magari non sono in grado di compiere scelte che richiedono una complessità di argomentazioni (seppure moltissime specie mostrano un’organizzazione mentale assai complessa, dotata di memoria, di capacità di compiere vari tipi di scelte ed altro ancora), ma sono comunque, tutte le specie, nessuna esclusa, in grado di esprimere una precisa volontà di voler continuare a vivere, talvolta superiore a quella, per esempio, di cui sarebbe in grado un neonato. Allora perché questa nostra capacità di aver, almeno in teoria, stabilito che ai più deboli, agli indifesi, alle persone malate, anziane, ai neonati ecc. si deve prestare aiuto e si deve continuare ad attribuire una dignità - la dignità dell’essere vivi, della vita - non può venire estesa anche a tutte le altre specie?
Da dove viene l’idea che gli animali siano solo oggetti, risorse rinnovabili, a nostro uso e consumo solo perché anziché essere agenti morali sono pazienti morali?
Perché applicare due pesi e due misure? Se si dimostra che anche molti esseri umani sono pazienti morali - eppure, come è giusto che sia, si riconosce loro la dignità di esseri viventi - perché non si è disposti a riconoscere la stessa dignità di vita, per il sol fatto che è vita senziente e volitiva, ossia che intende continuare a vivere secondo i parametri che le son propri secondo la specie di appartenenza, anche agli animali?
Quindi la tesi di Savater che gli animali non avrebbero interessi in quanto non sono agenti morali, non sta in piedi. Gli animali hanno eccome il preciso interesse di continuare a vivere. E NON è vero neppure che animali ed esseri umani non interagiscono e non si comprendono. Approfonditi studi empirici e anche la semplice osservazione quotidiana del tipo di relazione che si viene a stabilire tra uomo ed animale, dimostra il contrario. In particolare, per quanto riguarda i tori, esiste anche un video in cui si mostra come uno di essi abbia saputo riconoscere il proprio allevatore. Ma di cosa stiamo parlando, Savater? Di mancata relazione uomo-animale? Ma l’uomo è egli stesso un animale, sebbene con caratteristiche di specie diversa. In natura tutto è connesso ed interagisce, come si può parlare di estraneità di una specie rispetto alle altre, o di superiorità? Tutto agisce e coopera per far funzionare l’ecosistema, di cui ogni specie fa parte ed ha il diritto di appartenere perché così funziona la natura.
In un altro punto dell’intervista Savater risponde che, secondo l’antispecismo, noi uomini dovremmo elevarci eticamente rifiutandoci di nutrirci di carne e pesce e ciò sarebbe un paradosso perché invece la tigre continuerebbe indisturbata a nutrirsi di prede e lo dice in questo punto: “Salvo poi chiedere agli uomini di optare per soluzioni diverse rispetto a quelle che magari preferiscono, come mangiare carni, usare pelle animale per le scarpe e così via. Con il risultato paradossale che gli uomini dovrebbero rifiutarsi di uccidere la tigre ma certo la tigre non potrebbe che continuare a fare quello che fa secondo l’istinto, ossia anche divorare l’uomo. L’uomo sarebbe dunque l’unico tra gli animali a rispettare la nuova legge. Dimostrando quindi che qualche differenza tra lui e le altre specie in fondo c’è.”
Sinceramente, da un filosofo di fama mondiale mi aspettavo di più che il solito discorsetto trito e ritrito ossia che sarebbe giusto mangiare gli animali perché anche loro si mangiano tra loro. E, come già spiegato sopra, l’antispecismo NON nega le differenze tra specie, solo che non ritiene giusto che debbano diventare motivo di discriminazioni tra una specie e l’altra.
Essendo noi una specie eticamente evoluta possiamo scegliere di non uccidere altri esseri viventi, soprattutto perché, essendo frugivori (o anche onnivori, come asseriscono molti) NON abbiamo affatto bisogno di nutrirci di cadaveri per vivere bene. Possiamo scegliere di non farlo.
La tigre, così come tutti i felini ed altre specie, è carnivora. Non può andare contro la propria natura. Noi, NON siamo carnivori (empiricamente e fisiologicamente constatato) e quindi possiamo scegliere di NON mangiare animali. La tigre invece è costretta a farlo per necessità. Noi no.
E comunque quando mai capita di uscire di casa e di trovarci faccia a faccia con una tigre o un orso che vogliono sbranarci? O non è forse vero che capita molto più spesso il contrario? Basta entrare in un qualsiasi supermercato per vedere chi è che mangia chi. Questo lo scrivo perché molti obiettano: “ah, ma se mi trovassi ad incontrare una tigre, lei mi mangerebbe sicuramente”. Ma quando mai capita una cosa del genere? E sarebbe comunque un incidente dettato dalla necessità della tigre di mangiare. Noi invece uccidiamo per sport, per divertimento, per gusto del palato, per abitudine, per consuetudine culturale, per volontà di sopraffazione, ma mai per necessità, visto che NON ci è necessario mangiare o costringere tori ad entrare in un’arena per vivere (a meno che non si tratti del raro caso di legittima difesa - che non è quello del torero che scende in campo invece per sua scelta e per dare spettacolo - in tal caso, ovviamente, si sarebbe autorizzati ad uccidere per difendersi; insomma, quando si porta un animale al macello o quando si sgozza un maiale o un toro, mica lo si fa legittima difesa, giusto? Quindi, ma di quale necessità di uccidere sta parlando Savater?).
Gli animali, è vero, sono al di là del bene e del male, seguono il loro istinto, è vero, ma il loro istinto NON è quello di essere schiavizzati da noi. Noi, in quanto specie complessa mentalmente ed evoluta (anche tecnologicamente), specie che è in grado di teorizzare dei principi etici, specie che è stata in grado di evolversi continuamente sotto questo profilo (ad esempio nel passato abbiamo schiavizzato individui della nostra stessa specie ritenendoli inferiori solo perché con pelle di colore diversa, abbiamo discriminato le donne solo perché ritenute meno intelligenti degli uomini, abbiamo costruito dei lager solo perché abbiamo ritenuto alcuni inferiori ad altri ecc.), siamo in grado di compiere enormi progressi e di comprendere che, “sotto la pelle” (per citare un noto romanzo di Michel Faber), il cuore batte per tutti alla stessa maniera: perché non dovremmo fare lo stesso ragionamento in merito agli animali? Perché rifiutarci di procedere ancora oltre, di arrivare a fondare una totale etica della non violenza?
Si può essere estremisti nella non violenza? O non è forse vero il contrario? Ossia che partendo a discriminare una specie piuttosto che un’altra, si potrebbe arrivare a discriminare anche un’etnia rispetto ad un’altra, un individuo rispetto ad un altro, come è già stato fatto in passato?
Lo specismo ha le stesse radici del razzismo. Lo specismo può dirsi estremo, ma non l’antispecismo.
Infine, concedetemi di sorridere a quest’ultima affermazione di Savater, di certo poco degna di un filosofo di fama mondiale: “Se questo animalismo diventasse dominante, si realizzerebbe la forma perfetta di protezione degli animali: l’estinzione. Chiuse le corride, i tori da combattimento si estingueranno; chiuse le corse di cavalli, i purosangue si estingueranno; chiusi i macelli, spariranno tutti gli animali che ci servono a vivere. E del resto, qual è oggi l’animale perfetto e più conosciuto e amato? Il dinosauro. Sta lì nel nulla. A Jurassic Park, vive una vita magnifica”.
Innanzitutto, a volte usa il termine antispecismo, a volte quello di animalismo, come se la differenza non gli fosse ben chiara. Dal titolo dell’articolo: “Contro la rogna dell’antispecismo” sembrerebbe che si intendesse appunto parlare dell’antispecismo, poi si passa però all’animalismo, ma forse semplicemente, essendo Savater di origine basca, si è fatta confusione nella traduzione; comunque sia, non ho ben capito cosa c’entrino i dinosauri, specie ormai estinta. Estinta non certo a causa dell’uomo, visto che non aveva ancora fatto la sua comparsa sulla terra. Quindi non è chiaro il legame con la presunta estinzione dei tori o di altri animali che verrebbe, a suo dire, causata dalla protezione che l’uomo darebbe loro. I dinosauri si sono esitinti comunque, non perché l’uomo li ha protetti.
Si estinguono quelle specie che evolutivamente non riescono più a trovare un loro spazio sul pianeta, o perché mutano le condioni climatiche o perché avvengono sconquassi e mutamenti a livello di habitat, basandosi l’ecosistema su un equilibrio molto complesso, ma anche estremamente delicato, tanto è vero che, al contrario di quello che sembra credere Savater, molte specie si stanno estinguendo proprio perché l’essere umano sta intervenendo molto pesantamente su questo fragile equilibrio (costruendo, diboscando, inquinando, sfruttando, distruggendo), e perché si preoccupa troppo poco di proteggerlo.
Cosa significa questa frase: “chiusi i macelli, spariranno tutti gli animali che ci servono a vivere”?
Innanzitutto a noi non servono gli animali per vivere. Non ci è necessario ucciderli per vivere. Gli animali NON servono, non sono cose. Essi vivono per loro stessi, non per l’interesse, nello specifico, degli uomini. Secondo poi non è che gli animali che vivono negli allevamenti e che vengono condotti al macello sono animali catturati in natura che si sono riprodotti liberamente, sono invece animali che sono stati fatti nascere apposta per essere mangiati. Ma vi sembra una cosa etica? Allevare un animale per ucciderlo? Gli animali NON sono risorse rinnovabili, non sono oggetti che possono essere riprodotti in massa al pari di un qualsiasi altro oggetto.
Se chiudessero gli allevamenti ed i macelli semplicemente non verrebbero più fatti nascere animale per essere mangiati. Punto. Quelli liberi in natura, quelli che allo stato attuale del mondo ancora sono liberi in natura, continuerebbero a vivere indisturbati la loro vita senza correre il rischio di venire uccisi da qualche cacciatore di turno.
Per vivere, caro Savater, non ci servono animali. Ci serve solo di rispettarci tutti in quanto tutti esseri viventi dotati del medesimo valore inerente della vita, animali ed uomini compresi.
Mi fermo qui. Sono stanca. Ancor più sono stanca di stare sempre a scrivere le stesse cose, ma per i miei fratelli animali questo ed altro.
Grazie a tutti, se qualcuno ne sarà rimasto, per avermi letta fin qui.
In particolare grazie a Savater e a Nucci, il cui unico merito relativo all’articolo di cui sopra, è quello di avermi offerto l’occasione di riflettere su quanto l’uomo, pur di giustificare la sua sete di sangue, sia disposto a costruisci sopra traballanti castelli di carte.
(per molte delle mie osservazioni mi sono basata sul testo "I Diritti Animali" di Tom Regan, filosofo di fama mondiale al pari di Savater che da anni conduce approfonditi studi e riflessioni sull'antispecismo, riflessioni che ovviamente condivido; testo che non mi sono limitata a leggere, ma che ho studiato molto bene, in ambito universitario; mi sono basata inoltre su altre svariate letture, video, conferenze ed altro ancora. Mi è stato obiettato di non conoscere bene la Corrida. E' vero, non sono mai andata a vedere questo spettacolo di assurda barbarie. Replico però dicendo che, da antispecista quale sono, non mi serve di approfondire l'asserita importanza culturale che rivestirebbe tale antica tradizione, né di conoscerne la tecnica in maniera approfondita: mi basta sapere che un animale innocente ed indifeso viene ucciso. Mi è stato dato dell'ignorante per questo, depotenziando così ogni altra discussione ed argomentazione sulla questione. Ciò di cui ancora attendo nota, è della profonda sofferenza del toro, argomento questo che dai difensori della Corrida è stato completamente eluso. La morte è un qualcosa di cui è giusto parlare, specialmente in questa società dove la sua rimozione avviene troppo spesso, ma per parlarne non serve dover uccidere un toro in diretta. La Morte, di cui spesso, quasi sempre direi, ho parlato in questo blog, tanto da averlo intitolato Il Dolce Domani (dall'omonimo film di A. Egoyan che parla anche proprio della Morte) riguarda tutti noi da vicino, ed è un qualcosa con cui tutti dovremo confrontarci prima e poi. Non serve procurarla gratuitamente, oltretutto per scopi ludici (o artistici che siano). Non serve aggiungere altro dolore a quello che c'è ancora su questa terra.).