martedì 28 febbraio 2012

Stop all'inutile massacro dei 900 macachi diretti alla Harlan!!!

La notizia è semplice semplice (tanto semplice quanto mostruosa nella sua disarmante effettività): 900 macachi provenienti dalla Cina stanno arrivando - a gruppi di circa 150 per volta - in Italia, diretti agli stabilimenti della Harlan di Correzzana (Monza). Per quale scopo? Perché si effettuino esperimenti su di loro, fino alla morte (esperimenti altresì detti VIVISEZIONE!).
Si tratta, come riportano tutti i quotidiani online (digitate macachi Cina Harlan e vi usciranno fuori almeno 70 risultati), di uno dei più grossi "carichi" di animali destinati alla vivisezione che si sia mai visto in Italia (ma anche se fosse stato solo un macaco, sarebbe stato comunque mostruoso).
Giusto ieri ho trascritto (nel post precedente) il parere di un medico che si è espresso a proposito della sperimentazione animale decretandone l'inutilità e la dannosità, oltre, ovviamente (ed è la motivazione principale) la mostruosità sotto il profilo etico.
Cosa possiamo fare noi per fermare questo inutile massacro? Intanto spediamo questa lettera al Ministro della Sanità, lettera che ho trovato predisposta sul blog antispecista Amiche per la Pelle e che qui pubblico e diffondo (e vi prego magari di fare altrettanto sui vostri blog perché  ognuno di noi poi ha lettori anche diversi). 
Io ho già inviato la mia lettera. Dovrete inviarla per email, quindi non vi costerà nulla e vi prenderà al massimo un minuto. 
Gli animali sono miei amici; se voi pensate di essere amici miei, spedite questa lettera. Grazie.

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segreteriaministro@sanita.it
ufficiostampa@sanita.it

Egregio Ministro,
questa mail è un’altra di una lunga serie rivolta a Lei per il delicato ruolo che ricopre: una lunga serie di appelli e di proteste che vedono un solo scopo: l’abolizione della sperimentazione animale e non solo per un profilo etico (che lungi dall’essere solamente un moto emotivo, costituisce lo specchio del valore dell’uomo), ma per comprovate e largamente note ragioni scientifiche che, oggi, sono impossibili da disconoscere ed altamente pericolose da sottovalutare.
L’emergenza del momento è impedire che ai 900 MACACHI provenienti dalla Cina possa essere decretata la morte nei laboratori di vivisezione.
La protesta ha assunto un risvolto di forte contrasto che non potrà non travalicare la virtuale comunicazione.
Aver autorizzato un evento di tale grandiosità in assoluto silenzio lascia pensare che le preliminari procedure, di controllo e di verifica, siano state sapientemente trascurate.
Rivolgo quindi il mio convinto appello affinchè Lei, Signor Ministro, faccia luce su quanto sta per avvenire confidando che voglia impedire questo inutile, deplorevole e incivile massacro, che getterebbe l’Italia in un baratro senza ritorno.

Nome e cognome

lunedì 27 febbraio 2012

Parola di Medico

Oggi segnalo alla vostra attenzione questo articolo scritto dalla Deputata Radicale Maria Antonietta Farina Coscioni eletta nelle liste del PD e pubblicato nel suo sito personale:


Vi prego però di fare particolare attenzione a quel che scrive sotto, nei commenti, il Medico Adelio Maestri; un Medico, un medico che finalmente sostiene l'INUTILITA' della sperimentazione sugli animali.

Sperimentare sugli animali, come più volte ho scritto qui sopra, non solo è una pratica eticamente condannabile, ma è proprio INUTILE, anzi, di più, addirittura dannosa.

In passato mi sono trovata spesso in sintonia con alcune battaglie condotte dal Partito Radicale, ma certamente da oggi passo un rigo di penna pure su questi.
Che nel 2012 ancora si sostenga la sperimentazione animale è davvero un atteggiamento oscurantista e barbaro.
Meno male che esitono Medici, come questo Adelio Maestri, che portano un po' di luce ed hanno il coraggio di ammettere come stanno veramente le cose.
Riporto per intero quanto scritto da lui in risposta a chi ancora difende l'ignobile pratica della vivisezione:

" Gent.ma Onorevole , Lei ha scritto una cosa perfetta nella sua dichiarazione : "La verità é che l’Italia non é ancora uscita dal Medio Evo. Infatti la ricerca scientifica cerca di aggrapparsi con ogni suo tentacolo a quello che ancora la relega al Medio Evo. No , Onorevole , Lei dimostra di non aver capito le nostre opposizioni, noi non condanniamo la ricerca scientifica , noi condanniamo la vecchia , obsoleta e falsa ricerca scientifica su modello Animale. Il che porta ad una analisi etica e scientifica sul problema. Come Medico le dico sinceramente di provare fastidio nel leggere il termine "schizofrenico" rivolto a chi vuole il rispetto verso Gli Animali. Non offenda la nostra intelligenza , probabilmente anche Lei avrà molto da imparare da chi non la pensa allo stesso modo. Sicuramente Lei è al corrente dell'inutilità della sperimentazione Animale , di quanti insuccessi ha avuto dai suoi test e esperimenti, di quanti lutti, di quante invalidità e dolore abbia causato con i suoi fallimenti. E Lei sicuramente sa cosa vuol dire vedere una Persona soffrire !!!! Lei sa benissimo della infondatezza delle teorie di chi pratica la sperimentazione Animale . Sa sicuramente che la sperimentazione su modello Animale non è mai stata validata e , incoscientemente , inserita come metodo certo per validare farmaci, prodotti chimici, alimentari, bellici e cosmetici. E provi a chiedersi come mai nel triage di studio su un prodotto, l'ultima fase è il test sull'uomo. Quindi noi stessi siamo le cavie finali al servizio di una speculazione delle potenti multinazionali. E allora cosa possiamo aspettarci dalle torture e dalle morti causate a Poveri Animali , colpevoli solo per non avere la possibilità di difendersi o di gridare il loro dolore. Anche perchè le loro corde vocali vengono recise per non disturbare le sadiche pratiche. Chiedersi come mai vi sono così tanti morti umani, causate da quei farmaci resi così sicuri dalla sperimentazione Animale è lecito. Vedere che per un prodotto farmaceutico tutto viene concesso, tutto viene dichiarato vero, tutto viene dichiarato perfettamente testato, quindi validato dalla scienza che Lei difende. Eppure gli effetti dei danni causati marchiano ancora oggi le coscienze, sempre che le abbiano, di ricercatori, di scienziati, di Medici. Ma macchia anche la sua coscienza, dopo aver definito la sua parte avversa come demagogica, strumentale ed in cerca di consensi. Per noi dovrebbe essere un marchio indelebile anche un solo morto umano, una invalidità causata per un errore , per non aver fatto una ricerca scientifica che abbia dato una possibilità di sopravvivenza a quell'ammalato. Il nostro compito di Medici è cercare sempre di ridare Vita , Dignità e Autostima ad un Paziente, non causare tortura e morte per altri Esseri Viventi, per degli esperimenti che noi per primi sappiamo fallimentari. Chiedere l'utilizzo dei metodi "alternativi" o sostitutivi vuol dire chiedere la sicurezza per le Persone , non può Lei volerlo condannare con una semplice definizione di schizofrenia. Mi spiace Onorevole ma la Morte del suo Compagno di VITA non le ha insegnato niente , Lui non ha trovato nei farmaci sperimentati sugli Animali la salvezza. Questo se lo chieda !! Distinti Saluti."
(Adelio Maestri)

domenica 26 febbraio 2012

Olocausto Invisibile IX

Io credo che per tante persone non si tratti nemmeno di mancanza di empatia (non stiamo parlando infatti di sociopatici), di ignoranza, di abitudine, di menefreghismo o altro; credo, al contrario, che a volte possa trattarsi di un ECCESSO di empatia.
E che forse il pensiero di quello che facciamo agli animali (dico “facciamo” intendendo la specie umana, di cui io stessa faccio parte, seppure ho deciso di tirarmi fuori dal sistema dello sfruttamento degli animali e di non volerne più in alcuna maniera farne parte) è talmente terribile, talmente insopportabile, talmente doloroso, da aver bisogno di essere rimosso o comunque negato.
In quale maniera? Alla rimozione ovviamente ci pensa la cultura stessa che tiene in piedi il business dello sfruttamento, veicolando attraverso i media il messaggio che gli animali sono venuti al mondo per finire nei nostri piatti o nei nostri armadi e mostrandoceli felici di assecondare quelle che vengono fatte passare come nostre necessità (per quanto non sia affatto necessario che l’uomo mangi ed usi animali per vivere; ovviamente delle alternative alimentari nei media non si parla affatto); si tratta di rimozione perché la vera realtà dei fatti - ossia quelli dei macelli, degli allevamenti, degli stabulari preposti alla vivisezione, delle gabbiette minuscole in cui vengono rinchiusi i visoni, le galline, gli orsi, le scimmie, i cani, i gatti, i maiali ecc. - NON viene MAI mostrata, né attraverso i media (fatta eccezione per qualche video di straforo che gli attivisti riescono ad ottenere, entrando di nascosto negli allevamenti ed in altri luoghi di orrore), né in luoghi che possano risultare visibili a chiunque. Vi siete mai chiesti come mai i tir che trasportano gli animali verso la morte viaggino soprattutto di notte? E perché i mattatoi non vengono costruiti nei luoghi urbani? Perché sempre posizionati in zone poco accessibili, cui è vietato l’accesso? Perché nascondere questa realtà della morte e dell’orrore se però i “frutti” poi devono comunque finire sulle tavole di tutti?
Perché quando si pubblicizzano le pellicce sulle riviste di moda non viene anche mostrato come vengono tenuti gli animali e come vengono uccisi e scuoiati? Perché nella pubblicità dei salumi c’è sempre il maialino che ride e non la foto scattata nel momento in cui viene ucciso? Perché nelle pubblicità che passano in TV vengono sempre fatte vedere queste famigliole felici che ridono e scherzano e si amano intorno ad un barbecue e non vengono mostrate le immagini delle mucche e dei vitelli che vengono trascinati verso il mattatoio con le zampe rotte cui è stato infilzato un gancio - rotte durante estenuanti viaggi in cui letteralmente crollano gli uni sugli altri per lo sfinimento fisico?
No, tutto questo non viene mostrato perché deve essere rimosso, altrimenti, chi comprerebbe più il salame o la bistecca?
Lo sapete che le ditte che commissionano le foto per le pubblicità dei loro prodotti chiedono di modificare i colori affinché il sangue sia meno rosso, meno fastidioso a vedersi? E lo credo bene. La vista del sangue che scorre da un essere indifeso che è stato ucciso non è mai un bello spettacolo a vedersi. 

La negazione vera e propria invece credo che sia un procedimento più intimo e complesso, difficile da riconoscere. Se io mi convinco che l’animale non soffre, allora ci sto meno male anche io e posso tranquillamente continuare a mangiarlo, alleggerendomi dei sensi di colpa.
Perché parlo di incapacità di sopportare il dolore e di conseguente rimozione o negazione di esso? Perché è esattamente quello che gli psicanalisti e gli psicologi affermano che accade nella nostra mente nel momento in cui si trova a vivere un trauma (unico o reiterato) altrimenti insopportabile ed ingestibile. Lo si rimuove o lo si nega, altrimenti sarebbe impossibile continuare a vivere.
Talvolta il malesse di natura psichica, anziché essere la malattia, è la cura stessa di cio che sarebbe enormemente ancor più devastante. La mente mette in atto una serie di meccanismi distorti per alleggerire e correggere il peso di un problema che viene intimamente avvertito come mille volte più doloroso e difficile da gestire. Il problema originario quindi viene elaborato in maniera da non essere più immediatamente riconosciuto, lo si camuffa, lo si maschera da altro, alleggerendolo, spostandolo, rimuovendolo, negandolo.

Così la percezione del trattamento che infliggiamo agli animali può essere da taluni percepito come un dolore troppo immenso da sopportare e per questo negato. La mente, non riuscendo a sopportare la verità, la sostituisce con una alternativa, quale, ad esempio, che gli animali in fondo non soffrono come noi, o che è nella loro natura nascere per poi finire in gabbia nell’attesa di essere macellati e via dicendo. A questo processo intimo poi si va ad aggiunge la cultura della rimozione di cui sopra. E il gioco è fatto.
Una volta vidi un servizio in cui venivano mostrate una serie di sevizie e crudeltà inflitte ad alcuni animali (mucche, maiale, galline) negli allevamenti da parte degli addetti al settore (operai con varie mansioni). Uno psicologo intervenne e spiegò che la vista continua della sofferenza di queste creature può divenire talmente dolorosa da sopportare che la mente dell’essere umano che per lavoro si trova costretto ad averla davanti agli occhi tutto il giorno, giorno dopo giorno, in qualche maniera mette in atto una sorta di auto-difesa psichica per cui si smette di percepire l’animale come un essere vivente degno di rispetto e dotato di dignità, e lo si ridicolizza per ridurlo sempre più al ruolo di oggetto.
Capite cosa sto dicendo? Si tratterebbe di un meccanismo di difesa.
La mente non può sopportare di vedere tanta sofferenza e allora mette in atto un meccanismo inconscio per cui l’essere vivente che si ha davanti smette di essere percepito come tale. Come si fa per cancellare lo status di essere vivente da qualcuno? Tramite la privazione della dignità (come fanno i soldati americani sui prigionieri di Guantanamo, come facevano i Nazisti sugli Ebrei), tramite la ridicolizzazione, tramite un trattamento che riduce l’essere a oggetto.

Quindi il sistema dello sfruttamento degli animali per molte persone è una questione talmente dolorosa da venire rimossa, o negata. Non si tratterebbe per queste persone allora di assenza di empatia, ma di eccesso persino di empatia. Empatia che viene ridimensionata altrimenti sarebbe impossibile vivere con questo pensiero di ciò che viene fatto agli animali.

Ma invece bisogna farci coraggio e lottare tutti insieme. Non è negando la realtà che riusciremo a cambiarla.
C’è poi un’altra considerazione da fare: questo dolore così annichilente a volte non viene nemmeno rimosso o negato, ma semplicemente accantonato con la scusa che - e proprio poiché il problema è immenso - sarebbe inutile tentare di arginarlo.
Persone così, ed io ne conosco molte, hanno ben presente la tragedia dello sfruttamento animale e ci stanno anche male, ci soffrono, vorrebbero poter fare qualcosa ma restano annichilite di fronte all’immensa mole di lavoro e di strada che ancora c’è da compiere per cambiare le cose e quindi si arrendono, si mostrano sfiduciate e mettono a tacere la loro coscienza con giustificazioni del tipo: "ma tanto pure se smetto di mangiare la carne, comunque i derivati animali sono contenuti anche nei prodotti più insospettabili tipo le pellicole per la fotografia o il domopack”.
Io a queste persone vorrei dire due cose: innanzitutto, fare quello che è nelle nostre possibilità fare, è già meglio di niente; il fatto che non si potrà arrivare ad un risultato pari a 10, non significa che ci si debba arrendere in principio e che non si debba cercare di fare del nostro meglio arrivando almeno fino ad 8. Secondo poi è ovvio che la maggior parte del commercio che si basa sullo sfruttamento degli animali è quella dell’allevamento per fini alimentari; ora, siccome il business è business e si cerca sempre di ottenere il massimo profitto, è ovvio che dell’animale ucciso per finire sulle tavole si cerca poi di non sprecare nulla e di ottimizzare ogni parte; ecco quindi che verrà usata la pelle, i nervi, le ossa, il pelo, i denti e ogni minuscola parte. Sarebbe uno spreco buttare via qualcosa. Uno spreco proprio in termini di business (così ragiona l’imprenditore).
Se però non ci fossero più gli allevamenti destinati all’alimentazione, di conseguenze anche tutta la produzione secondaria legata allo sfruttamento degli animali verrebbe riconvertita a materiali alternativi; tanto più che oggi viviamo in un’epoca in cui la tecnica e la tecnologia hanno fatto passi da gigante e di certo non ci serve che la pellicola per fotografia sia realizzata con gelatina animale o che il pennello per farsi la barba sia di pelo di tasso.
Insomma, come ho scritto anche tempo addietro in un altro post, c’è un centro della ragnatela (perdonate l’espressione specista!) che bisogna combattere e che è quello dell’allevamento per fini alimentari, a cui poi è legato tutto il resto, insieme anche a quello della sperimentazione animale, altra mostruosità indegna di paesi definiti civili ed evoluti (visto che le alternative ci sono).
Ovviamente lo sfruttamento degli animali è in tante altre attività: quelle ludiche o cosiddette "tradizionali" (pali, corride, circhi, zoo, delfinari, acquari ecc.), quella dell’industria dell’abbigliamento, quella del commercio stesso di cuccioli ed altri animali da compagnia ecc., ma io sono più che sicura che se intanto si cominciasse a sensibilizzare la gente sull’orrore di quello legato all’allevamento per fini alimentari poi ci sarebbe una presa di coscienza collettiva ed estesa ad ogni altro settore.
Inoltre, ed anche questo l’ho scritto tantissime volte, quando si comincia a smettere di mangiare gli animali, tanto per compiere un primo passo - ed è una scelta che non deve venire considerata come una rinuncia, bensì come una conquista - poi pian piano è come se veramente cadesse un velo dagli occhi e si comincia a rendersi conto di quanto sia enorme e diffuso il business dello sfruttamento animale e di quanto è invece nelle nostre possibilità fare. La sensibilità e la percezione si affinano. E qui mi riferisco a quelle persone che davvero hanno un difetto di empatia per vari motivi, non ultimo quello legato all’ignoranza atavica che da sempre gli ha fatto credere che gli animali siano altro da noi, diversi da noi, che non soffrono ecc..


Insomma, bisogna aprire gli occhi, prendere coscienza e trovare il coraggio di agire anziché restare annichiliti e privi di forza.
Noi abbiamo il potere di cambiare la realtà, le cose della realtà che non ci piacciono. Noi abbiamo questo potere a cominciare dalle nostre singole scelte.
Rifiutatevi di partecipare a questo immenso Olocausto invisibile che è il massacro di miliardi di animali al giorno.
Riappropriatevi della vostra dignità di compiere scelte senzienti, scelte dettate da consapevolezza e conoscenza.

sabato 25 febbraio 2012

Noi antispecisti saremmo intimamente fascisti (così scrive Luigi Ronda)

Gli articoli contro l’antispecismo e i suoi sostenitori (stavolta, perlomeno, ci è stato risparmiato l’appellativo di “rogna” e forse si è pure riuscito a capire, finalmente, da chi provenisse tale scelta poco felice) continuano su Minima et Moralia (ne prendo atto per vie trasversali).
Questa volta interviene Luigi Ronda, con questo pezzo di cui metto il link a seguire:


Tale articolo rivela, a mio avviso, una gravissima mancanza nella sostanza: si continua a criticare l’antispecismo senza sapere esattamente cosa sia, riducendolo ad un affare di cappottini, cagnetti, gattini e così via, oppure, pur sapendo bene cosa sia - fatto ancor più grave - si argomenta in maniera intellettualmente disonesta, riportando, strumentalizzando, distorcendo parole e pensieri presi a casaccio da vari blog antispecisti (tra cui quello di Sdrammaturgo e di De Spin) estrapolandoli dal contesto di base entro il quale sono stati scritti: contesto satirico (quello di Sdrammaturgo), di uso retorico dell’iperbole per meglio esprimere determinati concetti (quello di De Spin).

Se io, per distruggere dialetticamente un avversario, prendo una sua frase a caso e la riporto tacendo però l’intero contesto entro il quale è stata pensata ed espressa, significa che non ho un’onesta intenzione di discutere, argomentare, capire, ma solo quella di vincere. Oltretutto, non è attaccando l’autore di un’affermazione, bensì l’affermazione stessa, che si dovrebbe procedere in una discussione.

Ovviamente, di tanti articoli esistenti in rete sull’antispecismo, manco una parola e, non lo dico per vanteria, sia chiaro, manco una parola sulla mia argomentata risposta all’intervista a Savater, però mi si continua a dare dell’ignorante perché oso contestare la corrida senza essere mai andata a vederne una dal vivo; come se per opporsi all’uccisione di un essere vivente indifeso, serva di assistere da vicino. Allora, che so, non dovrei nemmeno oppormi alla pena di morte, visto che, fortunatamente, non ho mai assistito ad un’esecuzione dal vivo.
Allora io trovo che questa di Ronda sia una maniera intellettualmente disonesta di procedere perché, visto che vengo tirata in ballo con il mio nome, allora gradirei che venissero riportate le mie critiche per intero, senza continuare ad attaccarmi sul solo fatto che non ho mai visto una corrida dal vivo (fatto di cui, peraltro, vado molto fiera; sarebbe per me una vergogna l’esservi andata, seppure magari da bambina: fortunatamente i miei genitori erano persone civili e a vedere spettacoli in cui viene ucciso un animale indifeso non mi ci portavano).

Nell’articolo in esame tutta la questione dell’antispecismo viene - erroneamente o in malafede è ancora da stabilire -  ridotta, semplificata e liquidata - in maniera davvero grossolana e sbrigativa - assimilandola ai comportamenti eccessivi che alcuni amanti degli animali (che spesso non sono nemmeno antispecisti, ma soltanto persone che, semplicemente, amano i loro animali) riserverebbero ai loro amati, comprando loro costosi cappottini o “umanizzandoli”.
In pratica la serissima questione dell’antispecismo, questa importantissima rivoluzione culturale che vede tra i suoi primissimi fondatori importanti filosofi, grandissimi artisti, uomini di scienza e di grande intelletto, noti uomini di spettacolo, atleti bravissimi ecc. (un giorno pubblicherò magari una lista degli antispecisti più famosi, pure se il termine antispecismo è stato coniato solo relativamente di recente), viene ridotta ad un affare di gattini e cagnolini col cappottino.
Ora, chi mi segue da un po’, sa benisssimo che l’antispecismo è tutta un’altra cosa e significa lottare non solo contro lo sfruttamento degli animali da parte dell’uomo, ma contro OGNI forma di sfruttamento (anche di uomini contro altri uomini) per arrivare ad abolire ogni forma di discriminazione o di pretesa di superiorità di una specie sull’altra.
Oltretutto, un vero antispecista, non andrebbe mai a comprare un cucciolo di animale in un negozio, opponendosi al fatto che degli esseri viventi possano essere considerati come merce e se le case di molti di noi sono piene di gatti o cani non è certo perché li abbiamo comprati o perché ci piace mettergli il cappottino, ma solo perché li abbiamo soccorsi e salvati da situazioni di reale pericolo (trovati investiti, ammalati, o semplicemente abbandonati e sperduti, quindi bisognosi di cure).

Il punto più ridicolo dell’articolo poi viene toccato, come anche nell’articolo precedente, quando si cerca di difendere l’ignobile pratica della corrida cercando di farla passare per uno spettacolo di nobilissima tradizione e di altissimo valore culturale, contestando alla sottoscritta che non si tratterebbe affatto di un bieco spettacolo ludico (come ho affermato) e tacciandomi di ignoranza perché prima di esprimermi contro la corrida avrei dovuto studiare ben bene l’intera tradizione della Tauromachia dalle origini ad oggi e, quantomeno, andare a vederne una manifestazione dal vivo.
Ora, forse per il torero o chi trascorre il suo tempo a studiare la corrida sui libri, potrà anche trattarsi di uno spettacolo di altissimo valore culturale in cui si mette in scena il tema della rimozione della Morte nella cultura occidentale o il rito della sfida dell’uomo contro la natura ed altre belle cosette, ma rimane, incontestabile, il fatto che un animale indifeso viene barbaramente ucciso (se non volete credermi sulla parola, visto che non ho mai assistito ad una corrida dal vivo, vi basterà guardare il video che ho messo nel post precedente, video che riprende varie scene da vari spettacoli, oppure andare a guardarvi uno dei tanti che sono diffusi in rete ed anche sul sito La Vera Bestia), e per capire questo incontestabile fatto non mi serve, non ho affatto bisogno di leggermi i libri sulla corrida (tantomeno quello di Nucci), ma mi basta sapere che, appunto, un animale indifeso viene ucciso. Inoltre non credo di affermare chissà quale eresia quando affermo che la corrida mette in scena la morte di un essere vivente indifeso per un bieco scopo ludico, infatti non credo proprio che la maggior parte delle persone che vi va ad assistere e che paga per farlo, vi vada per altro che non per puro divertimento. Non credo che tutti gli spettatori, tra cui, purtroppo, anche bambini, ci vadano per assistere al tema della rimozione della Morte nella cultura occidentale, essendoci, nella massa del pubblico, persone che sicuramente mai si sono interessate a questioni di siffatta natura di antropologia culturale. Può essere che mi sbagli, che invece tutti gli spettatori che solitamente vanno alla corrida, siano persone seriamente convinte di star assistendo ad un nobile spettacolo di profondissimo valore culturale che mette in scena il rito, e il mito, e il tema, e il simbolo e blà blà blà blà blà blà, ciononostante, non bastano tutti questi cavilli e giustificazioni di natura intellettuale ed antropologica per negare che un animale indifeso viene barbaramente ucciso (e poco importa quanto duri il tutto, se solo un quarto d’ora, come afferma Nucci, pochi secondi, o molto di più).

Nell’articolo si stigmatizza poi in particolare il fatto che noi antispecisti avremmo osato paragonare le mostruosità degli allevamenti (veri e propri lager, ed anche qui, se non mi volete credere sulla parola, vi prego di andarvi a vedere il video sull’allevamento delle galline ovaiole Bruzzese, ad esempio, giusto per citarne uno dei più recentemente diffusi, o altri che quotidianamente vengono pubblicati sempre sul sopracitato sito La Vera Bestia, ma anche su youtube, in numerosi altri siti, e che, sempre di recente, anche la RAI ha mandato in onda in qualche servizio) all’Olocausto degli Ebrei.
A parte che i primi ad introdurre questa analogia sono stati proprio tanti Ebrei sopravvissuti ai campi di concentramento (e nessuno, purtroppo, meglio di loro può sapere cosa significhi venire catturato, imprigionato, maltrattato, privato della dignità, picchiato, torturato, ucciso), ma anche esimi filosofi, tra cui Adorno, così si sono espressi: “Auschwitz inizia quando si guarda a un mattatoio e si pensa: sono soltanto animali.”

Ovviamente nell’articolo, Ronda, per ridicolizzare tale analogia, afferma: “6 milioni di ebrei contro una coscia di maiale. Simpatico, no?
Beh, caro Ronda, qui non si tratta di una coscia di maiale, ma di miliardi di animali che vengono uccisi ogni giorno in tutto il mondo. Le cifre parlano chiaro. Si informi. Magari si trattasse solo di una coscia di maiale ogni tanto (fatto che sarebbe comunque gravissimo perché anche ogni singola vita merita rispetto e di vivere), si tratta invece purtroppo di miliardi di esseri viventi che vivono rinchiusi in spazi angusti, privati della loro libertà, privati della dignità che solo la possibilità di vivere una vita consona alla caratteristiche di specie cui appartengono rende possibile. Miliardi di esseri viventi che vengono fatti nascere e vivere in condizioni che definire terrificanti è un eufemismo - o anche, come nel caso, pare, dei tori lidia fatti vivere comunque bene, ma per venire comunque condotti nell’arena per essere uccisi - al solo scopo di soddisfare gli appettiti di gente che si diverte ad andare a vedere le corride o di altri che pensano solo alla propria egoistica soddisfazione del proprio palato.
Ma la chicca più bella dell’articolo è quando noi antispecisti veniamo fatti passare per essere dei fascisti che vorrebbero imporre un unico pensiero (per inciso, lo ribadisco, il nostro pensiero unico è quello del rifiuto e della condanna di ogni forma di violenza; o dovremmo forse ergerci a favore della violenza, dell’uccisione, del sangue, della discriminazione, della superiorità razziale e di specie?).
Noi saremmo fascisti. Noi che lottiamo affinché ogni forma di prevaricazione venga eliminata, noi saremmo fascisti.
Ma invece chi prende un toro e lo costringe ad entrare in un’arena? Ma invece chi permette che miliardi di animali vengano rinchiusi in lager angusti al solo scopo di venire uccisi? Ma invece chi afferma che l’uomo è la specie superiore a tutte le altre sul pianeta e per questo si può arrogare il diritto di massacrare e sfruttare tutte le altre?
Ma invece chi ridicolizza il pensiero della non-violenza e dell’abbattimento di ogni forma di prevaricazione e di discriminazione al solo scopo di vincere in una discussione dialettica, dimostrando, ancora una volta, di non avere serie argomentazioni da opporre all’antispecismo se non quella di difendere ad oltranza l’uccisione di miliardi al giorno di esseri viventi?
Ronda, mi faccia il favore. Continui pure a mangiare la coscia di maiale, ma non osi e non si permetta mai più di dare del fascista a noi antispecisti. 

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P.S.: e intanto la Redazione di Minima et Moralia ha introdotto la moderazione: un mio commento, pacato, educato, in cui ho messo il link a questo mio ultimo post e a quello in cui ho replicato a Savater, risulta essere al momento in moderazione. Nel caso in cui non dovesse venire pubblicato, lo aggiungerò qui sotto, tanto per darvi prova che non ho scritto nulla di offensivo.
Ultimo aggiornamento: ora il mio commento non risulta più essere nemmeno in moderazione. Semplicemente hanno voluto impedirmi di dire la mia (e poi fascisti saremmo noi antispecisti!).
Non mi resta che pubblicare qui il mio commento, che era questo:

"Intervengo ancora, contraddicendomi (avevo detto che non sarei più stata presente in questo spazio) perché per me, contrariamente a quel che sembra credere Ronda, l’antispecismo non è una questione di cagnetti e gattini, non nel senso in cui lo intende lui, ma un argomento sostanzialmente molto più profondo e complesso e di certo non posso perdere l’occasione di dare un piccolo contributo a quella che ritengo essere l’unica strada percorribile per abolire ogni forma di violenza e di discriminazione, una strada che certamente è in direzione di un fine eticamente evolutivo e della conquista di una sempre maggiore dignità per la nostra stessa specie. Uccidere altri esseri viventi, quale sia la specie cui appartengono, ci dequalifica come esseri senzienti che hanno come fine un’evoluzione di tipo anche etico (oltre che tecnologico o di tipo meramente biologico). Sono convinta altresì che verrà un giorno in cui sapremo guardare con orrore a questi tempi in cui è ancora considerato naturale, ovvio, normale, sfruttare miliardi di esseri viventi (e non una sola coscia di maiale di contro ai 6 milioni di Ebrei, capito Ronda?), considerarli semplicemente oggetti, mere risorse rinnovabili (rinnovabili: ne muore uno, ce ne sono altri miliardi).
Metto il link alle repliche ai vostri due articoli, repliche che ho scritto sul mio blog (essendo un blog, tra le altre cose, anche antispecista).
E per favore, gradirei che la si smettesse di dire che per contestare l’uccisione di un toro in un’arena serva di conoscere nei particolare la storia della Tauromachia o assistere ad uno spettacolo dal vivo; sarebbe come affermare che per essere contrari alla pena di morte, sia necessario assistere ad un’esecuzione dal vivo." 

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P.P.S.: Mi accorgo (26 febbraio) che la Redazione di Minima et Moralia, forse dopo aver letto il mio post scriptum, ha finalmente pubblicato il mio commento.

giovedì 23 febbraio 2012

E dopo averne a lungo discusso...

Vi piace questo spettacolo

Se vi è piaciuto potrete trovarne altri in rete, sempre sul sito "La Vera bestia", ma anche su youtube.

Non c'è giustificazione che tenga! Un massacro, per quanto lo si possa "intellettualizzare", sempre un massacro rimane! 

Io sto dalla parte del toro. Sempre!!!
(guardate i suoi occhi, se ne avete il coraggio!

Qualcuno sostiene che sia inutile mettere questi video, ché tanto chi già sa, non ha bisogno di sapere altro e chi non sa, vorrà continuare a non sapere; io sostengo invece che questi fatti vanno sempre ricordati e posti all'attenzione della gente affinché non ci si dimentichi mai, nemmeno per un secondo, che in tutto il mondo miliardi di animali ogni giorno vengono massacrati; che sia per il "divertimento", per "arte", per tradizione, per l'alimentazione, per l'abbigliamento, per la "scienza", poco importa. Queste sono soltanto scuse. 
La verità è una sola, in questo caso: che gli animali soffrono e che vengono uccisi.
Poi possiamo stare a filosofeggiarci sopra finché vorrete, a trovare le più assurde motivazioni, ma la verità nuda e cruda rimane sempre e solo una. 
Allora, come ho anche scritto in un recente commento, apprezzo mille volte di più l'onestà intellettuale di chi ammette che della sofferenza degli animali non gli importa nulla; preferisco questa risposta - per quanto non la possa condividere - a tutte le altre che tentano invano di trovare qualche giustificazione e motivazione valida, spesso ammantandola di sofismi davvero ridicoli. 
E, lo scrivo una volta ancora, a chi dice "ognuno deve essere libero di fare la propria scelta", rispondo che in gioco non c'è nessuna scelta personale per il semplice fatto che, come ha scritto il mio amico di blog Claudio nel suo ultimo post - post che vi invito a leggere perché, con parole chiare e semplici, dice praticamente tutto quello che c'è da dire sulla questione - in gioco entra un terzo elemento, che è il toro, o il maiale, o il pescetto ecc. ecc..
Allora, a coloro che si riempiono la bocca di tante belle parole come: democrazia a tavola, scelta, libertà personale ecc., io dico: se tu per primo parli di democrazia e libertà a tavola, allora quella stessa libertà la devi concedere anche agli altri esseri viventi, altrimenti sei un dittatore sanguinario, uno che decreta la libertà per sé, ma la morte per gli altri.

Inoltre (scusate, questo post lo sto scrivendo a puntate, mi viene sempre in mente qualcos'altro da aggiungere), come mi ha appena scritto anche il mio amico Luca, può essere che semplicemente per lo spettatore che va a vedere la corrida, o per il torero (così come per il macellaio o per chi mangia gli animali), semplicemente, l'empatia non scatti per una serie di motivi, tra cui che il toro venga (così come il maiale ecc., scrivo toro perché in questi giorni si è discusso a lungo della corrida) percepito già come corpo morto, come puro ammasso materiale  di organi e nervi, ma senza tutte quelle caratteristiche cognitive e psicologiche - che pure invece gli appartengono - che solitamente vengono attribuite agli esseri umani.
Allora mi sono ricordata di aver letto una volta che i serial killer psicopatici, quando hanno di fronte una vittima, non la percepiscono più come un essere umano, ma semplicemente come l'oggetto della propria ossessione, come un qualcosa di astratto. E che sarebbe bene, per la sfortunata vittima, ricondurre lo psicopatico di turno alla "ragione", ossia tentare di fargli arrivare il messaggio che ella stessa vittima ha un nome, un'identità, emozioni, percezioni, sentimenti ecc.. 
Cosa voglio significare con questo esempio? Sia chiaro, e lo scrivo a caratteri cubitali, NON VOGLIO ASSOLUTAMENTE DIRE CHE CHI VA A GUARDARE LA CORRIDA E SI DIVERTE, O IL TORERO, O CHI MANGIA ANIMALI SIA UNO PSICOPATICO. NO! NON INTENDO QUESTO!
Ho solo voluto fare un'analogia tra la maniera in cui il serial killer psicopatico percepisce la sua vittima e quella in cui chi mangia, uccide animali (o lascia che siano altri a farlo per lui), percepisce gli stessi. 
Forse la compassione (nel senso semantico del termine), la pietà, l'empatia, chiamatela come volete, non scatta perché in quel momento l'animale viene percepito come pura materia, puro oggetto di un "desiderio", e non come un essere dotato di tutta quella complessità di attributi e caratteristiche anche psicologiche, psichiche, emotive quale invece è.
Però, dio santo, più che dire alla gente che gli animali invece soffrono, sentono, percepiscono, desiderano, esprimono la precisa volontà di voler continuare a vivere, cos'altro si può dire? Ditemelo voi.

martedì 21 febbraio 2012

Dalla parte del toro (replica all'intervista a Fernando Savater)

Nel post precedente ho messo il link ad un articolo, che qui sottopongo nuovamente alla vostra attenzione, pubblicato su Minima et Moralia, dal titolo “Contro la rogna dell’antispecismo” in cui uno scrittore appassionato di Corride sin da quando è bambino, Matteo Nucci (e sul cui argomento ha scritto anche un libro e rilasciato a sua volta qualche intervista) pone alcune domande ad un filosofo di fama mondiale, Fernando Savater, in occasione del suo saggio - pubblicato da Laterza, prossima uscita in Italia -  dal titolo “Tauroetica”, in cui si difende la pratica della Tauromachia, termine oggi comunemente usato per designare la Corrida - e, a seguire, sempre nel precedente post, ho pubblicato la replica, al sovraindicato saggio, scritta dal filosofo antispecista Leonardo Caffo.

Perché tornare ancora sull’argomento? Perché oggi voglio scrivere io stessa una replica all’intervista di Savater e lo farò rispondendo ad alcuni punti in particolare, quelli che mi sembrano i più degni di rilievo, a cominciare dal titolo usato per pubblicare l’articolo su Minima et Moralia.
Dunque, per onestà intellettuale debbo fare una rettifica rispetto a quanto asserito nel mio precedente post: il titolo pare - lo ha detto lui stesso - che non lo abbia scelto Nucci; purtuttavia, ci ha messo la sua firma sotto. Ciò significa che comunque ha ritenuto che quel titolo fosse appropriato. Non so voi, ma io, autrice a mia volta di articoli pubblicati su una rivista online, non darei mai il mio consenso ad un titolo con il quale non sarei io stessa d’accordo e palesemente, dichiaratamente offensivo o, quantomeno, se ciò avvenisse, che so, per errore, dovendo poi renderne conto a chi me ne chiede, sarei pronta a prenderne le distanze e, al limite, a scusarmi: cosa che Nucci non ha fatto. E, oltretutto, ancora non si è capito chi abbia voluto definire un movimento serio come l’antispecismo, una “rogna”.
Ora, va da sé che un titolo del genere già si dimostra come profondamente aggressivo e di parte e predispone l’interlocutore a decodificare quanto seguirà in una maniera anziché in un’altra. Chi non sa nulla di antispecismo (e sono in molti) viene preventivamente informato (e condotto a leggere l’intervista da una precisa prospettiva di interpretazione) che si tratta di una “rogna”, ossia un qualcosa di molto fastidioso, sebbene di poco rilievo (riporto da wikipedia: Il termine rogna è utilizzato in medicina veterinaria per indicare una patologia infiammatoria della cute degli animali provocata da parassiti appartenenti all'ordine degli acari. Sintomi comuni sono: perdita del pelo, prurito ed infiammazione cutanea. Ecc..).
Dunque, riassumendo, pur in un’accezione metaforica, l’antispecismo sarebbe una rogna provocata da parassiti, ossia noi antispecisti saremmo dei parassiti.
Si prosegue poi con le domande e risposte di Savater.
Nella prima risposta che dà Savater definisce l’antispecismo una delle forme più estreme di animalismo, portando come riferimento il solo Peter Singer, solo uno dei tanti filosofi che hanno scritto sull’argomento -  e sembra che, ad esempio, non abbia letto Tom Regan, il quale ha ampliamente invece superato le teorie dello stesso Singer, stabilendo che ogni essere vivente, qualsiasi specie appartenga, è dotato di un suo valore inerente, quello della vita, e che quindi ha valore non per la funzione utilitaria che potrebbe o non potrebbe occupare nel pianeta, per sé e per gli altri, ma per il solo fatto che è un essere vivente, desideroso di continuare a vivere - e quindi, Savater prosegue: “Una tendenza che spinge ad accreditare le forme più estreme di animalismo, come l’antispecismo di Peter Singer, ossia l’idea che tra le specie animali non ci siano distinzioni di sorta” , dando atto di aver totalmente incompreso - o comunque frainteso - l’antispecismo. Affermazione questa, che già basterebbe da sola a far crollare miseramente tutto il castello di carte delle altre a seguire.
Ora, criticare l’antispecismo è legittimo (ma non definirlo rogna, che è termine offensivo), ma bisognerebbe prima dimostrare di averlo compreso a fondo e di certo non basta l’aver letto il solo Singer per poterne avere un’idea chiara e completa; innanzitutto perché, come detto sopra, l’antispecismo di Singer rimane dentro un’ottica ancora utilitarista, ottica da cui il pensiero antispecista attuale o almeno  quello di molti altri antispecisti, tra cui Regan, prende le distanze, ritenendo gli animali dotati di un valore comunque inerente, quello della vita, che deve essere sempre e comunque rispettato (e non sulla base della soddisfazione di determinati requisiti).
Ora, l’antispecismo NON ha mai inteso negare le “distinzioni” che ci sono tra specie e specie (come ho scritto altre volte, è innegabile che tra specie diverse vi siano differenze), come erratamente asserisce Savater, bensì ha inteso accoglierle e valorizzarle senza che esse diventino motivo di discrimine o di pretesa di superiorità di una specie sull’altra; allo stesso modo in cui le differenze di etnia, genere sessuale, di gusti sessuali e di altro ancora NON devono diventare motivo per discriminare un individuo piuttosto che un altro o motivo di superiorità di uno sull’altro.
Antispecismo non significa affatto, come asserisce Savater, antropormofizzare gli animali, bensì, al contrario, riconoscere loro le diverse caratteristiche di specie e di comportamenti in natura, lasciandoli liberi di vivere la loro vita in ottemperanza a quei requisiti che la loro natura richiede: un pesce è nato per vivere nell’acqua perché così è fatta la sua fisiologia e in quel preciso ambiente deve poter essere lasciato libero di vivere, non è nato per finire nelle nostre pentole; una tigre è nata per vivere nella giungla, nel suo preciso habitat, non per essere rinchiusa nella gabbia di un circo; un visone è nato per vivere libero, nell’ambiente a lui congeniale per sviluppare e portare a compimento quelle caratteristiche che gli sono proprio come specie - e così si potrà dire di ogni altro qualsiasi animale - non per essere rinchiuso in una gabbietta e poi ucciso in maniera barbara al fine di ottenere un indumento con il suo pelo.
Questo dice l’antispecismo. Semplicemente questo.
Un toro quindi deve essere lasciato libero di vivere in pace la sua esistenza, cui ha diritto in quanto la vita è un valore inerente che gli appartiene di default, nel pieno rispetto di tutto ciò che è essenziale al suo benessere, e non costretto a scendere dentro un’arena per sollazzare spettatori assetati di sangue e violenza.
Sempre Savater asserisce che non distinguere gli uomini dagli animali è nefasto perché la morale riguarda solo gli esseri umani in quanto hanno precisi interessi nel compiere una scelta anziché un’altra. Ora, è evidente che anche gli animali hanno tutto il preciso interesse di continuare a vivere e sono in grado di esprimere SEMPRE la loro volontà di continuare a farlo: avete mai visto un animale contento di essere catturato, imprigionato ed ucciso? O non lo avete visto forse, come sarebbe più onesto ammettere, dibattersi, tentare di difendersi, di ribellarsi, di scappare, di continuare a vivere in pace la sua esistenza, semplice o complessa che sia? Chiunque di voi avrà avuto un cane o si sarà soffermato a guardare uno dei tanti video diffusi in rete riguardo alle condizioni in cui sono tenuti tutti gli animali schiavizzati dall’uomo, avrà anche avuto l’occasione di pensare che di certo quegli animali sarebbero molto più felici se potessero correre liberi su un prato, muoversi liberamente, accoppiarsi liberamente, riprodursi, godersi il vento sulla pelle, vivere secondo le regole che l’evoluzione naturale ha stabilito per loro. Il benessere della vita degli animali è una questione di cui non si può non tener conto. E, checché se ne pensi, un maiale che vive in gabbia, o un toro che scende nell'arena per venire massacrato (per quanto tale spettacolo possa soggettivamente piacere o possa, come sostiene Nucci, essere definito un'arte) non favorisce il suo benessere.
Come si può affermare che il toro non ha interesse di continuare a vivere e che quindi se lo si trascina in un’arena per essere barbaramente ucciso per lui non ci sarebbe nessuna differenza? Come si fa a dire che un toro, visto che fisiologicamente - non essendo un automa come nel lontando ‘600 asseriva Cartesio - è perfettamente in grado di provare dolore, di sperimentare sofferenza sia fisica che psicologica (tutto empiricamente confermato dagli studi fatti sulla fisiologia e psicologia degli animali, studi portati avanti per decine di anni da medici, etologi, scienziati, ma, senza arrivare a tanto, constatato anche da chiunque abbia un animale) non abbia nessun interesse di continuare a vivere e di essere lasciato in pace?
Si può affermare ciò solo se si pensa che gli animali siano oggetti. Ossia esseri non senzienti, non in grado di provare dolore o piacere. E sappiamo che NON è così. Sappiamo che gli animali, in quanto esseri senzienti, se proprio non agenti morali, sono comunque pazienti morali, al pari di un bambino, o di una persona le cui capacità intellettive risultano, per qualsiasi motivo,  ridotte.
Gli specisti affermano che un animale non può essere un agente morale in quanto non può compiere scelte morali, seguendo solo il proprio istinto. Bene, ma nemmeno un bambino o una persona con deficit di intelletto o in coma non è più in grado di compiere delle scelte di ordine morale, eppure non è che li trasciniamo in un’arena solo per questo. Anzi, noi agenti morali, abbiamo tutto il dovere di farci disponibili a dare aiuto, cure e conforto a queste persone.
I bambini molto piccoli, gli anziani gravemente malati minati da malattie come l’Alzheimer o da altre che provocano gravi deficit che non li renderebbero più in grado di compiere delle scelte ragionevoli, i minorati mentali, sono tutti pazienti morali. Non possono più essere, o non ancora, come nel caso dei neonati, dei bambini molto piccoli, degli agenti morali, in quanto non sono più in grado, o non ancora, di compiere determinate scelte, eppure nessuno si sognerebbe mai di sopprimerli, di usarli, di non riconoscergli la giusta dignità che spetta ad ogni essere vivente, quali siano le sue condizioni mentali e fisiche. Lo stesso dicasi per gli animali, magari non sono in grado di compiere scelte che richiedono una complessità di argomentazioni (seppure moltissime specie mostrano un’organizzazione mentale assai complessa, dotata di memoria, di  capacità di compiere vari tipi di scelte ed altro ancora), ma sono comunque, tutte le specie, nessuna esclusa, in grado di esprimere una precisa volontà di voler continuare a vivere, talvolta superiore a quella, per esempio, di cui sarebbe in grado un neonato. Allora perché questa nostra capacità di aver, almeno in teoria, stabilito che ai più deboli, agli indifesi, alle persone malate, anziane, ai neonati ecc. si deve prestare aiuto e si deve continuare ad attribuire una dignità - la dignità dell’essere vivi, della vita - non può venire estesa anche a tutte le altre specie?
Da dove viene l’idea che gli animali siano solo oggetti, risorse rinnovabili, a nostro uso e consumo solo perché anziché essere agenti morali sono pazienti morali?
Perché applicare due pesi e due misure? Se si dimostra che anche molti esseri umani sono pazienti morali - eppure, come è giusto che sia, si riconosce loro la dignità di esseri viventi - perché non si è disposti a riconoscere la stessa dignità di vita, per il sol fatto che è vita senziente e volitiva, ossia che intende continuare a vivere secondo i parametri che le son propri secondo la specie di appartenenza, anche agli animali?
Quindi la tesi di Savater che gli animali non avrebbero interessi in quanto non sono agenti morali, non sta in piedi. Gli animali hanno eccome il preciso interesse di continuare a vivere. E NON è vero neppure che animali ed esseri umani non interagiscono e non si comprendono. Approfonditi studi empirici e anche la semplice osservazione quotidiana del tipo di relazione che si viene a stabilire tra uomo ed animale, dimostra il contrario. In particolare, per quanto riguarda i tori, esiste anche un video in cui si mostra come uno di essi abbia saputo riconoscere il proprio allevatore. Ma di cosa stiamo parlando, Savater? Di mancata relazione uomo-animale? Ma l’uomo è egli stesso un animale, sebbene con caratteristiche di specie diversa. In natura tutto è connesso ed interagisce, come si può parlare di estraneità di una specie rispetto alle altre, o di superiorità? Tutto agisce e coopera per far funzionare l’ecosistema, di cui ogni specie fa parte ed ha il diritto di appartenere perché così funziona la natura.
In un altro punto dell’intervista Savater risponde che, secondo l’antispecismo, noi uomini dovremmo elevarci eticamente rifiutandoci di nutrirci di carne e pesce e ciò sarebbe un paradosso perché invece la tigre continuerebbe indisturbata a nutrirsi di prede e lo dice in questo punto: “Salvo poi chiedere agli uomini di optare per soluzioni diverse rispetto a quelle che magari preferiscono, come mangiare carni, usare pelle animale per le scarpe e così via. Con il risultato paradossale che gli uomini dovrebbero rifiutarsi di uccidere la tigre ma certo la tigre non potrebbe che continuare a fare quello che fa secondo l’istinto, ossia anche divorare l’uomo. L’uomo sarebbe dunque l’unico tra gli animali a rispettare la nuova legge. Dimostrando quindi che qualche differenza tra lui e le altre specie in fondo c’è.”
Sinceramente, da un filosofo di fama mondiale mi aspettavo di più che il solito discorsetto trito e ritrito ossia che sarebbe giusto mangiare gli animali perché anche loro si mangiano tra loro. E, come già spiegato sopra, l’antispecismo NON nega le differenze tra specie, solo che non ritiene giusto che debbano diventare motivo di discriminazioni tra una specie e l’altra.
Essendo noi una specie eticamente evoluta possiamo scegliere di non uccidere altri esseri viventi, soprattutto perché, essendo frugivori (o anche onnivori, come asseriscono molti) NON abbiamo affatto bisogno di nutrirci di cadaveri per vivere bene. Possiamo scegliere di non farlo.
La tigre, così come tutti i felini ed altre specie, è carnivora. Non può andare contro la propria natura. Noi, NON siamo carnivori (empiricamente e fisiologicamente constatato) e quindi possiamo scegliere di NON mangiare animali. La tigre invece è costretta a farlo per necessità. Noi no.
E comunque  quando mai capita di uscire di casa e di trovarci faccia a faccia con una tigre o un orso che vogliono sbranarci? O non è forse vero che capita molto più spesso il contrario? Basta entrare in un qualsiasi supermercato per vedere chi è che mangia chi. Questo lo scrivo perché molti obiettano: “ah, ma se mi trovassi ad incontrare una tigre, lei mi mangerebbe sicuramente”. Ma quando mai capita una cosa del genere? E sarebbe comunque un incidente dettato dalla necessità della tigre di mangiare. Noi invece uccidiamo per sport, per divertimento, per gusto del palato, per abitudine, per consuetudine culturale, per volontà di sopraffazione, ma mai per necessità, visto che NON ci è necessario mangiare o costringere tori ad entrare in  un’arena per vivere (a meno che non si tratti del raro caso di legittima difesa - che non è quello del torero che scende in campo invece per sua scelta e per dare spettacolo - in tal caso, ovviamente, si sarebbe autorizzati ad uccidere per difendersi; insomma, quando si porta un animale al macello o quando si sgozza un maiale o un toro, mica lo si fa legittima difesa, giusto? Quindi, ma di quale necessità di uccidere sta parlando Savater?).
Gli animali, è vero, sono al di là del bene e del male, seguono il loro istinto, è vero, ma il loro istinto NON è quello di essere schiavizzati da noi. Noi, in quanto specie complessa mentalmente ed evoluta (anche tecnologicamente), specie che è in grado di teorizzare dei principi etici, specie che è stata in grado di evolversi continuamente sotto questo profilo (ad esempio nel passato abbiamo schiavizzato individui della nostra stessa specie ritenendoli inferiori solo perché con pelle di colore diversa, abbiamo discriminato le donne solo perché ritenute meno intelligenti degli uomini, abbiamo costruito dei lager solo perché abbiamo ritenuto alcuni inferiori ad altri ecc.), siamo in grado di compiere enormi progressi e di comprendere che, “sotto la pelle” (per citare un noto romanzo di Michel Faber), il cuore batte per tutti alla stessa maniera: perché non dovremmo fare lo stesso ragionamento in merito agli animali? Perché rifiutarci di procedere ancora oltre, di arrivare a fondare una totale etica della non violenza?
Si può essere estremisti nella non violenza? O non è forse vero il contrario? Ossia che partendo a discriminare una specie piuttosto che un’altra, si potrebbe arrivare a discriminare anche un’etnia rispetto ad un’altra, un individuo rispetto ad un altro, come è già stato fatto in passato?
Lo specismo ha le stesse radici del razzismo. Lo specismo può dirsi estremo, ma non l’antispecismo.
Infine, concedetemi di sorridere a quest’ultima affermazione di Savater, di certo poco degna di un filosofo di fama mondiale: “Se questo animalismo diventasse dominante, si realizzerebbe la forma perfetta di protezione degli animali: l’estinzione. Chiuse le corride, i tori da combattimento si estingueranno; chiuse le corse di cavalli, i purosangue si estingueranno; chiusi i macelli, spariranno tutti gli animali che ci servono a vivere. E del resto, qual è oggi l’animale perfetto e più conosciuto e amato? Il dinosauro. Sta lì nel nulla. A Jurassic Park, vive una vita magnifica”.
Innanzitutto, a volte usa il termine antispecismo, a volte quello di animalismo, come se la differenza non gli fosse ben chiara. Dal titolo dell’articolo: “Contro la rogna dell’antispecismo” sembrerebbe che si intendesse appunto parlare dell’antispecismo, poi si passa però all’animalismo, ma forse semplicemente, essendo Savater di origine basca, si è fatta confusione nella traduzione; comunque sia, non ho ben capito cosa c’entrino i dinosauri, specie ormai estinta. Estinta non certo a causa dell’uomo, visto che non aveva ancora fatto la sua comparsa sulla terra. Quindi non è chiaro il legame con la presunta estinzione dei tori o di altri animali che verrebbe, a suo dire, causata dalla protezione che l’uomo darebbe loro. I dinosauri si sono esitinti comunque, non perché l’uomo li ha protetti.
Si estinguono quelle specie che evolutivamente non riescono più a trovare un loro spazio sul pianeta, o perché mutano le condioni climatiche o perché avvengono sconquassi e mutamenti a livello di habitat, basandosi l’ecosistema su un equilibrio molto complesso, ma anche estremamente delicato, tanto è vero che, al contrario di quello che sembra credere Savater, molte specie si stanno estinguendo proprio perché l’essere umano sta intervenendo molto pesantamente su questo fragile equilibrio (costruendo, diboscando, inquinando, sfruttando, distruggendo), e perché si preoccupa troppo poco di proteggerlo.
Cosa significa questa frase: “chiusi i macelli, spariranno tutti gli animali che ci servono a vivere”?
Innanzitutto a noi non servono gli animali per vivere. Non ci è necessario ucciderli per vivere. Gli animali NON servono, non sono cose. Essi vivono per loro stessi, non per l’interesse, nello specifico, degli uomini. Secondo poi non è che gli animali che vivono negli allevamenti e che vengono condotti al macello sono animali catturati in natura che si sono riprodotti liberamente, sono invece animali che sono stati fatti nascere apposta per essere mangiati. Ma vi sembra una cosa etica? Allevare un animale per ucciderlo? Gli animali NON sono risorse rinnovabili, non sono oggetti che possono essere riprodotti in massa al pari di un qualsiasi altro oggetto.
Se chiudessero gli allevamenti ed i macelli semplicemente non verrebbero più fatti nascere animale per essere mangiati. Punto. Quelli liberi in natura, quelli che allo stato attuale del mondo ancora sono liberi in natura, continuerebbero a vivere indisturbati la loro vita senza correre il rischio di venire uccisi da qualche cacciatore di turno.
Per vivere, caro Savater, non ci servono animali. Ci serve solo di rispettarci tutti in quanto tutti esseri viventi dotati del medesimo valore inerente della vita, animali ed uomini compresi.

Mi fermo qui. Sono stanca. Ancor più sono stanca di stare sempre a scrivere le stesse cose, ma per i miei fratelli animali questo ed altro.
Grazie a tutti, se qualcuno ne sarà rimasto, per avermi letta fin qui.
In particolare grazie a Savater e a Nucci, il cui unico merito relativo all’articolo di cui sopra, è quello di avermi offerto l’occasione di riflettere su quanto l’uomo, pur di giustificare la sua sete di sangue, sia disposto a costruisci sopra traballanti castelli di carte.

(per molte delle mie osservazioni mi sono basata sul testo "I Diritti Animali" di Tom Regan, filosofo di fama mondiale al pari di Savater che da anni conduce approfonditi studi e riflessioni sull'antispecismo, riflessioni che ovviamente condivido; testo che non mi sono limitata  a leggere, ma che ho studiato molto bene, in ambito universitario; mi sono basata inoltre su altre svariate letture, video, conferenze ed altro ancora. Mi è stato obiettato di non conoscere bene la Corrida. E' vero, non sono mai andata a vedere questo spettacolo di assurda barbarie. Replico però dicendo che, da antispecista quale sono, non mi serve di approfondire l'asserita importanza culturale che rivestirebbe tale antica tradizione, né di conoscerne la tecnica in maniera approfondita: mi basta sapere che un animale innocente ed indifeso viene ucciso. Mi è stato dato dell'ignorante per questo, depotenziando così ogni altra discussione ed argomentazione sulla questione. Ciò di cui ancora attendo nota, è della profonda sofferenza del toro, argomento questo che dai difensori della Corrida è stato completamente eluso. La morte è un qualcosa di cui è giusto parlare, specialmente in questa società dove la sua rimozione avviene troppo spesso, ma per parlarne non serve dover uccidere un toro in diretta. La Morte, di cui spesso, quasi sempre direi, ho parlato in questo blog, tanto da averlo intitolato Il Dolce Domani (dall'omonimo film di A. Egoyan che parla anche proprio della Morte) riguarda tutti noi da vicino, ed è un qualcosa con cui tutti dovremo confrontarci prima e poi. Non serve procurarla gratuitamente, oltretutto per scopi ludici (o artistici che siano). Non serve aggiungere altro dolore a quello che c'è ancora su questa terra.).

sabato 18 febbraio 2012

Per qualcuno l'antispecismo è una rogna

Ho sempre seguito con interesse Minima et Moralia che così si autodefinisce: blog culturale di Minimum Fax (Minimum Fax, per chi non lo sapesse, è una nota casa editrice); in questo blog vi scrivono vari autori, autori i cui articoli vengono pubblicati anche su altri spazi, riviste, quotidiani, siti vari ecc.; in genere si tratta di articoli di letteratura (io ho sempre letto soprattutto quelli), ma anche di cultura generale, cinema, talvolta di politica, teatro e molto altro ancora.
Da oggi non seguirò più questo blog.
Perché proprio oggi? Cos’è successo oggi? Cosa mai avranno pubblicato questi di Minima et Moralia?
Bene, la vostra curiosità è presto tolta: sulla pagina principale di oggi leggo un titolo come questo: Contro la rogna dell’antispecismo e, a seguire, intervista a Fernando Savater, filosofo che di recente ha scritto un saggio intitolato Tauroetica, in cui, sostanzialmente, si esalta "l’etica" (le virgolette sono mie) della Tauromachia (termine greco composto da tauros, toro, e machia, battaglia, che in origine stava a designare le lotte tra i bovini che si tenevano anticamente, ma il cui significato oggi viene esteso ad indicare l’impari lotta tra il toro indifeso  imbottito di tranquillanti  e quella raccappricciante figura umana anche chiamata “torero” che lo sottopone ad una serie di sevizie crudeli per poi ucciderlo davanti ad un pubblico assetato di sangue e violenza, altresì detta: corrida); l’articolo, il cui autore è Matteo Nucci (e suo, immagino, l’originale titolo in cui l’antispecismo viene definito una rogna) è apparso originariamente su Repubblica (quotidiano che ho sempre trovato particolarmente utile per il suo formato atto ad aderire perfettamente alla base delle lettiere dei miei gatti).

Ne avrei di cose da dire a Savater (ed anche a Nucci), ma lascio che a replicare sia qualcuno più titolato di me, ossia il brillante filosofo Leonardo Caffo, già autore di saggi sull’antispecismo e di molti articoli, sempre sull’antispecismo, comparsi su svariate riviste, sia online che cartacee, nonché - lo dico a titolo personale - persona gentile e disponibile sempre aperta al confronto; a seguire pubblicherò quindi per intero il suo articolo in risposta al saggio di Savater, apparso sul blog antispecista Asinus Novus, oltre che riportato, ovviamente, anche suo sito personale sopraindicato, nonché sul blog, sempre antispecista, Amiche per la pelle.

Prima di lasciarvi alle parole di Caffo, vorrei fare un’ultimissima, brevissima considerazione: dispiace che Minima et Moralia, che si autodefinisce blog culturale, dia spazio ad un articolo che nel percorso dell’evoluzione del pensiero etico viene a determinare un preciso passo indietro nonché a favorire quella che io chiamerei piuttosto un’INvoluzione dello stesso.
Vorrei inoltre porre l’accento sul termine rogna usato a proposito dell’antispecismo dallo scrittore Matteo Nucci: termine che anziché indicare quella che potrebbe essere una legittima, benché opinabilissima presa di posizione contro l’antispecismo (legittima perché ognuno è libero di manifestare il proprio pensiero, siamo pur sempre in democrazia, come un gentile commentatore mi ha fatto notare), pone piuttosto l’accento su una malcelata antipatia personale la quale va ad ottundere ogni altra pretesa di voler argomentare seriamente.
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Contro la Tauroetica di Fernando Savater 
di Leonardo Caffo
 
La forte opposizione di animalisti, e persone di buon senso, nei confronti della corrida ha portato alcune zone della Spagna alla sua abolizione. Conseguenza: molti toreri disperati (ma come vedremo, anche qualche filosofo). Alla base della richiesta abolizionista giace la consapevolezza che i tori, in quanto esseri senzienti, soffrono pene infernali ogni qual volta vengono sottoposti alle varie fasi della corrida – dalle percosse – alla morte. Recentemente Laterza ha dato alle stampe un libro del celebre filosofo Fernando Savater chiamato, a tal proposito, Tauroetica Questo saggio filosofico, se si ha il coraggio di leggere fino alla fine quanto vi è scritto, può essere definito il Mein Kampf dei diritti animali: un’invettiva contro l’animalità a sostegno delle sofferenze più varie nei confronti di chi non è umano, oltre a costituirsi come una sovraesposizione di un sarcasmo esagerato nei riguardi di coloro che hanno cercato di difendere il diritto alla vita degli animali non umani. Esistono due modi per contrastare le tesi (poche, e parecchio povere) contenute in questo volume: (1) inneggiando allo scempio morale di cui Savater è artefice; (2) distruggendo filosoficamente i pochi argomenti che Savater isola nei rari (rarissimi) momenti di lucidità. Ora (1), per quanto lecita, non è senz’altro una strada da prendere in considerazione contro un filosofo di professione, com’è il buon Fernando, che sono sicuro gradirà il tentativo che segue – ovvero la strada numero (2) – di spazzare via le premesse su cui si basano i suoi spesso, bisogna onestamente dirlo, validi (ma infondati) argomenti. Tauroetica è diviso in due parti: nella prima, Savater contrasta l’idea antispecista in filosofia secondo cui sia sbagliato moralmente uccidere o far soffrire, per svariati motivi, esseri senzienti indipendentemente dalla specie; nella seconda parte, concluso (secondo lui) il lavoro teorico della prima, si dedica a contrastare gli oppositori della corrida. La struttura, sostanzialmente, è la seguente: creare una metateoria (parte uno) in cui rendere lecito il massacro animale e discutere una teoria locale (parte due), quella delle motivazioni culturali della corrida, che viene automaticamente resa valida dalla presunta correttezza degli argomenti isolati in precedenza. Come afferma lo stesso Savater esistono due modi di leggere il suo libro, o partendo dalla fine per poi comprendere su quali basi si fonda la sua critica al parlamento spagnolo che discute di abolire le corride, o partendo dall’inizio per sapere da subito perché la corrida, come qualsiasi altra pratica di uccisione e sofferenza animale legata alla cultura umana, siano sempre giustificate moralmente. Procedendo con ordine Fernando Savater fornisce teorie, congetture, ed argomenti degni di considerazione – in un volume di un centinaio di fogli – soltanto nelle seguenti pagine: pp. 21 – 22, pp. 38 – 39, p. 47, pp. 51 – 52, p. 56, p. 101 e p. 111. Tutto il resto è sarcasmo, contorno di citazioni, battutine e acquolina in bocca per qualche alimento animale. Per inciso, nessuno degli argomenti di Savater è nuovo entro il dibattito filosofico, e ognuno di questi è stato confutato in precedenza da autorevoli pensatori il che, e non è bello, mostra una scarsissima attenzione di Savater nei confronti della letteratura specialistica cosciente, forse compiacendosi, che solo il lettore ‘non filosofo’ potrebbe trovare convincenti i suo argomenti. La prima mossa concettuale del filosofo spagnolo (pp. 21 – 22) risiede nel sostenere che gli animali non hanno interessi e che dunque, quando attribuiamo loro proprietà umane, stiamo operando una forzatura. Gli interessi, secondo Savater (che confonde tra individui coscienti ed autocoscienti, e tra istinti ed intenzionalità) sono tali perché possiamo averli o non averli e gli animali, questi automi cartesiani, sono tali (non umani) perché non hanno interessi dunque, continua Savater, se un animale x  non ha nessun interesse a non morire è giustificato trasformarlo in un salame. Almeno due problemi sono palesi in questo argomento, ammettendo (il che è falso, ma concediamo a Savater un po’ di grazia) che gli animali non abbiano davvero interessi. Esistono molti umani (si parla in filosofia di ‘casi marginali’), tipicamente malati cerebrali o terminali – comatosi, che pur essendo in vita hanno perso cognizione del mondo e non hanno (questi davvero, si pensi ad Eluana Englaro) interessi nei confronti degli stati di cose del mondo. Non avendo stabilito differenze pregresse tra animali ed umani Savater sarebbe costretto ad accettare un’industria che fa salami con malati di questo genere, e sappiamo bene che non sarebbe disposto ad un tale scempio. Concedendo meno a Savater, invece, rimane il dubbio di quali animali stia parlando. La nonchalance con qui il filosofo discute di animali che hanno, o non hanno, certe proprietà è imbarazzante: come se si potesse comprimere, diceva già il buon Jacques Derrida, tutto ciò che non è umano in una sola categoria. L’animal cognition ha dimostrato che esistono alcuni animali che hanno interessi, ad esempio certi primati e altri mammiferi, ma anche di questi in Tauroetica: nessuna traccia. Una decina di pagine dopo (pp. 38 – 39) Savater si diverte, dimostrando ancora una volta dubbie capacità filosofiche, a giocare con la parola ‘necessità’. Gli antispecisti, sostiene il filosofo dei toreri, sbagliano a sostenere che uccidere gli animali per l’umanità sia non necessario e innaturale, perché – in buona sostanza – il mondo è un grande ristorante e se sono necessarie le predazioni interne al mondo animale, lo saranno anche quelle di cui si rende artefice l’umano. A parte che qui Savater parla varie volte di volontà riferendosi agli animali, contraddicendo l’argomentazione che abbiamo discusso in precedenza, vale la pena sottolineare come continui il suo argomento sulla natura sostenendo che visto che gli animali da reddito, oramai sono frutto di selezioni genetiche umane, allora questi non hanno una loro natura e che anzi questa, se proprio va rintracciata, coincide con lo scopo per cui gli umani li hanno creati (argomento ripreso a p.101 e da cui deriva quello esposto alla fine di p. 111). Prima di tutto ‘necessario’, in filosofia, significa che un determinato stato di cose del mondo è così e non è mai possibile che non sia così. Tradotto in termini poveri, per Savater e toreri, sarebbe necessario per l’umano mangiare carne o vestirsi di animali solo e soltanto se la specie Homo Sapiens scomparisse privandosi di tale pratica. Attenzione: esistono molti mammiferi (come i gatti) carnivori obbligati, per cui l’argomento di Savater andrebbe benissimo. Ma l’umano, per sua natura, può mangiare tutto (è onnivoro) ma non deve mangiare tutto: la necessità di cui parla Savater è contingenza, e possiamo farne a meno senza problemi per noi, e con vantaggi per altri individui (gli animali non umani). In secondo luogo far coincidere la natura di un essere con lo scopo per cui viene creato è assurdo, imbarazzante, ed è quasi scortese sostenere una tesi di questo tipo. Pensiamo ad un padre (è noto il caso di Elisabeth da cui Paolo Sortino ha tratto il suo romanzo per Einaudi) che ‘alleva’ una figlia col solo scopo di violentarla e massacrarla di botte. Caro Savater: è quella natura di quella donna? Deve effettivamente subire stupri e nient’altro che stupri? Domande imbarazzanti, ovviamente, ma logica conseguenza degli argomenti di Savater che sostiene ancora (p. 51)  che bisogna salvare le specie in via d’estinzione per ragioni estetiche e non etiche, e che la caccia è uno sport nobile  (p. 52) perché senza di essa le campagne inglesi (lo dice davvero) perderebbero di fascino. Dulcis in fundo, il filosofo (p. 56), argomenta a favore dell’uccisione degli animali appellandosi al mistero dello “sfidare l’ordine del cosmo”, che poi bastava leggersi Girard e scoprire che il principio del sacrificio animale, purtroppo, ha come fondamento ben altro (la non vendetta degli animali sull’umano). Tauroetica, letto da un uomo ‘qualunque’ lascia perplessi, letto da un filosofo, imbarazza profondamente. Che il filosofo in questione, godendo della sua fama conquistata (meritatamente) in precedenza, possa dare alle stampe un saggio su argomenti di cui non sa palesemente nulla è molto triste, e ancor più triste è che a muovere questa invettiva filosofica siano motivazione legate al palato o al piacere estetico. Sostiene Savater che, in quanto attività su cui si è modellato l’umano, la corrida è cultura e che questa sia intoccabile. Anche i lager, secondo i nazisti, avevano funzione culturale ma, fortunatamente, anche la cultura – quando coincide con la violenza – può essere eliminata e diventare ricordo di debolezze e colpe umane di un (mai troppo) lontano passato. 

Ringrazio Leonardo Caffo per avermi concesso di pubblicare anche su questo spazio il suo brillante articolo.

venerdì 17 febbraio 2012

Festa del Gatto, Gatti Neri e Superstizione


Oggi è la festa del gatto. Lo si può amare o meno, quel che è oggettivamente inconfutabile è che si tratti di un animale meraviglioso.
Purtroppo i gatti, soprattutto quelli neri, sono stati perseguitati ed uccisi per secoli dalla chiesa in quanto ritenute creature demoniache. Il fatto è che gli stessi, i gatti, erano stati fatti precedentemente oggetto di culto e di vera e propria venerazione da molti popoli pagani e così la chiesa, per motivi di politica religiosa e di Fede, pensò bene di estirpare e combattere questa venerazione (così come ha sempre voluto estirpare tutto ciò che veniva ritenuto eretico).
La cosa triste è che ancor oggi ci sono persone che per una sciocca superstizione continuano a ritenere che il gatto nero porti male, specialmente quando in procinto di attraversare la strada.
So per certo di persone che tornano indietro dopo che un gatto nero ha attraversato loro la strada, che si fermano ed attendono il passaggio di altre macchine e di altre ancora che si spingerebbero ben oltre arrivando ad investire il gatto stesso pur di scongiurare il suo attraversamento della strada.
Pare che contro tali comportamenti superstiziosi nulla possa nemmeno il grado di istruzione ricevuta o il grado di intelligenza.
Tanto è vero che oggi si legge, su un articolo de Il Corriere della Sera, che persino l’attuale Presidente del Consiglio Professor Monti non sarebbe immune alla paura dei gatti neri: “Vuole sapere una cosa veramente ridicola - svelò Monti a una giornalista dell'Espresso qualche tempo fa-? Ho paura dei gatti neri che attraversano la strada. Specie se provengono da sinistra. Non me ne chieda la ragione, ma è così”.
Forse è bene ricordare che il Prof. Monti è cattolico. La spiegazione della sua paura dei gatti neri, quindi, per quanto egli asserisca di non essere in grado di fornirla, potrebbe risiedere proprio in questo; specifica infatti “specie se provengono da sinistra” e, come è noto, la sinistra è ritenuta dalla chiesa la mano del diavolo.
Voglio sperare che il Presidente del Consiglio non si lasci influenzare da simili credenze superstiziose anche quando deve prendere importanti decisioni di governo. 
Coglierei quindi l’occasione per spiegare cosa sia la superstizione e perché compiere atti superstiziosi sia solo una perdita di energie e tempo, nonché prova di grande ignoranza.
 "Quando una consuetudine, un'arte o una credenza è stabilmente entrata nel mondo, le influenze contrarie possono contrastarla a lungo così debolmente che essa può sopravvivere di generazione in generazione, come un corso d'acqua che, una volta formatosi nel suo letto, scorrerà per secoli. Questa è soltanto una permanenza della cultura e ciò che più sorprende è come mai mutamenti e rivoluzione dei fatti umani abbiano lasciato scorrere per così lungo tempo tanti di questi debolissimi rivoli. Nelle steppe tartare, sei secoli fa, sostare sulla soglia o toccare le corde entrando nella tenda era considerata offesa e sembra che ciò succeda ancora. Diciotto secoli fa Ovidio ricordava l'avversione diffusa tra la plebe romana per i matrimoni celebrati in maggio, avversione che egli spiega, non senza ragione, con il ricorrere in quel mese dei riti funebri dei Lemuralia (...).
L'opinione che i matrimoni celebrati in maggio siano sfortunati sopravvive al giorno d'oggi in Inghilterra, sorprendente esempio di come un'idea, il cui significato è scomparso attraverso gli anni possa continuare ad esistere per il solo fatto che è esistita. 
Ora, ci sono migliaia di casi di questo tipo, che sono diventati, per così dire, pietre miliari nel corso della cultura. Quando, nel processo di evoluzione temporale, è intervenuto un mutamento generale nelle condizioni di un popolo, è comune, ciononostante, trovare molti elementi che manifestamente non hanno avuto la loro origine nel nuovo stato di cose, ma che vi sono semplicemente rimasti in vita. Dalla forza di queste sopravvivenze è possibile dedurre che la civiltà dei popoli presso i quali esse sono osservate deve essere derivata da una condizione primordiale nella quale vanno ricercati l'origine e il significato propri di quelle sopravvivenze; tutta questa serie di fatti deve essere considerata documento di scienza storica.
(...) Il termine "superstizione", che nel suo significato originario designava proprio ciò che persiste dai tempi antichi, è atto ad esprimere il concetto di sopravvivenza.”.
Edward B. Tylor (1832-1917); tratto dal cap. III di Primitive Culture. Researches into the development of mythology, philosophy, religion, language, art, and custom; prima edizione 1871.

Da ciò si evince che la superstizione non sia altro che un residuo di pratiche di culture del passato e che solo quindi in un passato ormai arcaico potevano avere una loro ragione di essere.
In suddette culture - quando ancora il pensiero scientifico non si era sviluppato - era altresì facile avere un pensiero magico-irrazionale e fornire spiegazioni di tipo sovrannaturale ai vari fatti ed eventi di ordine naturale (come anche un terremoto, un temporale ecc.). Il Mito stesso nasce come tentativo di fornire una risposta alle tante domande che l’uomo si è posto dalle origini ad oggi.
Così ad esempio, sul pensiero magico:“Se analizziamo i principi di pensiero su cui si basa la magia, troveremo probabilmente che essi si risolvono in due; primo, che  il simile produce il simile o che l’effetto rassomiglia alla causa; secondo,  che  le cose che siano state una volta a contatto, continuano ad agire l’una sull’altra, a distanza, dopo che il contatto fisico sia cessato”.
 (James Frazer, Il Ramo d’Oro, studio sulla magia e la religione).
Sono questi quindi pensieri di culture arcaiche, del passato, ma che oggi persistono ancora, soprattutto a livello popolare (sebbene, com’è il caso del Prof. Monti, non solo tra il popolo non istruito).
Cosa fare per combatterli? Ovviamente prenderli per quello che sono, ossia per residui di credenze del passato che oggi non hanno più alcuna ragione di essere, fatto salvo ovviamente l’interesse per lo studioso di antropologia culturale o il semplice appassionato che ci tiene a conoscere e ad informarsi sull’origine di determinate pratiche.
Concludo mandando un bacio ed una carezzina a tutti i gatti di tutto il mondo, splendide creature che, proprio in questo momento, mi gironzolano accanto in cerca di coccole ed attenzioni (e di cui tre splendidi esemplari sono proprio neri).
Ebbene sì, sono una strega e non ve l’avevo mai detto. Ora lo sapete! :-D

(nella foto, di Giorgio Cara, l'elegante Ariel)