Pubblicato anche su Asinus Novus
Una sentenza emessa dalla V sezione penale della
Corte di Cassazione ha stabilito che qualificare una persona con termini che si
riferiscono ad animali (nello specifico, barbagianni, babbuino) ha “una
obiettiva valenza denigratoria in quanto, assimilando un essere umano ad un
animale, ne negano qualsiasi dignità in un processo di reificazione e di
assimilazione ad una 'res' comunemente ritenuta disgustosa o comunque di
disumanizzazione”. La notizia si legge qui.
Rilevo tristemente che per il Giudice in questione gli
animali sono dunque una “res”, vale a dire, una “cosa”, come il termine latino
indica; rilevo altresì come il suddetto si sia in sostanza dimenticato che
l’essere umano, individuo appartenente alla specie Homo Sapiens, è, egli
stesso, un animale. Dunque perché mai dovrebbe essere offensivo assimilare un
essere umano ad altri animali, se egli stesso appartiene alla sfera animale?
E perché mai assimilare un essere umano ad un
animale dovrebbe racchiudere un processo di reificazione (quindi di riduzione a
cosa, ad oggetto) se l’animale è appunto, come le scienze naturali ci
insegnano, un animale e non una cosa? Forse perché evidentemente alcuni animali cosiddetti da reddito (ma non è
il caso comunque del barbagianni, né del babbuino) vengono
effettivamente considerati cose nel nostro ordinamento
giuridico? Ammettiamo pure che giuridicamente il Giudice abbia ragione
(ma solo giuridicamente!) non si comprende però perché questi animali/cose debbano essere definiti anche disgustosi, ma tant'è.
Restiamo con i piedi per terra e valutiamo la
nostra realtà sociale e culturale per quello che è, ossia prendiamo atto del
fatto che purtroppo nella nostra cultura antropocentrica e specista gli animali
non umani sono, nella stragrande
maggioranza dei casi, di fatto esclusi dalla considerazione morale; sono dei
non aventi diritto e considerati solo in virtù dell’uso strumentale che di essi
possiamo fare: risorse rinnovabili, cibo, vestiti, accessori, modelli per la
sperimentazione animale, schiavi, macchine per produrre latte, uova ed altro
ancora; poco più di oggetti, in effetti, e non solo nell'ordinamento giuridico; da sempre relegati nella sfera
dell’irrazionalità e degli istinti più brutali, di contro ad una presunta
superiorità tutta umana che sola accede al dominio della ragione.
Ma se c’è qualcuno che è stato veramente privato
della propria dignità non è questi proprio l’animale non umano? Chi ha ridotto
a cosa i membri delle altre specie per fare gli esclusivi interessi della
propria in virtù di una loro arbitraria esclusione dalla sfera morale atta a
legittimare e giustificare quella prassi di sfruttamento che si è andata
consolidando nei secoli grazie al dominio e alla sopraffazione e che si avvale
del costante uso della forza per umiliare, abbrutire, sterminare migliaia di
altri esseri senzienti dotati del medesimo valore inerente della vita quanto
noi?
La sentenza in questione si dimostra quindi a mio
avviso del tutto inadeguata agli obiettivi di un paese che intende perseguire
il proprio progresso morale e civile perché non fa che confermare e ribadire
proprio quegli assunti specisti dai quali è necessario liberarsi per
intraprendere un percorso veramente
inclusivo dei diritti di tutti gli esseri senzienti che ponga fine una volta
per tutte all’indegno – questo sì davvero indegno! – sfruttamento e sterminio
sistematico di migliaia di esseri senzienti. Certamente, mi si fa notare, non
spetta al Giudice farsi promotore di un siffatto progresso etico, eppure non
penso di dire stupidaggini immaginando che il progresso di una società e la
sensibilità comune possano cambiare, in meglio o in peggio, anche in seguito a
sentenze giuridiche rivoluzionarie ed innovative rispetto al sentire comune.
Vero è che le leggi sono spesso il risultato di richieste e rivoluzioni di
pensiero nate dal basso, spesso ottenute dopo accesi dibattiti che hanno visto
il coinvolgimento della comunità tutta e non di rado dopo aver comportato un
ingente costo di vite spese in guerre e battaglie – così è stato per l’abolizione della pena di morte e della
schiavitù ad esempio, per l’estensione del diritto al voto alla donne, per il
divorzio ecc. – ma altrettanto spesso avviene il contrario, ossia è la
lungimiranza di una sentenza particolarmente illuminata – ed illuminante – ad
aprire un dibattito e a sensibilizzare su determinate questioni.
Cito qui, a memoria, il famoso caso dell’Amistad (da
cui Steven Spielberg ha tratto l’omonimo film), la nave spagnola che
trasportava illegalmente schiavi, ammassati e trattati al pari di merce e che
nel 1839, durante un tragitto, fu fatta oggetto di ammutinamento proprio ad
opera di uno schiavo che ha incitato e diretto i propri compagni a ribellarsi e
quindi a liberarsi. Ri-catturati e sottoposti a giudizio, dopo varie peripezie
e processi, furono infine assolti e dichiarati uomini liberi. Questa sentenza,
che animò ancor più il già vivace dibattito pubblico sulla questione
dell’abolizionismo (poi si arrivò alla guerra civile), di fatto costituì un
precedente innovativo e decisamente rivoluzionario capace di scuotere sin nelle
fondamenta i pregiudizi razziali ancora all’epoca fortemente radicati,
soprattutto negli stati del sud, contribuendo così a creare il cambiamento e ad
avviare quel progresso morale universale che ha poi condotto all’acquisizione
dei diritti di tutti gli esseri umani.
Sono sicuramente troppo idealista se ho osato
sperare che un Giudice particolarmente illuminato potesse emettere una sentenza
in grado di validificare la dignità delle altre specie animali scalfendo ed
intaccando alla radice il pregiudizio morale che nell’opinione comune ci porta
a giudicarli inferiori e ci fa sentire offesi qualora ad essi paragonati,
eppure non posso non pensare ad un progresso civile e morale che non sia in
direzione del traguardo antispecista.
Aggiungo, come ultima cosa, che in difetto di
sentenze particolarmente innovative in tal senso, starà a noi cercare di effettuare
quel cambiamento sociale e culturale che ci porti a rifiutare la
discriminazione di altri individui senzienti sol perché appartenenti ad altre
specie, e potremmo farlo cominciando a smettere di usare appellativi animali
con palese intento dispregiativo, contribuendo a scardinare l’associazione
animale=inferiore e, quando invece rivolti a noi da altre persone, dovremmo
mostrare di non sentirci offesi perché, se veramente siamo antispecisti, verso
l’individuo appartenente ad altra specie dovremmo provare solo e nient’altro
che curiosità e meraviglia – aprendoci a lui con accoglimento ed empatia - non già disgusto o riprovazione.