mercoledì 16 novembre 2011

Valhalla Rising di Nicolas Winding Refn

Sull’onda del successo di Drive, ho voluto guardare questo film del medesimo regista, uscito nel 2009.  In genere non scrivo dei film che non mi piacciono, le cosiddette recensioni negative che stroncano il lavoro altrui in poche parole non fanno per me. Per natura amo parlare di ciò che mi appassiona e non di quello che mi lascia indifferente; la critica o il biasimo da parte mia generalmente scatta per qualcosa che mi sta molto a cuore (es. la cultura dello sfruttamento animale), il resto preferisco ignorarlo.
Stavolta però farò un’eccezione perché Nicolas Winding Refn è già diventato un regista di culto e ovunque mi giri non faccio che leggere giudizi esaltanti i suoi lavori.
Se Drive è davvero un ottimo film, un quasi capolavoro, sostenuto da un’apoteosi registica e dall’emanazione di una forza tutta interna alle immagini capaci di rendersi significanti senza che il tutto risulti menomato da una sceneggiatura fin troppo semplicistica, in Valhalla Rising invece si capisce benissimo che il regista aveva tentato lo stesso procedimento, fallendo però miseramente; qui Nicolas Winding Refn ha la presunzione di realizzare una narrazione mitologica lavorando per sottrazione sui caratteri - a ricoprire funzioni archetipiche e non già la mera rappresentazione di un ruolo - e sulle immagini di un’ambientazione naturale che ha dovuto sopportare il peso di una fin troppo eccessiva sofisticazione (nel senso di ritocchi al computer in post-production) per rendersi suggestivamente atemporale.
Le riprese lente, gli estenuanti e ripetitivi quadri dei volti in primo piano posizionati sulla destra (o a sinistra) dello schermo, quasi ad uscir fuori dai margini, in contrasto con la parte sinistra (o destra) in cui una natura bellissima, ma selvaggia sembra voler farsi strada nello schermo, a poco servono se non ad esemplificare in maniera fin troppo coatta il dominio di forze incontrastate di cui lo stesso protagonista - One Eye - si fa portavoce.
Non bastano riprese di sofisticata bellezza e scenari ripresi dall’immaginario classico a restituire tutta la forza del Mito che si congiunge con la Storia. Il lungo viaggio sulla barca dei Vichinghi cristiani, in mezzo ad una nebbia densa e che rende la realtà inintelligibile, rimanda in maniera fin troppo scoperta al simbolo cristologico de La Ballata del Vecchio Marinaio di Coleridge, ove al sacrificio dell’albatross si andrà a sostituire quello cui assisteremo nel finale.
La vicenda narrata ha un significato, sì, ma rimane l’impressione ineludibile che il grande dispiego di mezzi - al servizio di un progetto comunque di enorme ambizione e pretenziosità - si sia rivelato per essere ricco nella forma, ma ben povero nella sostanza.     
Scene inutilmente violente, di una violenza che anziché rimandare ad ingovernabili forze ancestrali sanno tanto di omaggi ad un certo cinema di tarantiniana memoria.
Anche in Valhalla Rising è tutto superficie, come in Drive, solo che mentre in quest’ultimo riesce ad emergere la forza sotterranea delle funzioni archetipiche cui i personaggi si piegano, nel precedente lavoro del regista danese tutto sembra sommariamente rimanere a livello di intenzione registica senza che le immagini riescano a prendere quel corpo e quella consistenza vitali per trasformarla in un’opera significativa. Un'ottima descrizione che però non ce la fa a diventare narrazione, priva di uno specifico quid.
In sostanza, un’operazione virtuosistica e nulla più, riscattabile solo nell’ottica di un esercizio in funzione del riuscito successivo Drive.
  

2 commenti:

Caden Cotard ha detto...

Auguri Bianca!!

Guarda, non posso controbattere in nulla la tua recensione. E' talmente ben scritta e competente che tentare di confutarla è pressochè impossibile, anche perchè in ogni singolo rigo, in ogni osservazione, pur non essendo d'accordo mi pare invece di esserlo...

Grande la citazione di Coleridge, complimenti!

P.S: e complimenti anche per tutti gli altri tuoi post che ho letto a spezzoni ma non per la tua ormai mitica e spettacolare lunghezza, ma perchè più li leggevo più mi facevano star male.
Come un vigliacco ho preferito abbandonare la lettura e in un modo che sa di ipocrisia lontano un miglio (perchè, purtroppo, a certe abitudini ho paura non saprò mai rinunciare) ti dò ragione e ti stimo per tutto. Spero che tu non me ne voglia.
Ancora auguri.

Rita ha detto...

Oh Dae-Soo, perché mai dovrei volertene? ;-)
I miei post mirano proprio a questo, ad instillare un pensiero, una riflessione. Tante gente ci prende e vede nella maniera sbagliati a noi animalisti, come se odiassimo tutto il mondo, come se volessimo imporre le nostre idee.
Noi vogliamo soltanto raccontare la realtà dei fatti, quello che accade, alzare - come dico sempre io - quel velo di Maya che per secoli ci ha ottenebrato la mente e ci ha impedito di vedere cosa si nasconde dietro la fettina di carne ed altro.
Non dire che a certe abitudini - e fai bene a definirle abitudini, perché di questo si tratta - non saprai rinunciare: basta volerlo.
Per volerlo bisogna sforzarsi di vedere gli animali come esseri viventi con loro desideri e volontà e diritti di esprimere la loro essenza di specie (che sia più o meno complessa della nostra, non conta, è sempre una vita) e smettere di considerarli - come la cultura in cui siamo immersi ci ha abituato sin da piccoli - come cibo.
Non accade dal giorno alla notte, per tante persone questa presa di coscienza comporta un percorso di anni, per altri non avverrà mai, ma vale la pena di provarci perché, credimi Oh Dae-soo, smettere di mangiare gli animali non è una rinuncia, ma una conquista bellissima.
Se puoi evita almeno tutte quelle occasioni cosiddette di "svago" che invece nascondono privazione della libertà e sofferenza degli animali quali: circhi, zoo, acquari, palii, e simili.
Gli animali non si divertono. E per addomesticarli e costringerli ad eseguire dei numeri li sottomettono con l'uso della violenza, del dolore e della privazione del cibo (così che loro capiscano che è l'uomo che comanda e per non farsi bastonare o per avere il cibo fanno qualsiasi cosa).
Un saluto e grazie per avermi letta. :-)