“La libertà di scelta è un diritto. L’integralismo un pericolo.”
In altre parole: al peggio non c’è mai fine.
Per il post precedente mi sono basata sulla pagina di Amica che girava online, e non avendo la copia cartacea sotto mano (abbiate pazienza, io non compro riviste di moda, gossip e simili) non ero a conoscenza del fatto che oltre all’intervista ad Irina Shayk, l’articolo contenesse anche un ulteriore approfondimento, con tanto di intervento di tale Rosa Matteucci, scrittrice (ammetto di non averla mai sentita nominare, magari sarà anche una bravissima scrittrice, ma state pur certi che in casa mia non entrerà mai nessuna copia di un suo libro), in difesa del “diritto” di indossare una pelliccia.
La Lav ha scritto una lettera di protesta (che trovate qui), andando a leggere la quale sono venuta a conoscenza dell’intero articolo di Amica, che invece trovate qui (ed anche seguendo il link interno alla lettera della Lav).
Sinceramente, mi sento un tantino a disagio nel commentare le esternazioni di Rosa Matteucci; a disagio perché che cosa si può rispondere a simili affermazioni che - oltre a denotare una totale ottusità ed incapacità di argomentare seriamente - rilevano anche una profonda e malcelata ignoranza?: “le donne sono per istinto attratte dal lusso e dal piacere del contatto fisico con le pellicce”.
Dice costei. Le donne. Innanzitutto generalizzando: le donne= tutte le donne.
E le donne sono tutte così, e gli uomini sono tutti colà, niente di più di una conversazione da bar, dunque, altro che dibattitto.
Ragazzi, Rosa Matteucci ha la pretesa di darci una lezione di antropologia: “le donne sono per istinto attratte dal lusso e dal piacere del contatto fisico con le pellicce”.
Anche dal sangue e dalla violenza, sono attratte le donne? No, perché, le pelli, prima di essere conciate, sono sporche di sangue. Sarebbe questo il lusso? Vogliamo scommettere che mai nessuna donna si sognerebbe di indossare la pelle di un animale appena scuoiato, così com’è, tutta sporca di sangue, prima di essere trattata? Non sarebbe allora meglio dire che le donne, anziché essere attratte dal lusso ecc., sono in realtà vittime di un discorso culturale diffuso attraverso i media, nello specifico le riviste di moda, volto ad incentivare un determinato commercio? E’ l’industria della moda - ed il sistema consumistico intero in cui siamo immersi - che decreta il desiderio di possedere un oggetto anziché un altro.
Il desiderio per le pellicce è un desiderio indotto, che ha radici culturali - culturali signora Matteucci, e non istintuali - ormai di vecchia data, quindi se proprio si volesse tentare una lezioncina di antropologia, sarebbe stato più corretto parlare di antropologia culturale, lasciando da parte un presunto istinto atavico o una legge della natura.
La pelliccia, così come tanti altri oggetti costosi (auto, gioielli, prodotti di marca), è stata in passato uno status symbol (oggi purtroppo i prezzi sono più abbordabili per via della produzione di massa e quindi non è necessario essere ricchi per poterla comprare), appunto, come dice la parola stessa, un simbolo indicatore di ricchezza. Ci sarebbe un discorso - ripeto, di ordine culturale - approfondito e lunghissimo da fare, su come un oggetto diviene status symbol, quando e perché (l’epoca storica ed i motivi sono fondamentali) - anche il consumo di carne ad esempio in passato è stato legato ad un concetto di benessere, di ricchezza (Jeremy Rifkin lo spiega benissimo in Ecocidio) - qui basti dire che se domani tutti gli stilisti si mettessero d’accordo nell’abolire la produzione di pellicce (magari!) e se indossarne una venisse, col tempo, considerato “fuori moda”, quel “piacere istintivo” di cui parla Rosa Matteucci verrebbe a cadere, per essere in fretta sostituito da altro. E della pelliccia nessuno si ricorderebbe più. Parliamo di desideri indotti da mere ragioni economiche, quindi.
La moda è sovrastruttura culturale. Non nasce da una necessità istintuale.
Le damine del settecento adoravano indossare pizzi e merletti, gonne ampie, corsetti stretti fino togliere il respiro, parrucche. Perché quella era la moda dell’epoca. E quello credevano di desiderare.
Oggi si desiderano i leggins, i jeans, e, quest’anno, rilanciata dagli stilisti, è tornata in auge la moda delle pellicce. Non un desiderio quindi, ma un semplice seguire ed ascoltare i diktat del business della moda.
Quanto poi all’altra asserzione: “da sempre siamo onnivori, e per questo anche carnivori” anche qui la signora dimostra una profonda ignoranza. Essere onnivori non vuol dire, automaticamente, essere anche carnivori. I primati (gorilla, scimpanzé ecc.) sono onnivori e NON per questo anche carnivori.
Essere onnivori non significa che siamo obbligati a mangiare di tutto, significa semmai che potremmo farlo. Ma allora potremmo anche mangiarci l’un l’altro. Però non lo facciamo. Per determinate motivazioni etiche. Guarda un po’! Pensa un po’!
Tra il poter fare una cosa e lo scegliere di farla c’è una bella differenza. Semplicissima. Io posso uccidere, perché è nelle mie capacità di poterlo fare. Però scelgo di NON farlo.
Onnivori, cara signora, significa semplicemente, quindi, che possiamo scegliere. Non che siamo per questo obbligati a mangiare anche la carne. E poi anche qui ci sarebbe da riportare tutto un discorso di natura scientifica ed antropologica, per cui è dimostrato ormai da decenni che la nostra dentatura, stomaco ecc. sono molto, ma molto lontani dall’essere accomunati a quelli dei predatori. Abbiamo forse mascelle e denti acuminati come quelli di una tigre? O non siamo forse molti più simili ad uno scimpanzé, che carnivoro non è? E comunque, torno a ripetere la stessa cosa che ho scritto a proposito della motivazione addotta dalla modella Irina Shayk per indossare le pellicce, ossia il freddo: siamo nel ventunesimo secolo. Non viviamo più in uno stato di natura da secoli, ormai. Possiamo coprirci con tessuti sintetici ed abbiamo a disposizione fin troppo cibo di origine non animale. Le motivazioni che hanno indotto l’uomo, durante la sua evoluzione, a diventare cacciatore e carnivoro sono di origine ancora culturale e legate alla necessità di adattamento e sopravvivenza in territori in cui - all’epoca - era impossibile coltivare (e anche di questo c’è tanta letteratura in materia, in particolare, ancora nel suddetto saggio di Jeremy Rifkin dal titolo Ecocidio potrete trovare un’esauriente spiegazione, ad esempio, di come e quando sia stata introdotta in Europa la pratica di cacciare e mangiare animali e di come, in epoca decisamente più moderna, il consumo di carne rossa sia diventato una sorta di status symbol, anch’esso, negli Stati Uniti).
Rosa Matteucci ha scomodato persino Dickens e Leopardi, strumentalizzando particolari e passaggi delle loro opere nel tentativo di rispolverare le ormai trite, ritrite e ridicole ragioni di chi vuole smontare le istanze degli antispecisti (peraltro, senza riuscirci, visto che a sostegno e alla base di queste obiezioni ci sono soltanto luoghi comuni, di quelli che al massimo mi aspetterei di sentire al bar), appellandosi alle leggi della Natura e ad usi e costumi vecchi di secoli (o comunque oramai definiti incivili).
Certo che la natura è crudele e che le piante si soffocano l’una con l’altra, e che gli orzi grizzly non si farebbero tanti scrupoli nell’aggredire un essere umano (peccato che però sia difficile incontrare un orso grizzly dietro casa), ma noi non siamo la cosiddetta specie evoluta che ha decretato il trionfo della ragione sull’irrazionale e sulla brutalità del puro istinto?
E smettiamola una volta per tutte di appellarci alla natura solo quando ci fa comodo per legittimare i nostri abusi e difendere i nostri privilegi e di far invece ricorso alla ragione, alla legge, all’etica e alla morale in tutt'altre situazioni.
Questa è disonestà intellettuale.
Insomma, siamo pronti a stigmatizzare la violenza, tranne però quando si tratta di quella contro gli animali, per la quale si finisce sempre per trovare qualche giustificazione, ora facendo appello all’istinto, ora tornando ad invocare un presunto stato di natura (in cui non viviamo più da secoli, ossia da quando abbiamo fondato le cosiddette norme del vivere civile, dicesi anche, semplicemente, civiltà).
Per finire: “la libertà di scelta è un diritto: l’integralismo un pericolo”.
Scusate ma mi viene da ridere.
Di quale libertà di scelta stiamo parlando, signora Rosa Matteucci? Di quella di massacrare milioni di esseri viventi per poterne indossare la pelle? Stiamo parlando della libertà di scelta di esercitare VIOLENZA? Ecco, per favore, chiamiamo le cose con il loro nome.
La signora Rosa Matteucci sta invocando la libertà di scelta di allevare milioni di animali in condizioni mostruose, di poterli uccidere con metodi raccappriccianti per poi scuoiarli - spesse volte quando sono ancora vivi - al fine di esercitare il “diritto” di indossare le pellicce. Animali che soffrono, provano dolore, fisico e psicologico (come qualsiasi medico veterinario, etologo, biologo è in grado di spiegarci e provarci scientificamente, visto mai non bastasse l’evidenza).
Mi spiace signora Rosa Matteucci, ma il diritto alla libertà di scelta cui lei si appella ed invoca, è scandalosamente quello di poter continuare a massacrare milioni di esseri viventi. E se parliamo di libertà, per favore, pensiamo piuttosto a liberare gli animali, anziché a tenerli imprigionati invocando un nostro presunto “diritto” (chiamasi altresì specismo, ossia considerare la specie umana superiore a quella di tutte le altre ed in nome di questa superiorità sentirsi liberi di sopraffare, strumentalizzare, schiavizzare, massacrare miliardi di esseri viventi).
Chi non rispetta la vita altrui, inoltre, non può pretendere di parlare di diritti.
O dovrei dire che allora si dovrebbero rispettare i diritti dei pedofili ad abusare dei bambini semplicemente perchè dovremmo tenere in considerazione qualsiasi diritto? Attenzione a parlare di diritti, perché questi dovrebbero divenire tali solo quando non sono lesivi della libertà o vita altrui.
Come mai il discorso cambia quando parliamo di esseri umani? Come mai invece i diritti degli animali a vivere la loro vita non vengono mai tenuti in considerazione?
Come mai il discorso cambia quando parliamo di esseri umani? Come mai invece i diritti degli animali a vivere la loro vita non vengono mai tenuti in considerazione?
E di quale integralismo stiamo parlando poi? Noi antispecisti che sosteniamo le ragioni di chi da solo non si può difendere, che rifiutiamo la violenza, la morte, che agiamo in nome del rispetto della vita, di ogni vita, saremmo integralisti?
Quando in ballo ci sono questioni tanto importanti, quali il decretare attraverso le nostre scelte il diritto a vivere di tanti esseri viventi o, al contrario, la loro morte, come si può non avere le idee più che chiare e non essere più che fermi nelle proprie posizioni?
Come si può pretendere di essere "elastici" su un argomento così importante?
Quando in ballo ci sono questioni tanto importanti, quali il decretare attraverso le nostre scelte il diritto a vivere di tanti esseri viventi o, al contrario, la loro morte, come si può non avere le idee più che chiare e non essere più che fermi nelle proprie posizioni?
Come si può pretendere di essere "elastici" su un argomento così importante?
A questioni tanto importanti non si può che rispondere con scelte precise e ben definite. Altro che estreme.
Vi sognereste mai di chiamare “estremisti” coloro che si sono battuti per abolire la schiavità ed il Nazismo?
Gli antispecisti si battono per liberare gli animali dalla schiavitù umana e da tutti i lager che sono gli allevamenti. Siamo estremisti per questo?
Ed a proposito di disonestà intellettuale, questa volta tutta della rivista Amica: curioso come la direttrice Cristina Lucchini abbia risposto asserendo che con quell’articolo (comprensivo della parte scritta da Rosa Matteucci) si voleva aprire un dibattito, e si siano concesse due pagine intere a chi sostiene e legittima la produzione delle pellicce, in aggiunta all’intervista di Irina Skayk, mentre in difesa degli animali e per sostenere le ragioni degli antispecisti sia stata concessa soltanto una misera, minuscola colonnetta in cui viene riportata una frase di Elisabetta Canalis, la quale - contraria alle pellicce - si è spogliata per la campagna della Peta.
Pensa un po’ che contraddittorio! Perché non concedere spazio invece, che so, alla Lav o comunque ad una persona in grado di spendere più di una riga in difesa degli animali?
In una piccola colonnina a destra dell’articolo di due pagine di Rosa Matteucci, possiamo leggere: “Noi invece no”, e quindi è riportata questa brevissima dichiarazione di Elisabetta Canalis.
Manca quindi un vero articolo in cui si spiegano le ragioni degli animalisti. Manca un vero contraddittorio. E che dibattito sarebbe allora? Un dibattito unilaterale?
Ecco perché parlo di disonestà intellettuale.
E, lo ribadisco, come ho già scritto nel post precedente, del resto Amica è una rivista di moda legata al business della moda, quindi in realtà, strumentalizzando la buona fede dei lettori asserendo di voler aprire un dibattito, non fa altro che promuovere ed incentivare la vendita ed il consumo delle pellicce.
Ho voluto insistere sull’articolo di Amica non solo perché l’ho trovato ignobilmente di parte, ma anche per aiutarvi a decodificare i messaggi dei media. Affinché possiate distinguere tra articoli volti soltanto a vendere un prodotto, ad incentivare un determinato business ed a sostenere motivazioni eslcusivamente economiche e tra altri invece seri, in cui c’è un’onesta e sana volontà di approfondire un argomento, di comprendere, di esercitare il senso critico, di mettere in discussione noi stessi e la realtà che ci circonda. Per imparare ed evolverci.