Ho parlato spesso di diritti degli animali, e non per opposizione rispetto a quelli umani, ma come estensione di questi ultimi, partendo dall’assunzione di un principio antispecista. Ho già spiegato qui cosa si intenda per antispecismo e quindi non mi dilungherò ulteriormente. In altri post ho anche già risposto ad una delle principali obiezioni che mi vengono spesso rivolte quando mi capita di esprimermi a favore degli animali, obiezione secondo la quale, prima di pensare agli animali, ci sono problemi molto più importanti da affrontare, tipo quello dei bambini che muoiono di fame, della povertà, delle guerre (e così via con un elenco generico di tutti i mali che affliggono il mondo); voglio ribadire ancora una volta la mia posizione: il mio impegno a favore dei diritti animali NON va in alcuna maniera a discapito di quello verso le altre specie, anzi, ne è semmai una logica estensione, ritenendo inviolabili e dotate del medesimo valore inerente tutte le specie viventi ed attribuendo loro il medesimo diritto a vivere nel pieno rispetto e dignità.
Se finora ho speso così tante parole a favore degli animali e troppe poche per gli esseri umani è perché di fatto gli animali sono la specie più discriminata e sfruttata sulla faccia della terra (qualche eccezione viene fatta per i cosiddetti animali d’affezione ma non in tutti i paesi del mondo), e perché sono ancora considerati semplicemente degli oggetti - risorse rinnovabili - messi a disposizione per il nostro uso e consumo. Mi sembra che la strada da percorrere verso l’acquisizione dei diritti dei nostri fratelli animali sia ancora lunga e tortuosa e per questo insisto tanto a parlarne, dando così, a torto, l’impressione che degli esseri umani mi importi di meno. Non è così invece.
E’ che, semplicemente, considero scontata l’attribuzione dei diritti a tutti gli esseri umani, o meglio, so benissimo che in tante parti del mondo esistono gravissimi ed ignobili episodi di sfruttamento umano e che molti paesi di fatto non hanno ancora acquisito uno status di legge che estende a tutti gli esseri umani i loro diritti, in primis quello alla vita, ma so anche che nella visione occidentale questa mancata attribuzione viene comunque sempre stigmatizzata e condannata sotto il profilo etico. So anche che, purtroppo, le “necessità” economiche del nostro sistema capitalistico legittimano la sperequazione sociale e contribuiscono ad ampliare sempre di più il divario tra paesi poveri e paesi ricchi, o tra singolo individuo povero e singolo individuo ricco appartenente ad entrambi i paesi, e che, proprio in virtù di queste “necessità”, si tende a scavalcare qualsiasi principio etico.
Tuttavia esiste una fondamentale distinzione tra il comprendere determinate necessità implicite al sistema in cui viviamo e il doverle poi giustificare. Ed ho sempre pensato che tenere bene a mente questa distinzione faccia la differenza tra il mantenere ancora vivo un discorso di tipo etico e tra il suo annullamento definitivo.
Faccio un esempio: io comprendo che per adeguarsi alla concorrenza economica di un paese come la Cina - paese in cui i diritti umani sono denegati - si tengano bassi gli stipendi degli operai anche qui da noi, lo comprendo con il medesimo senso logico con cui comprendo che due più due fa quattro, ma questo NON significa affatto che io lo giustifichi. Un conto è capire una posizione, ossia prenderne atto infatti, un altro è accettarla e condividerla.
Per lo stesso motivo, io comprendo che possano ancora esistere paesi in cui i principali diritti umani - quali quello alla vita e alla libertà individuale - non vengano rispettati, ma NON li giustifico.
E mi sono sempre sentita in buona compagnia, per quanto riguarda questo discorso. Ossia, almeno qui nel nostro paese, facente parte di un occidente cosiddetto democratico, mi sembra che i diritti umani non siano mai stati messi in discussione (se non da qualche gruppo o individuo estremista o da menti poco evolute) e che qualsiasi discorso votato alla soppressione di questi elementari diritti umani sia sempre stato stigmatizzato.
Da qualche giorno però scorgo segnali preoccupanti, diffusi e propagandati in maniera subdola ma efficace dai mass media (quotidiani cartacei ed on line, mi dicono anche la tv, che però, come ho già detto in passato, io non guardo).
A me sembra che sia iniziato un processo - spero non irreversibile - di messa in discussione dei più importanti diritti umani.
Come tutti avrete letto i giornali hanno riportato la notizia dell’uccisione di Osama Bin Laden.
E qui mi viene da ridere perché davvero non sussiste nessuna prova certa di questo evento, né di quando sia avvenuto (magari già dieci anni fa), né della sua compromissione negli attentati noti a tutti (alle torri gemelle, Londra, Madrid), né delle sue implicazioni con il terrorismo ecc..
Il terrorismo esiste. Ma, per come la vedo io, non è quello scaturito dagli attacchi alle torri gemelle dell’11 settembre 2001, ma quello messo poi efficacemente in atto dal governo degli Stati Uniti per poter espletare i suoi sporchi giochi di potere tesi alla conquista totale della via del petrolio che passa in Iraq, Afghanistan e altri territori del Medio Oriente.
Osama Bin Laden, prima di essere un individuo in carne ed ossa effettivamente pericoloso è diventato, per gli Stati Uniti ed i paesi alleati in affari con i detti, un capro espiatorio utile per giustificare ed estendere una chiara precisa politica di conquista motivata da meri interessi economici.
Ora, premesso questo, ciò di cui vorrei parlare, non è del fatto in sé, ossia della presunta uccisione di Bin Laden, motivata o meno, né del terrorismo e di chi lo gestisca, ma del pericoloso messaggio che i media stanno facendo passare sulla base di questa notizia.
In poche parole: ché quando un fatto è grave è meglio darlo nella maniera più semplice, diretta, e sintetica possibile:
1) un presunto (e, per quanto scritto sopra, sarebbe tutto da accertare) nemico dell’Occidente - Occidente, per inciso, sempre sottolineato come democratico e libero - viene ucciso senza essere sottoposto ad alcun processo.
2) Questo omicidio (ché uccidere un essere umano - buono o cattivo che sia - sempre un delitto e privazione di quello che è un suo diritto inalienabile, ossia la vita, è) è stato annunciato con parole di giubilo, gioia, felicità suprema, e, soprattutto, SOPRATTUTTO, è stato accostato al termine GIUSTIZIA. Di più: si è parlato di VENDETTA, accostata ed assimilata al termine GIUSTIZIA.
Quindi, con queste parole, si sono scavalcati totalmente quelli che sono i principi del moderno Stato di Diritto.
Il fatto, a mio avviso gravissimo, è che tantissime persone - manipolate dalle parole della stampa - hanno introiettato, inconsciamente, questa nuova terminologia, senza rendersi minimamente conto di quello che una simile deduzione comporti.
Com’è possibile che nell’opinione pubblica sia considerato nuovamente legittimo uccidere un essere umano senza essere processato? Com’è possibile che la parola VENDETTA possa essere accostata a quella di GIUSTIZIA?
Ed io che credevo che fossimo in uno Stato moderno di Diritto, in cui nessuno può dirsi colpevole prima di essere processato e giudicato di fronte ad una Corte.
Nessun giornale, nessun giornalista si è astenuto da commenti di esultanza per l’uccisione di Bin Laden. Tutti, tutti, a dire che se lo è meritato, che è stato giusto così, che un mostro come lui era giusto che finisse assassinato.
Ripeto e ribadisco, io non credo nemmeno che sia stato di fatto ucciso veramente Bin Laden, ma NON è questo il punto, il punto è che TUTTA la stampa - e l’opinione comune dietro - ha esultato per questo atto di vendetta che, come tale, si pone al di fuori di qualsiasi Stato di Diritto.
Ma non è finita.
Da ieri leggo cose ancora più allarmanti. Dunque, riassumendo: 1) giustizia è stata fatta, l’uomo più pericoloso di tutti i tempi (ora avrebbe superato addirittura Hitler) ed il pericolo massimo per la democrazia dell’occidente (non ci si dimentica mai di affiancare il termine democrazia a quello di occidente, perché si sa, i termini hanno una loro importanza nel comunicare e diffondere concetti ed idee e soprattutto nel plasmare e definire, o ridefinire quando serve, la cultura che ci circonda) è stato finalmente ucciso; 2) tutti a festeggiare, un sentimento di giubilo diffuso con l’altoparlante ai quattro venti, ché tutti possano partecipare di questo lieto evento.
Ed ora il punto 3.
3) Tutto questo, questa grande lieta notizia non sarebbe mai potuta essere annunciata - quindi Bin Laden sarebbe ancora vivo e rappresenterebbe ancora il pericolo massimo per l’occidente - se non ci fosse stato il contributo dei detenuti di Guantanamo, le cui soffiate e confessioni, sono state fondamentali per l’identificazione del luogo in cui era nascosto Bin Laden e per la sua successiva eliminazione.
Cosa leggo? Guantanamo.
Bene. Non serve che vi dica cosa sia Guantanamo, no? Non serve che vi ricordi le promesse del Presidente Obama di smantellare questo carcere di massima sicurezza in cui esseri umani - anche minorenni - catturati con l’accusa di essere coinvolti in atti terroristici, senza le minime prove, vengono sottoposti a torture psicologiche e fisiche e quindi, trattenuti, costretti e privati della loro libertà nell’assoluta assenza di quelli che sono i principali diritti umani. Non serve ricordare le immagini - che fecero a suo tempo il giro del web - di come sono stati ridicolizzati, brutalizzati, picchiati, torturati questi esseri umani, vero? Ve le ricorderete tutti immagino. Bene, Guantanamo non è un ricordo però, Guantanamo esiste ancora, sta ancora lì. Oggi leggo persino che - proprio perché i detenuti di Guantanamo sono stati fondamentali per la cattura di Bin Laden (detenuti che avrebbero parlato dopo essere stati sottoposti a tortura!), allora è quanto mai necessario che una simile struttura resti in piedi.
Obama - io me lo ricordo bene - prima di essere eletto disse che Guantanamo rappresentava una vergogna per tutto il mondo. E che l’avrebbe smantellato, chiuso. E che i detenuti sarebbero stati sottoposti a un regolare processo.
Non solo Guantanamo è ancora in piedi, ma ora leggo su quasi tutti i giornali e quotidiani che è stato FONDAMENTALE per la cattura ed uccisione di Bin Laden. Leggo che sì, le torture sono una cosa terribile, ma quando sono necessarie - e se servono ad uccidere il principale nemico dell’Occidente, allora servono davvero - allora è giusto ricorrervi.
Io non ho più parole. Davvero.
In questi giorni la stampa ha, in poche parole, legittimato le torture (alcune ben spiegate nel procedimento, come il waterboarding), se finalizzate a catturare un pericoloso criminale. E chi legge e delega la propria coscienza critica a quel che riportano i quotidiani risponde, come un' eco: “sììì, sììì, è giusto così, a morte Bin Laden, è giusto che sia morto, sìì, sìì, è giusto torturare se serve a far catturare i mostri, Guantanamo è stata utile, Guantanamo quindi serve, luoghi come Guantanamo sono necessari, per la nostra sicurezza, per la sicurezza del nostro paese, per la sicurezza dei nostri bambini”.
Guarda caso in questi giorni si è anche dato avvio alla campagna elettorale presidenziale negli Stati Uniti. Forse serve che qualcuno convinca la gente che Obama è un grande Presidente e che ha fatto bene a tenere in piedi Guantanamo?
E' forse necessario che l’Italia, ora che non può più fare affidamento sugli accordi con la Libia per ottenere il petrolio, sostenga l’America nei suoi sporchissimi, ignobili giochi di potere?
Forse qualcuno ha pensato di sì. Forse la stampa sta pensando che sia giusto diventare tutti Americani, esultare per i mostri cattivi messi a morte senza processo, giustificare le torture se servono a far parlare e trovare i colpevoli e a fare giustizia (una forma di giustizia tuttavia molto arcaica, vetero-testamentaria, quale esattamente concepisce ed ha sempre concepito un paese come gli Stati Uniti).
E’ giusto che si esulti per Guantanamo quindi, per le torture preventive ed ai fini della confessione, per l’uccisione senza processo di un presunto colpevole (che, non essendo processato, è colpevole a prescindere, secondo questa nuova maniera di pensare), è giusto che si esulti per una riduzione ancora più massiccia della propria privacy, è giusto che si diventi tutti schiavi per lottare contro questo cazzo di spauracchio (creato artificiosamente) del terrorismo.
Lo scriveva già Kafka in un bellissimo racconto dal titolo La talpa, il metodo migliore per rendere tutti schiavi è quello di far vivere la gente nel terrore perenne. Quando la gente ha paura, è disposta a tutto. Anche a permettere che qualcun altro venga torturato ed ucciso, se additato come “nemico”.
Forse, a prima vista, potrà sembrare che tra l'esultanza per la morte di Bin Laden e l'accettazione implicita di quel che avviene a Guantanamo non ci sia un filo diretto. Invece c'è. Il messaggio è chiarissimo: se uccidere Bin Laden è stato un atto "dovuto e necessario" e se ora il mondo può tirare un sospiro di sollievo per l'eliminazione dell'uomo più pericoloso per l'occidente, e se tutto questo è avvenuto grazie alla confessione dei prigionieri di Guantanamo, i quali, certo, affinché parlassero e confessassero saranno anche stati sottoposti a torture fisiche e psicologiche, però in fin dei conti necessarie poiché alla fine sono servite allo scopo prefisso, allora torturare qualche volta può essere legittimo; allora certi metodi non sono più condannabili a prescindere, ma qualche volta può essere utile e giusto applicarli.
Un messaggio come questo che implicitamente - ma poi nemmeno tanto - i media hanno lasciato passare, è, a mio avviso, vergognoso e pericoloso.
Concludo dicendo che io sono contraria alla pena di morte e alla tortura, sempre. SEMPRE.
Non so se davvero Bin Laden sia stato l’effettivo responsabile degli attacchi alle torri gemelle e degli altri attentati, non so se sia stato un terrorista o meno, non so se sia vivo o morto, ucciso qualche giorno fa o dieci anni fa.
E non so se le notizie di questi giorni siano vere o false; e non è di questo che dovremmo preoccuparci, ma dell'uso strumentale per divulgare un preciso messaggio che di queste notizie è stato fatto.
Io allora qui voglio scriverlo, anche se non servirà a niente, voglio ribadirlo che ogni essere vivente ha invece il sacrosanto diritto di vivere, e che nessun altro si deve arrogare il diritto di togliere a lui questo diritto alla vita che è inalienabile. Se si tratta di un assassino, deve, prima di essere definito tale, essere processato e giudicato. Ma non ucciso. Se pericoloso per la società è giusto che venga messo nelle condizioni di non nuocere più, ma egli, come tutti, ha il medesimo diritto di riabilitarsi e di continuare a vivere.
Per me posti come Guantanamo sono il male assoluto. E lo stesso dicasi per qualsiasi altro luogo di tortura, sofferenza e morte, quali anche gli allevamenti intensivi, gli stabulari per la vivisezione, gli allevamenti di qualsiasi tipo ecc.ecc..
E’ triste constatare come non soltanto la strada per l’acquisizione dei diritti degli animali è ancora lunga, ma addirittura si sta tornando indietro a privare degli stessi anche gli esseri umani. Per me, lo ribadisco per l’ennesima volta, siamo tutti uguali, animali ed umani. Ma credevo che per i secondi fossero stati raggiunti una volta per tutte determinati diritti. Almeno nel tanto decantato democratico mondo occidentale.
Mi accorgo che non è così.
Legittimare la tortura, posti come Guantanamo... in nome di una sicurezza che poi, diciamolo, è sempre solo un’illusione (di nulla si può esser certi, tranne che dei propri sentimenti - P. Auster), per me significa un ritorno alla barbarie più pura.
E non ho letto una critica da parte della stampa. Di qualsiasi orientamento.
E la massa dei lettori acritica, assimila, ed assimila, ed assorbe. Ed è così che nascono le dittature. Ed è così che si arriva ad accettare tutto quello che il Potere vuole che noi accettiamo, in nome di una presunta sicurezza contro un presunto "nemico".